Ho 50 anni, ho 60 anni, ho 70 anni: e adesso cosa faccio? È la domanda classica, quella che ci poniamo naturalmente allo scoccare di uno di questi fatidici compleanni. Sono tappe durante le quali è facile che ci scorra avanti agli occhi tutta la nostra vita.
Se abbiamo formato una famiglia, i figli potrebbero essersi resi indipendenti. Abbiamo brindato all’ultima udienza, abbiamo superato la paura del lasciarli volare da soli (si spera). Chi non ha una famiglia propria, magari è stata fagocitata nelle assistenze a familiari in difficoltà (“giàcché sei sola, ti puoi occupare tu di…”), dando per scontata una totale disponibilità.
Il corpo è cambiato e magari non abbiamo avuto il tempo di seguirlo con un cammino di consapevolezza. C’è chi guarda con nostalgia le immagini del passato. C’è chi si confronta con i personaggi televisivi ben levigati. E chi si lascia andare al pensiero che ormai non c’è più niente da fare. Di sicuro abbiamo corso tanto, sempre sotto pressione e con un carico di responsabilità superiore alle nostre forze. Poi, d’un tratto ecco che arriva il compleanno: ho 50, 60, 70 anni: e adesso cosa faccio?
Si potrebbe ad esempio cogliere l’occasione straordinaria di un lavoro su noi stesse, per arrivare a decidere di essere felici. Magari senza dipendere dagli elementi esterni. È il regalo più grande che possiamo farci per il nostro cinquantesimo, ecc. compleanno. E non solo per quello.
È giusto fare dei bilanci, partire da uno sguardo rivolto all’indietro per proiettarci nel domani con fondamenta più solide. Ma propongo un “bilancio costruttivo”, lasciando in disparte solo per un attimo tutte le ferite, le esperienze negative, i dolori. Nel nostro “bilancio costruttivo” dovremmo metterci innanzitutto le cose belle che abbiamo fatto. Sembra semplice, ma non lo è. Scriviamo tutto quello che ci viene in mente, tutto quello per cui possiamo dirci: “Brava, bravo, mi congratulo con me. Sono stato bravo a…”. Poi passiamo all’elenco di quanto ci hanno donato gli altri; le persone che ci hanno fatto del bene, le situazioni della vita che ci hanno dato tanto, le esperienze che ci hanno emozionato.
Ci accorgeremo, a quel punto, di quanto siamo ricchi e forse non lo sapevamo. Abbiamo un vero e proprio tesoro esperienziale, che nessuno potrà mai portarci via. La tendenza è sempre quella di fermarsi sulle ferite (che è giusto non rimuovere, ma necessario elaborare). Qui però dobbiamo davvero sentire, percepire quasi fisicamente questa immensa ricchezza. Sostituiamo la lista delle lamentele e negatività, con questo scrigno pieno di pietre preziose.
A quel punto ci verrà spontaneo proiettarci verso il futuro. Con l’esperienza maturata potremo decidere consapevolmente dove vogliamo andare, chi vogliamo essere, cosa vogliamo condividere. Ogni storia e ogni futuro sarà diverso.
Se guardo alla mia esperienza, ho approfittato del lockdown per fare questo percorso, riprogrammando il futuro, visto in diverse “aree”: il corpo, lo spirito, il lavoro, le relazioni. Ho rimesso a posto le priorità. Ho ri-focalizzato i valori. E poi ho scelto di fare programmi a breve scadenza.
Sono partita dal corpo, perché dopo le gravidanze e diversi problemi di salute, lo avevo considerato solo come ostacolo. Sul web ho incontrato dei personal trainer, IMP Impossible Meets Possible, ed ho deciso di iniziare un programma ben fatto, tanto impegno, e (per dirne una) tredici chili sono volati via.
Il regalo più grande è stato il capire più a fondo il significato di libertà. Era sempre stata una bandiera della mia prima gioventù, ma non ne avevo capito molto. La libertà che non è il fare tutto quello che si vuole, bensì lo scegliere. La libertà nasce dalla consapevolezza profonda, che mi porta a compiere delle scelte senza troppi condizionamenti e senza dipendere dal giudizio degli altri.
Il cinquantesimo anno per me è stato l’anno della libertà. Un caro amico che vive a Gerusalemme mi ha regalato una scritta in ebraico, tratta dalla Bibbia: “Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è un giubileo: esso sarà per voi santo; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi. In quest’anno del giubileo ciascuno tornerà nella sua terra.” (Levitico 25, 11-13)