Alida Valli, stella dimenticata

Nel film “Apparizione” del 1943

Nel maggio del 1921, più di cento anni fa, nasceva a Pola, in Istria, Alida Valli, considerata la prima vera diva del cinema italiano. Valli era il nome d’arte che si era data, scegliendone uno a caso in un elenco telefonico quando, appena quindicenne, era ancora agli inizi della carriera. In realtà, all’anagrafe, lei era Alida Laura Maria Altenburger von Marckenstein und Frauenberg. Era figlia di una pianista – Silvia Obrekar della Martina – e del barone Gino, professore di filosofia e critico musicale, nato e vissuto per un periodo a Trento nello splendido palazzo di famiglia: palazzo Firmian-Altenburger, oggi sede dell’UniCredit Banca. Inoltre, la famiglia, imparentata con quelle più importanti della nobiltà trentina, possedeva una proprietà a Martignano, dove aveva fatto erigere la prima chiesetta del sobborgo, dedicata a S. Isidoro. Sulla sua facciata, infatti, si vede ancora oggi lo stemma della casata scolpito nel marmo e, vicino all’edificio, si trova la Via degli Altenburger.

Alida si trasferì con la famiglia da Pola a Como quando era ancora bambina. Lì, frequentò le Scuole Medie e, per un periodo, il Liceo Classico “Volta”. In quegli anni mantenne rapporti abbastanza costanti con la nonna paterna, Elisa Tomasi. Da ragazzina, trascorse assieme a lei parte delle estati a Gleno di Montagna, sopra Egna, in Alto Adige, dove i Tomasi erano proprietari di un antico maso e dove Ettore Tolomei, nativo di Rovereto, comperò un’intera proprietà. Cugino degli Altenburger per parte di madre – Olimpia Tomasi, Tolomei fu un personaggio illustre nel periodo fascista, toponomasta dell’Alto Adige e, dopo l’8 settembre del 1943, fiero oppositore della Germania nazista in Italia. Fu lui ad ospitare Alida nella propria casa di Roma quando lei frequentava la Scuola Sperimentale di cinematografia proprio nella capitale.  

Con Rossano Brazzi nel film “Noi vivi” di Goffredo Alessandrini (1942)

Alida, sia in famiglia come a scuola, ricevette così istruzione e cultura: un’ottima base per poter poi affrontare la carriera cinematografica che sognò fin da piccola e per la quale abbandonò gli studi classici. Caparbia e determinata, non tardò a farsi notare. Dotata di grande fascino e bellezza, con occhi color pervinca, sguardo magnetico, profilo perfetto e corpo seducente, recitò con piglio sbarazzino e a soli quindici anni nel suo primo film “Il feroce Saladino”, diretto da Mario Bonnard, accanto ad Angelo Musco e con la partecipazione di Alberto Sordi. 

Mario Soldati, il regista che si dice sia stato follemente innamorato di lei, la volle così come attrice protagonista nel film, da lui diretto, “Piccolo mondo antico”, tratto dal romanzo di Antonio Fogazzaro. E, guarda caso, un parente di Alida – Luigi Altenburger – si era sposato con la nobile trentina Giuseppa Bortolazzi, cognata di uno zio dello scrittore di cui Alida sicuramente aveva letto il libro. 

Il film che la consacrò come attrice di talento e diva internazionale che fece innamorare migliaia di spettatori fu però, nel 1947, “Senso” di Luchino Visconti, al fianco di attori come Massimo Girotti, Sergio Fantoni e Farley Granger. Un film, questo, che le aprirà le porte di una carriera straordinaria che la vide interprete versatile nei ruoli più svariati. Fu pure richiesta negli Stati Uniti dove il produttore David Selznick la volle come interprete di alcuni suoi film tra cui “Il caso Paradine”, per la regia di Hitchcock, accanto a Gregory Peck nel ruolo del protagonista maschile. L’atmosfera hollywoodiana però non si addiceva al suo carattere riservato, tanto che se ne tornò in Italia, separandosi anche dal primo marito – Oscar de Mejo – pianista, compositore e pittore, dal quale aveva auto due figli e che restò invece in America.

Rientrata a Roma, fu nuovamente richiesta dai registi più famosi come Antonioni, Pasolini, Bertolucci, Pontecorvo, Zurlini e altri. Si sposò in seconde nozze col regista Giancarlo Zagni che curò nel 1952 il suo debutto in teatro e col quale trascorse un periodo in Messico dove, in casa di Luis Buñuel conobbe lo scrittore e futuro premio Nobel per la Letteratura, nel 1982, Gabriel Garcia Marquez, mentre scriveva la sua opera più conosciuta “Cent’anni di Solitudine”.

Nel corso della lunga e splendida carriera, durata dal 1936 al 1993, la Valli partecipò a più di 150 film, fu attrice televisiva e di teatro. Ricevette il Nastro d’Argento nel 1947, il David di Donatello alla carriera nel 1991, il Leone d’Oro sempre alla carriera, al festival di Venezia nel 1997 e altri premi prestigiosi.

Ammirata e idolatrata, oltre ai due mariti, ebbe nella vita privata diversi amori, tra cui il musicista Piero Piccioni, implicato nel famoso scandalo e accusato dell’omicidio di Wilma Montesi, ma che Alida riuscì a scagionare affermando che al momento del delitto lui era con lei sulla Costiera amalfitana.

Nonostante una vita ricca di agi e di celebrità, Alida Valli morì a Roma a 84 anni in solitudine e povertà, tanto che le venne assegnato dallo Stato italiano, nell’ultimo periodo della sua esistenza, l’assegno vitalizio “Riccardo Bacchelli” destinato agli artisti italiani che versano in gravi difficoltà economiche.

Alida Valli fu quindi una diva cinematografica considerata un’artista a tutto tondo, ma che dopo il suo ritiro dalle scene, fu purtroppo ignorata e dimenticata anche in questo 2021, anno in cui ricorre il suo centenario dalla nascita; dimenticata anche in Trentino che fu in parte sua terra d’origine.   

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Pubblicato da Luisa Gretter Adamoli

Nata a Trento, ha trascorso l’infanzia nel sobborgo di Romagnano, trasferendosi poi nel capoluogo trentino; attualmente risiede a Martignano. Si è diplomata presso l’istituto magistrale A. Rosmini e ha conseguito la laurea presso la facoltà di Magistero di Padova in Materie Letterarie. Ha insegnato nella scuola elementare per vent’anni. Appassionata di scrittura, storia e arte, scrive sia in prosa sia in poesia e per questa attività letteraria le sono stati assegnati numerosi premi a livello regionale e nazionale. E’ stata membro di giuria di vari concorsi di poesia e narrativa in italiano e in dialetto. Suoi saggi, poesie e racconti sono stati trasmessi dalle sedi R.A.I. di Trento e Bolzano, da emittenti private e pubblicati in molte antologie e riviste. Alcuni suoi testi sono stati tradotti in lingua tedesca. Fa parte del gruppo “Cenacolo trentino di cultura dialettale” e da anni è nel direttivo dell’associazione “Pro Cultura” di Trento.