Alto Garda romantico in un dipinto del 1834

Ludwig Stöger, Veduta del Monte Brione e del lago di Garda dalla rocca di Arco,
olio su tela applicata su cartoncino, 1834. Trento, collezione privata

Un’inedita veduta ottocentesca dell’Alto Garda ci viene offerta dal dipinto qui pubblicato, che comparve lo scorso anno sul mercato antiquario di Salisburgo con il titolo generico di Paesaggio romantico di montagne e laghi. Il punto di vista è insolito e molto rialzato: ci troviamo sulla sommità della rocca di Arco e il nostro sguardo è rivolto a mezzogiorno. Le acque del lago s’intravedono in lontananza, mentre al centro del campo visivo si erge, in controluce, la mole rocciosa del Brione. È l’ora del tramonto: sulla destra il cielo è indorato dai raggi del sole già scomparso dietro il Monte Rocchetta. Presso i ruderi del castello sosta una famiglia di poveri contadini: l’uomo giace disteso a riposare, mentre la donna è intenta a cullare un infante. Frattanto lungo la mulattiera è comparso un giovane con il suo mulo carico di some. Tutto intorno è silenzio e rigoglio di vegetazione. In primo piano al centro si scorge tra il fogliame una pianta di zucca, mentre sulla destra si notano degli ulivi. Nel fondovalle scorre tortuoso il fiume Sarca fino alla foce, oltre la quale si riconosce il profilo del Monte Baldo. Quasi nulla si vede dei centri abitati e dell’opera dell’uomo: solo qualche casa e una strada tra Nago e Torbole, il porto e una barca a vela sul lato di Riva. 

Il pittore ha volutamente evitato di raffigurare il sottostante abitato di Arco. Ai suoi occhi l’Alto Garda apparve come un luogo primordiale, secondo le predilezioni estetiche dell’età romantica, che ebbero come proprio alfiere il pittore tedesco Caspar David Friedrich e che dominarono a lungo la pittura di paesaggio di area nordica. Le prime fotografie della zona – e tra queste la magnifica veduta dei fratelli Wehrli di Kilchberg, databile al primo decennio del Novecento – documentano effettivamente un grado di antropizzazione della “Busa” molto basso rispetto all’odierna pervasiva urbanizzazione. Possiamo tuttavia ricondurre allo spirito del tempo, più che a un approccio rigorosamente topografico, la scelta di raffigurare uno scenario montuoso di così vasto respiro, dominato da una natura verdeggiante e pressoché incontaminata.

Il dipinto è firmato in basso a destra “Ludwig Stöger 1834”. Poco si conosce di questo pittore, che nel dizionario biografico dell’Impero d’Austria, compilato da Constant von Wurzbach, è menzionato solo indirettamente: “Dai protocolli di ammissione degli allievi dell’i.r. Accademia di Arti figurative di Vienna – scriveva Wurzbach nel 1879 – veniamo a sapere della sua esistenza, perché lì suo figlio Ludwig, nato nel 1828, fu registrato come figlio del pittore di camera dell’arciduca Alberto”. Oggi sappiamo che padre e figlio portavano lo stesso nome: negli indirizzari viennesi pubblicati tra il 1854 e il 1859, infatti, è registrato tra i pittori di professione uno “Stöger Ludwig, Kammer-Maler Sr. Kaiserl. Hoheit des Erzherzogs Albrecht”, residente nel sobborgo di Alte Wieden al numero 470 di Hauptstrasse.

Veduta di Arco e del lago di Garda, fotografia della ditta Wehrli AG di Kilchberg (Zurigo), 1910 circa

La veduta qui pubblicata è dunque opera di Ludwig Stöger senior, artista documentato a Vienna fino al 1869, anno della sua morte, avvenuta nella capitale il 17 marzo. Quest’ultimo dato si ricava dal breve necrologio apparso due giorni dopo sul giornale viennese “Fremden-Blatt”, nel quale si specifica che il pittore era deceduto a 64 anni: era dunque nato tra il 1804 e il 1805. Come documenta il nostro dipinto, nel corso del 1834 egli si era recato in Tirolo, forse diretto in Italia – secondo una prassi assi diffusa tra i pittori della sua generazione – e aveva visitato l’Alto Garda, luogo già da qualche tempo considerato tra i più “pittoreschi” della regione. A tale proposito basterà qui ricordare che proprio al 1834 risale il soggiorno rivano di Corot.

Anche il soggetto dell’opera assume particolare interesse se si considera lo stretto legame instaurato con la città di Arco dal protettore di Stöger, l’arciduca Alberto d’Asburgo-Teschen, che ne fece il suo luogo prediletto di residenza a partire dal 1873 circa. L’attrazione esercitata da questo territorio sull’arciduca potrebbe infatti essere nata proprio dalla conoscenza delle vedute eseguite molti anni prima dal suo Kammermaler.

Ritratto dell’arciduca Alberto d’Asburgo, litografia, 1874
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Pubblicato da Roberto Pancheri

È nato a Cles nel 1972 e vive felicemente a Trento. Si è laureato in Lettere a Padova, dove si è specializzato in storia dell’arte. Dopo il dottorato di ricerca, che ha dedicato al pittore Giovanni Battista Lampi, ha lavorato per alcuni anni da “libero battitore” e curatore indipendente, collaborando con numerose istituzioni museali e riviste scientifiche. Si è cimentato anche con il romanzo storico e con il racconto breve. È infine approdato, per concorso, alla Soprintendenza per i beni culturali di Trento, dove si occupa di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico. La carta stampata e la divulgazione sono forme di comunicazione alle quali non intende rinunciare, mentre è cocciutamente refrattario all’uso dei social media.