Acqua da salvare

Il torrente Arnò, salvato dagli sfruttamenti (ph. Marco Gualtieri)

L’acqua che scorre nelle Alpi è sempre stata oggetto di forti interessi economici e infrastrutturali. Volete condividere un segreto? Lo è ancora. Oggi comitati e associazioni si battono in tutte le regioni alpine, per preservare la naturalezza di quel che resta dei corsi d’acqua.  

Attualmente le centrali idroelettriche in funzione in Europa sono circa 21.000, 300 sono in costruzione e oltre 8.500 in fase di progettazione. Le Alpi sono al centro di tutto questo sfruttamento idrico e ambientale.

Elisa Cozzarini è una giornalista friulana. Da anni segue queste vicende sull’arco alpino. Ha scritto un libro in merito, dal titolo “Radici liquide” (nuova dimensione editrice, 2018).

Ci spiega: “C’è un movimento dal basso che da alcuni anni sulle Alpi e gli Appennini  chiede il rispetto della Direttiva europea Acque per i torrenti di montagna, interessati da progetti per nuove centrali idroelettriche nei tratti rimasti liberi dalle captazioni dello scorso secolo. L’introduzione di incentivi statali alle rinnovabili, dal 2009, ha fatto spuntare centinaia di centraline al di sotto di 1 MW di potenza, spesso poco produttive, spesso private, che hanno peggiorato la qualità di molti corsi d’acqua d’alta quota, di buona ed elevata qualità”. Sulla reale utilità del sacrificio, spiega Cozzarini ”Lo stesso GSE (Gestore Servizi Energetici) descrive come “trascurabile” l’apporto di questi impianti nel loro insieme. Con il mio libro ho dato voce alla battaglia per la difesa dei torrenti d’alta quota, di grande bellezza, importanti per la biodiversità, che non vale la pena sacrificare per la poca energia prodotta.” Il viaggio della giornalista attraverso valli e azioni di comitati e associazioni aveva toccato anche la nostra regione.

Cosa è cambiato da allora? “A tre anni dall’uscita del libro, a quattro dalla nascita di Free Rivers Italia – Coordinamento nazionale tutela fiumi, ci sono luci e ombre. Il decreto FER 1 del 2019 stabilisce le regole per l’attribuzione di incentivi a impianti di energia rinnovabile. Ha introdotto alcuni paletti per gli impianti idroelettrici, riconoscendo la necessità di far rispettare la Direttiva Acque. Però in molti casi, a livello locale, le regole sono interpretate in modo poco restrittivo e si finisce per riconoscere il diritto a incentivi a impianti che non lo avrebbero. In questi anni sensibilità e consapevolezza della popolazione sono cresciute, ci sono torrenti per cui si è avviato un percorso di valorizzazione, che presume la conservazione del corso d’acqua, per una fruizione lenta, rispettosa. Cito il torrente Arzino, affluente del Tagliamento, per cui quest’anno la Regione Friuli Venezia Giulia ha annunciato la creazione di un sito Natura 2000. Spero che iniziative di tutela come questa diventino sempre più numerose.”

Intanto sono decine le richieste di nuove derivazioni come “mini-idroelettrico” (sotto un MW di potenza) anche in Trentino. Tommaso Bonazza, portavoce del Comitato permanente per la salvaguardia delle acque del Trentino, fondato da ambientalisti e pescatori, riflette “Le conoscenze scientifiche sull’ecologia fluviale sono cresciute ma la politica trentina e gli amministratori locali non hanno ancora una visione di lungo respiro dei corsi d’acqua. Le valutazioni degli uffici tecnici sono fatte a pezzi disgiunti, manca una visione complessiva degli impatti, dei danni e del valore dei corsi d’acqua”.

Ci sono anche altre richieste critiche di uso delle acque alpine, che seguono logiche economiche. Una petizione locale, per esempio, ha di recente raccolto 29mila firme in Trentino contro l’uso delle acque del fiume Noce (prese in val di Pejo), per annaffiare i meleti intensivi della val di Non. Il torrente Noce (interessato anche da ipotesi di derivazioni idroelettriche) è famoso nel mondo: essendo rimasto selvaggio, ospita oggi, oltre alla sua bellezza, usi interessantissimi per la sua valle (ricreativi, sportivi, turistici, con il celeberrimo rafting fluviale) che non lo stravolgono.

“Con il potere dell’acqua, non contro di esso”
Ma qual è la posizione della CIPRA (Federazione delle associazioni ambientaliste dell’arco alpino)?
Kaspar Schuler, il direttore della CIPRA Internazionale (nella foto), afferma che “le condizioni meteorologiche estreme colpiscono in misura crescente le Alpi. Una situazione destinata ad aggravarsi per la crisi climatica. È immaginabile risolvere il problema, e allo stesso tempo soddisfare la crescente fame di energia, costruendo sempre più dighe, regimazioni fluviali o centrali idroelettriche? Dobbiamo lavorare con il potere dell’acqua invece che contro di esso”.
Come contributo alla discussione, CIPRA ha elaborato un ricco documento di posizione sull’utilizzo dell’energia idroelettrica nella regione alpina. 
Parte dalle seguenti cinque istanze:
1. La politica e l’economia sono invitate a pianificare con lungimiranza per risparmiare quanta più energia possibile invece di produrre sempre più chilowattora.
2. Le centrali idroelettriche esistenti devono essere risanate e le centrali superflue eliminate, prima di costruirne di nuove.
3. Le ultime “perle” d’acqua dolce devono essere protette. I fiumi e i tratti di fiume intatti e i torrenti di montagna non devono essere utilizzati per la produzione di energia.
4. Le cosiddette «minicentrali idroelettriche» sono idonee solo a coprire i bisogni locali in luoghi isolati e non vanno inserite nella pianificazione energetica regionale o nazionale.
5. La conoscenza e la cooperazione sull’uso dell’energia idroelettrica devono essere estese oltre i confini nazionali.
La quantità di acqua utilizzata per produrre cibo e altri prodotti è chiamata acqua virtuale. È “virtuale” perché non è visibile ai consumatori finali del prodotto, pur essendo stata utilizzata per la loro produzione lungo tutta la filiera. (Fonte: “Impronta idrica dell’Italia – WWF 2014)
L’impronta idrica totale dei consumi è il volume totale di acqua dolce utilizzato per produrre i beni e servizi consumati dagli abitanti della nazione (Fonte: “Impronta idrica dell’Italia – WWF 2014)

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Pubblicato da Maddalena Di Tolla Deflorian

Nata a Bolzano, vive sull’altopiano della Vigolana (Trento). Ha una formazione in ingegneria, geografia, scienze naturali. È educatrice, interprete ambientale, giornalista. Collabora con la RAI di Trento e varie testate. La sua attività si focalizza in particolare su biodiversità, etica fra specie, ricerca scientifica. Ha seguito con varie associazioni ambientaliste alcune significative vertenze ambientali. E’ stata presidente di Legambiente Trento, delegata della Lipu Trento, oggi è referente di Acl Trento, occupandosi di randagismo e canili. Ha contribuito a fondare e gestire il canile, il gattile, il Centro Recupero Avifauna di Trento. Ha preso parte al salvataggio dei 2600 cani di Green Hill. Ha maturato una profonda esperienza giornalistica e di advocacy nelle vicende legate a gestione del territorio alpino e conservazione della biodiversità. Con il fotografo Daniele Lita ha firmato il libro “Fango”, sul disastro di Campolongo (Tn), per Montura Editing. Ha curato la ricerca giornalistica per la mostra “Chernobyl, vent’anni dopo” (Trento, 2006).