
Incontriamo Andrea De Zordo a Palazzo Roccabruna, la splendida sede di rappresentanza della Camera di Commercio, in una mattina in cui Trento è baciata dal sole. Andrea, 49 anni, imprenditore, dall’agosto del 2024 è uno dei più giovani Presidenti della Camera di Commercio di Trento (oltre che dell’Associazione Artigiani del Trentino). Ci racconta con passione il suo percorso professionale, segnato dalla sfida di innovare nel rispetto delle radici. Dal punto di vista famigliare, De Zordo è sposato, e ha una figlia, Carlotta, e un’inseparabile gattina a cui è stato dato il joyciano nome di Molly. È figlio di Dario, fondatore dell’impresa di impianti idraulici di Cles di proprietà della famiglia.
Durante l’intervista emergono riflessioni lucide sulle opportunità e le criticità del tessuto economico locale, tra sostenibilità, passaggio generazionale e valorizzazione del lavoro artigianale. De Zordo sottolinea l’importanza della formazione, del supporto agli imprenditori e di una leadership inclusiva per affrontare le trasformazioni del futuro. E dimostra di avere le idee molto chiare.

Presidente De Zordo, se lei è d’accordo, inizieremmo domandandole qual è la motivazione principale che l’ha spinta a accettare questo ruolo a livello umano?
Un po’ di follia, dato che era un salto nel buio e gli impegni si sono rivelati più gravosi del previsto. Poi l’ambizione: questo ruolo rappresenta il coronamento di un percorso associativo. Essere stato proposto mi ha inorgoglito, consapevole che si tratta di un percorso che richiede impegno e dedizione, ma apprezzando il ruolo centrale e la crescita personale che comporta.
Cosa si è portato dietro della sua esperienza di imprenditore?
La tenacia sicuramente, la voglia di risolvere le questioni e il gusto della sfida che non manca mai.
Se dovesse spiegare a una persona che non sa assolutamente nulla che cosa fa la Camera? In poche parole.
È difficile in poche parole descrivere il ruolo della Camera di Commercio perché ha un’infinità di sfaccettature e di situazioni differenti.
Prima di tutto va detto che è un ente pubblico, autonomo, espressione del mondo delle imprese per il tramite delle associazioni di categoria. Nei suoi organi direttivi siedono imprenditori. Che cosa fa? Per semplificare possiamo dire che la Camera è chiamata a sostenere il mondo delle imprese e a promuovere l’economia locale.
Attraverso quali funzioni assolve ai suoi compiti?
Attraverso due tipologie. Quelle amministrative, che sono volte a garantire il corretto funzionamento del mercato, come ad esempio la tenuta del Registro delle imprese, e quelle di promozione e supporto del sistema imprenditoriale, come ad esempio le iniziative dedicate alla valorizzazione dei prodotti agroalimentari o quelle mirate a incentivare la digitalizzazione e l’innovazione. La Camera ha anche un importante ufficio studi che monitora l’andamento dell’economia locale e fornisce informazioni essenziali per comprendere le dinamiche del mondo economico. Importante anche il confronto con l’imprenditore nel momento in cui apre un’attività. La Camera è un partner che a tutto tondo indica la strada migliore per compiere i vari passi, anche grazie all’attività di formazione imprenditoriale e manageriale affidata alla sua azienda speciale, Accademia d’Impresa.


Ci sbagliamo, o la realtà trentina della CCIATA ha qualcosa di diverso rispetto agli omologhi del resto dello Stivale?
Sì, la Camera di Trento, come quella di Bolzano – a differenza delle Camere del resto d’Italia – è disciplinata da un impianto normativo regionale, che si ispira a quello nazionale, ma non lo replica in toto. Nell’ambito di questa peculiarità normativa la Camera di Trento si rapporta per lo svolgimento di molte funzioni amministrative con la Provincia ed ha con essa da anni un rapporto di partnership strategica.
Un unicum in Italia?
Diciamo che l’impianto normativo regionale fa della Camera di Trento e di quella di Bolzano un unicum nazionale. Tutto questo, come la partnership cui accennavo prima, qualifica il quadro dell’autogoverno locale che si regge sulla nostra Autonomia speciale.
Se dovessimo chiederle quali valori la ispirano nel lavoro come imprenditore e come Presidente?
Come imprenditore mi ispira il senso del dovere non solo nel portare avanti l’azienda fondata da mio padre, ma anche nel creare valore per chi opera dentro e intorno all’impresa. Come Presidente della Camera di Commercio voglio valorizzare le potenzialità di questo strumento straordinario, affiancandolo alle opportunità legate a semplificazione amministrativa, formazione e innovazione.
Lei è arrivato appunto in Camera di Commercio lo scorso agosto, mi pare. Che situazione ha trovato nell’economia trentina e che priorità si è dato? Con lo sguardo di oggi, ha dovuto fare “correzioni” di qualche sorta?
L’economia trentina è un’economia ancora in buona salute. Non nego che al mio arrivo i dati presentassero una situazione migliore rispetto a oggi. Nei mesi successi il contesto nazionale ed internazionale ha inciso negativamente anche sulle dinamiche locali.
Tuttavia, malgrado l’attuale fase di stagnazione l’economia tiene, sostenuta da imprenditori di valore. Tante nostre realtà si distinguono a livello mondiale per la loro eccezionalità. Abbiamo un tessuto che è straordinariamente diffuso sul territorio anche per merito di aziende piccole e piccolissime.
Anche alla luce di ciò, vorremmo introdurla al tema della crescita. Ogni azienda quando apre, immagina o aspira ad averne una. Delle volte magari diventa un’ansia, andando a discapito anche della qualità. Qual è l’atteggiamento della Camera di Commercio rispetto a questa “ansia” che qualche imprenditore denota?
Le scelte le fa l’imprenditore. La Camera ha la facoltà e il dovere di identificare le situazioni, le potenzialità e di sviluppare strumenti a supporto dell’imprenditore. Se poi questi strumenti – penso a bandi di finanziamento, ad incentivi, a progetti di promozione, a corsi di formazione – servono a ridurre un po’ anche l’ansia da prestazione, non possiamo che esserne lieti.

La crescita è importante?
Sì, ma deve essere accompagnata da un percorso. Non tutti i settori economici hanno nel loro DNA la possibilità di crescere in maniera vorticosa, perché è il mercato stesso o il territorio che spesso determinano la dimensione delle aziende. Anche per la morfologia della nostra provincia non possiamo ambire ad avere il tessuto industriale del Veneto o della Lombardia.
Anche perché crediamo che il tema del trasporto sia fondamentale…
Bisogna fare un plauso a quegli imprenditori che riescono a restare sul territorio.
Qualche esempio?
Penso – per citare solo alcune realtà – a La Sportiva, Dalmec, Felicetti, Diatecx che sono aziende che non hanno scelto Trento o Rovereto come loro base di riferimento, ma sono rimaste radicate al loro territorio. Anche in Alta Val di Non abbiamo aziende importanti: mi viene in mente la Fae, mi viene in mente Sartorilegno. Faccio volutamente nomi trasversali a tutti i settori economici proprio per evidenziare come, nonostante l’essere periferici rispetto ai grandi poli industriali, essi riescano ugualmente a portare avanti scelte imprenditoriali importanti.
Questo è il segno dell’attenzione territoriale da parte vostra.
Assolutamente sì, il territorio è fondamentale. E dobbiamo fare anche un ragionamento legato al valore aggiunto che porta in una terra come la nostra il turismo, un turismo che non può andar disgiunto dalla cura per l’ambiente che è l’elemento cardine della nostra attrattività. Occorre far sì che il turista sia invogliato a ritornare.
Qui come interviene la Camera?
Noi abbiamo l’obbligo di accompagnare le varie scelte imprenditoriali perché vengano viste a tutto tondo. Il turista visto come un invasore è un’immagine che non ci si addice. Abbiamo la volontà e il desiderio di vederlo come ospite gradito. Questo è uno degli ingranaggi che fa girare l’economia del Trentino.
È un grande tema. Secondo lei non c’è il rischio che questo territorio voglia fare troppe cose? Primeggiare in troppi campi, a livello industriale, economico, turistico?
Sono convinto che nel DNA di noi trentini ci sia la volontà di fare, e di fare bene. Purtroppo in qualche campo scontiamo la nomea di essere i “primi della classe”. È logico che si venga sempre un po’ presi di mira per testare se “veramente” siamo i primi della classe, ma l’imprenditore deve avere come obiettivo quello della qualità e del miglior risultato possibile. È il segreto del nostro lavoro.
E l’imprenditore trentino, cosa ha nel DNA?
Lo dico da presidente degli artigiani: la volontà di eccellere. Di essere il più bravo del settore, o comunque quello che si distingue per un qualcosa. La mediocrità non fa parte del nostro fare.
C’è la capacità di fare retromarcia quando si vede che non funziona? Voi aiutate in questo esame di realtà le aziende?
Chiariamo una cosa: il ruolo dell’imprenditore rimane in capo all’imprenditore. Noi non abbiamo nessun titolo né nessun ruolo in questo. Mettiamo a disposizione degli strumenti: progetti, incentivi, corsi di formazione nell’ambito dei quali l’imprenditore può assumere maggior consapevolezza del proprio ruolo e riflettere sulle scelte da fare.
Come Camera di Commercio di che tipo di studi disponete?
Abbiamo un ufficio studi che si distingue proprio per la velocità e per la puntualità delle analisi. È uno strumento prezioso che ci permette di scattare periodicamente una fotografia dell’economia, in modo che ci sia la possibilità di trasmettere segnali tempestivi ai decisori politici.
Il suo mandato scadrà nel 2029, quali sono secondo lei i cambiamenti più importanti che ci attendono nei prossimi anni?
L’intelligenza artificiale è un tema che stravolgerà sempre più la nostra vita, privata e imprenditoriale. Sono convinto che anche nel breve assisteremo a delle dinamiche sempre più straordinarie.
Certe previsioni in questo quadro diventano quasi impossibili, ma, ciò nondimeno, cosa vede dal suo osservatorio in campo economico?
In questo momento ci si aspetta un rallentamento o una stagnazione dell’economia, ma il tema veramente scottante è la mancanza di mano d’opera…
Il problema del passaggio generazionale?
Certo, diretto o indiretto che sia, e quello dell’età media degli imprenditori che avanza inesorabilmente. Sono sfide importanti, soprattutto se consideriamo che più del 90% delle attività economiche in Trentino fa riferimento ad aziende con meno di 10 dipendenti. E che il 60% delle stesse ha un solo addetto.
Età media?
Ormai è sui 52, 53 anni e con la prospettiva che da qui al 2042 ci siano circa 15.000 lavoratori in meno. Non è difficile capire quanto impegnativo possa essere il futuro di questi imprenditori sempre più anziani.
Tra i rimedi cosa potrebbe esserci?
Ne abbiamo già accennato: supporto, innovazione, incentivi e aggiungerei anche un’altra funzione importante della Camera – ma che non può essere solo della Camera – la formazione, soprattutto quella all’imprenditorialità.
E magari dialogare ancora di più con le scuole professionali?
Sì, è uno dei percorsi che stiamo facendo come Associazione Artigiani e anche come Camera. La Camera tiene un registro dell’alternanza scuola-lavoro e promuove bandi sulla formazione-lavoro, periodicamente, proprio per incentivare il rapporto fra scuola e imprese.
Cosa vogliamo dire ai ragazzi di oggi?
Dobbiamo stimolarli a fare gli imprenditori piuttosto che gli influencer. A ritornare ai fondamentali, all’idea dell’impresa come strumento che genera valore per sé, ma anche per clienti e territorio.
Va fatto un lavoro di tipo culturale…
Sui ragazzi, sulle famiglie che devono rendersi conto anche di quali siano le attività del futuro, rendersi conto che la manualità è un tema da abbracciare perché altrimenti rischiamo veramente di finire in un mondo senza “fare”.
C’è ancora questo stigma su certe professioni, considerate “lavori di una volta?”
Un artigiano c’era 2.000 anni fa e continua ad esserci ora: vuol dire che è una professione di cui abbiamo ancora bisogno.
Un artigiano, però, digitalizzato.
Certo. Anche come Associazione Artigiani abbiamo puntato proprio sull’intelligenza artificiale, per dimostrare quanto possa essere un partner utile e come non debba essere percepita come un antagonista. Anche perché l’artigiano non si può sostituire.
Una collega antropologa, Sara Hejazi, dice: “non capisco tutta questa paura dell’A.I.. L’uomo nei millenni ha sempre usato degli utensili. Ecco l’utensile del nostro tempo”.
Sono d’accordo. Ricordo perfettamente un artigiano che nei primi anni ‘80 litigava con il fratello, dicendogli: “Ma cosa vuoi comprare un fax che non serve a niente!” L’A.I. è uno strumento nelle nostre mani, non un sostituto.
Le propongo un salto quantico: qual è il confine fra arte e artigianato?
Non c’è. Per me l’arte è solo una forma di artigianato che ha raggiunto un livello di eccellenza, un livello universalmente riconosciuto. Ricordo una volta a Roma, una grande stilista che sosteneva l’importanza dell’artigianalità, per dare quel valore in più alle cose. Non per nulla “arte” e “artigiano” hanno la stessa radice.
L’altro giorno ci ha molto colpiti un titolo sul giornale: “Alziamo gli stipendi”. Ci siamo detti: “Va bene, io lavoratore dico ok, ci sto!” Ce lo siamo attaccati in redazione. Ma, ci dica, è così semplice alzare i salari?
Se fosse semplice l’avrebbero già fatto. Il tema è straordinariamente complesso. Io sostengo da sempre che la gente deve essere pagata bene e il lavoro deve essere fatto bene. Ma le imprese non sono istituti di beneficenza. Devono fare margine per poter investire e competere. Hanno bisogno di solidità finanziaria, per poter resistere sul mercato e far fronte alle avversità, soprattutto quelle piccole che hanno minor poter contrattuale con le banche.
Come fa a staccare dalla pressione di tutti questi suoi incarichi, a mantenere il suo equilibrio personale? Ha degli hobby?
L’hobby è il mio lavoro. Quando lavoro sto bene: mi sento utile a me stesso e agli altri.
Lavorare la fa stare bene, insomma.
Sì, diciamo che mi rendo conto spesso e volentieri che quando magari c’è un allentamento della pressione mi sembra… di stare peggio.
Qual è stato il consiglio più utile che ha ricevuto durante la sua carriera, che cercherà di applicare adesso in questo ruolo?
Che bisogna consolidare, puntando sulla qualità, che non bisogna strafare, che non bisogna fare il passo troppo lungo, come fa un buon montanaro.
E nelle situazioni di emergenza cosa fare?
Quando mi occupavo direttamente di impianti ricordo diverse situazioni di emergenza e ricordo quello che mi dicevo allora: mantieni la calma, non drammatizzare e pensa che ai problemi lavorativi c’è sempre un rimedio.
Come fa un ragazzo che si sta diplomando a capire che lavoro “vuole” fare?
Sono convinto che la scuola sia uno strumento fondamentale. Lo studente non deve avere troppa fretta. E i genitori hanno un ruolo fondamentale. Scegliere e poi, eventualmente, cambiare. Evitando ogni forma di pessimismo.
Ci dice qualcosa sulla sicurezza? I dati ci paiono abbastanza allarmanti.
Qualsiasi tipo di attività, anche al di fuori del mondo del lavoro, nasconde sempre un elemento di pericolosità. Detto questo, molto va ancora fatto, anche a livello tecnologico e di prevenzione. Mi lasci dire una cosa però…
Prego…
Io non credo che l’avvento degli smartphone sia proprio estraneo all’aumento degli infortuni sul lavoro. Parlo principalmente del mio mondo, quello degli artigiani. Negli anni ’60 o ’70 del secolo scorso, un muratore che non beveva vino in pausa, “non era” un muratore. Col tempo l’alcol è stato riconosciuto come un fattore di rischio.
Il telefono è causa di distrazione al volante e di un altissimo numero di incidenti stradali. Siamo proprio sicuri che sul lavoro queste dinamiche non si replichino e che nelle attività mediamente rischiose – come in un cantiere – il telefono non possa essere causa di incidenti?
Per questo come Associazione Artigiani abbiamo da poco dato vita ad una campagna di comunicazione sul tema che mira ad aumentare la consapevolezza degli operatori. Si tratta di un’iniziativa strutturata e pluriennale che prevede attività ed eventi e che ha l’ambizione di incidere profondamente sui comportamenti degli artigiani se non, addirittura, su quelli di tutta la popolazione. Per ridurre drasticamente il numero di infortuni sul lavoro, salvando vite.
Un’ultima cosa sull’imprenditoria femminile. Come siamo messi in Trentino?
Sono un sostenitore della necessità di aiutare, sostenere, valorizzare e premiare le imprenditrici. L’ho dimostrato anche nei fatti, la vicepresidente dell’Associazione Artigiani è Daniela Bertamini, la vicepresidente della Camera di Commercio è Cristina Giovannini. Due imprenditrici che si sono distinte e che hanno dimostrato che – molto spesso – una donna ha qualche marcia in più.
Domande fisse
Il libro che stai leggendo? “Open. La mia storia” di André Agassi
Il numero preferito? Il 3
Il colore preferito? Il blu
Il piatto che ama di più? La pasta al ragù
Il film del cuore?
“Wolf of Wall Street”, di Martin Scorsese
La squadra di calcio che tifa?
Juventus e Trento
L’automobile preferita?
Porsche 911
Il viaggio che non è ancora riuscito a fare? Giappone
Ha animali domestici?
Sì, una gattina, di nome Molly
Cantante, compositore o gruppo preferito? Vasco Rossi
Se non avessie fatto quello che ha fatto, cosa avrebbe voluto fare? Ho sempre pensato che avrei fatto il percorso che sto facendo.
La cosa che le fa più paura?
La malattia
Il difetto che negli altri le fa più paura? L’invidia