A Babilonia in autobus

Il disco più venduto di Bob Marley, il gigante del reggae giamaicano, lo splendido compositore di canzoni, è la sua raccolta Legend. Ma i lavori che catturano meglio l’energia, la freschezza, l’eccitazione generate dalla sua comparsa sulla scena musicale sono i due live. Non potendo scegliere, eccezionalmente questa volta le pietre miliari sono due, anzi, tre, visto che uno dei due album è doppio. La prima è Live!, registrato nel 1975 al Lyceum Ballroom di Londra, disco che contiene la versione più nota della più famosa canzone di Marley, la struggente No woman no cry (“no, donna, non piangere”, nell’inglese un po’ maccheronico del rastaman), e inoltre un altro pezzone, I Shot the Sheriff, originariamente nell’album Exodus, poi reinciso nientemento che da Eric Clapton.

Il secondo è Babylon by Bus, quattro facciate di musica “in levare” magistralmente registrata ed eseguita, uscito nel 1978 durante il tour di un Bob Marley diventato con i suoi Wailers una vera star. Babilonia eravamo noi, il mondo occidentale, quello che i rastafari attraversavano con il loro bus-tour, i loro vestiti colorati, i loro dreadlocks, la loro ganjia. La terra promessa rimane sullo sfondo: per il rastafarianesimo non era nemmeno la Giamaica ma l’Etiopia, a cui un giorno i discendenti degli schiavi sarebbero ritornati. Ma sono dettagli, benché affascinanti: il reggae, anche sfrondato dai richiami religiosi, che invece nella musica di Marley dominavano, esplose in fretta e per un certo periodo fu la grande novità. Tutte le rockstar all’epoca incisero pezzi reggae, persino Mick Jagger e Bob Dylan. Molti, nel doppio album, registrato quasi tutto a Parigi, i brani famosi, fra cui Jammin’, Lively Up Yourself, Positive Vibration. Anche la copertina dell’LP era notevole: riproduceva l’immagine di un autobus, con i quattro finestrini ritagliati per mostrare l’interno. Tutto questo è finito con la morte di Marley (dopo, fra l’altro, uno storico concerto allo stadio San Siro di Milano) a causa di un tumore, l’11 maggio 1981. Il reggae è rimasto nell’aria, in molte forme. Ma nessuno ha ereditato il suo trono e il suo messaggio d’amore.

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Pubblicato da Marco Pontoni

Bolzanino di nascita, trentino d’adozione, cittadino del mondo per vocazione. Liceo classico, laurea in Scienze politiche, giornalista dai primi anni 90. Amori dichiarati: letteratura, viaggi, la vita interiore. Ha pubblicato il romanzo "Music Box" e la raccolta di racconti "Vengo via con te", ha vinto il Frontiere Grenzen ed è stato finalista al premio Calvino. Ma il meglio deve ancora venire.