Lo aveva annunciato a marzo il commissario straordinario alla pandemia Figliuolo: coloro che assistono persone anziane, cioè badanti o, all’inglese, caregiver, hanno la priorità a ricevere il vaccino. Come i familiari conviventi. Una notizia che era stata salutata con soddisfazione anche dalle associazioni che operano in questo contesto molto delicato e in parte “sommerso”: il Governo riconosceva l’importanza della vaccinazione per le oltre 400mila badanti regolari – di cui 300mila straniere – che assistono persone disabili e non autosufficienti (parliamo qui solo di badanti, con le colf i numeri sono molto più alti). Poi, come altre volte è accaduto in questa pandemia, fra il dire e il fare si sono messi in mezzo diversi ostacoli, e le vaccinazioni sono partite un po’ a macchia di leopardo, per poi conoscere un’accelerazione ad aprile (come è avvenuto per le altre categorie).
Vi chiederete perché il tema mi interessi tanto. Non perché in questo momento il bisogno di un/a caregiver mi tocchi direttamente, né per il ricordo di quanto utile sia stata alcuni anni fa un’assistenza domestica prestata ad un familiare. Più semplicemente, a causa di un libro, “Quando tornerò”, di Marco Balzano (Einaudi), che vi consiglio, perché a volte i romanzi arrivano laddove non arriva un articolo di giornale, per non dire di una fredda statistica. Due anni fa Balzano aveva dato alle stampe un altro romanzo di successo, “Resto qui”. In quelle pagine lo scrittore raccontava – con il suo astile essenziale e lineare – l’epopea di chi aveva deciso di restare, in Alto Adige, nel paese di Curon di Resia, resistendo all’incedere di una modernizzazione devastante per le piccole comunità che la subivano. Questa volta Balzano racconta un’altra epopea “del quotidiano”, ma è l’epopea di chi non resta: quella delle badanti rumene che vengono a lavorare in Italia, lasciando la loro famiglia, e i loro figli, a casa. Persone spesso in possesso di un titolo di studio, che potrebbero appartenere tranquillamente alla classe media (insegnanti, impiegate ecc.). Ma che emigrando cercano di garantire un futuro migliore, almeno sul piano economico, a chi le aspetta in patria. Le conseguenze sul piano affettivo e psicologico, ovviamente, sono di tutt’altro genere, tant’è che in Romania si parla ormai da tempo di “sindrome Italia”, un tipo particolare di burnout che affligge le badanti che hanno risieduto a lungo nel nostro Paese. In Italia – dati dell’Osservatorio nazionale Domina – le badanti sono in costante aumento: +11,5% dal 2012. La componente irregolare nel settore però è molto alta, attorno al 58%. La maggior parte delle badanti regolari sono donne (92,2%). Le straniere sono come abbiamo detto la maggioranza, ma le italiane sono comunque oltre 100mila (parliamo sempre di “regolari”). In un paese che invecchia, anzi, che è già invecchiato, il loro ruolo all’interno del sistema dei servizi è, oggi, fondamentale.
Il prolungarsi della crisi economica e sociale dovuta alla pandemia ha causato forti criticità anche nel settore dei servizi di assistenza familiare, per quanto, nonostante il Covid, le assunzioni abbiano comunque sempre superato i licenziamenti, in tutte le regioni italiane. Un problema si è posto per chi – come la protagonista del romanzo di Balzano – abita con la persona che assiste, per le difficoltà legate al mantenimento delle distanze di sicurezza. Anche spostarsi da e per l’Italia, nell’ultimo anno, ha rappresentato un problema. Ora la situazione è in parte cambiata, grazie ovviamente all’arrivo dei vaccini. Ma anche in questo ambito è più che mai necessaria un’azione coordinata per contrastarne le gravi ricadute economiche e sociali del Covid. Il Governo ha annunciato l’intenzione di svolgere in futuro un’azione più incisiva in favore di colf e badanti, incluse le persone che provengono dall’estero. Anche le regioni si stanno muovendo, con bonus aggiuntivi destinati alla categoria dei lavoratori domestici. Assistere chi assiste mi sembra sia un dovere, oltre che un obbligo morale.