Atlante del paesaggio con sentimento

Pradi de Tognola, Caoria, Vanoi (disegno di Loreno Confortini)

Quando affrontiamo la lettura di un libro che vuole indagare la realtà che ci circonda, la sua storia e la sua cronaca, ci viene in mente quanto scritto da Gaston Bachelard: «Non è la conoscenza del reale che ci porta ad amare con passione il reale. Il valore fondamentale e primario è il sentimento. La natura, si comincia ad amarla senza conoscerla, senza distinguerla bene, realizzando nelle cose un amore che affonda altrove». 

Scorrendo le immagini e le parole di questo “enorme” Atlante etnografico del paesaggio trentino, redatto con paziente e certosina opera da Antonella Mott e arricchito dagli splendidi disegni di Loreno Confortini, non possiamo fare a meno di rimanere avvinti dal fluire, pagina dopo pagina, tavola dopo tavola, della ricchezza e della grande risorsa umana – ma anche economica, turistica, di salvaguardia del territorio, ecc. – del paesaggio trentino. Ad esempio l’architettura della casa-maso che per secoli ha segnato la conformazione del terreno di un paese, testimonia un paesaggio polimorfo, estremamente variegato e differenziato valle per valle: dietro a ogni parete, fatta di pietra e di legno, si possono immaginare forme linguistiche diversificate, quasi delle micro lingue arroccate sui pendii o emergenti da macchie boschive. Le immagini, accompagnate da una scrittura concisa ma significativa ci accompagna per pianure, valli, fiumi e torrenti, alla ri-scoperta di mulini, di fucine, di antiche segherie e masi. È un modo diverso di interpretare il territorio, un ulteriore passo in avanti (o di sghimbescio per non rimanere intrappolati in una concezione lineare e progressiva) dell’etnografia stessa. Come scrive Giovanni Kezich nell’introduzione, l’Atlante è il luogo «nel quale si può attuare meglio che altrove la vocazione naturale della disciplina etnografica – scienza descrittiva piuttosto che normativa – alla dimensione spaziale, e quindi al rappresentarsi dei fenomeni culturali nello spazio».

Il reale del paesaggio ha un senso se insito nella sua rappresentazione e raffigurazione c’è il “sentimento” ma anche il far emergere la fiaba, la leggenda, il mito, il genius loci di quel determinato luogo, elementi fondanti una nuova razionalità. Senza un mito ogni civiltà perde la sua sana e creativa forza di natura: solo un orizzonte delimitato da miti può chiudere in unità tutto un movimento di civiltà. Questo non bisogna dimenticarlo mai. Novalis aveva vaticinato che «là dove non ci sono dèi, regnano i fantasmi».

Quindi a questo Atlante bisogna accostare – e fondere assieme – le molteplici ricerche effettuate dallo stesso Museo degli Usi e Costumi di San Michele sull’uomo selvatico, sulle anguane, sulle fiabe magistralmente raccontate da Giuseppe Sebesta, ecc., per dotare il paesaggio trentino di un senso, di una vitalità che è peculiare di questa terra estremamente diversificata, che va dalle sponde mediterranee del lago di Garda fino alle burrascose cime dolomitiche, transitando per la cultura del terrazzamento della val di Cembra e per la moderna modellazione morfologica della val di Non.

Perprùneri, frazione di Folgaria

Il bosco e l’avanzare dell’antropizzazione vengono qui testimoniati da lucidi esempi iconografici e fotografici, dalle sue coltivazioni scomparse e da quelle in uso, dalle modificazioni tipologiche e dalle contaminazioni. Un filo rosso guida questa ricerca, ovvero i “saperi” che si nascondono dietro alla “costruzione” di questa terra, saperi per la maggior parte dimenticati o in via di estinzione – le fucine, i mulini, la costruzione dei muretti, la pastorizia, l’interpretazione della natura per salvaguardare la vita (valanghe, alluvioni, incendi).

Leggere questo Atlante non vuol dire soltanto volgere lo sguardo al passato per interrogarsi sulle modalità con cui l’uomo ha interpretato l’ambiente, ma acuire la vista sul presente e verso il futuro per prevedere le mutazioni, anticiparle o evitarle quanto esse sono distruttive, affinché il contesto ambientale preservi la diversità, la molteplicità, la ricchezza, la fantasia, la creatività e il rispetto delle originali e non svendibili tradizioni dei suoi abitanti.

Il libro
Questo nuovo Atlante, curato da Antonella Mott del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, si ispira ai grandi atlanti etnografici del passato e vuole facilitare la comprensione dei fenomeni culturali del territorio nella loro specifica dimensione spaziale.
Nelle grandi tavole riccamente illustrate da disegni, schemi e fotografie, vengono trattati uno alla volta tutti gli aspetti salienti del sistema agrosilvopastorale un tempo vigente nel Trentino, e ancora oggi vivo in alcune circostanze, lungo il gradiente altitudinale che dalle campagne di fondovalle conduce ai prati, alle pendici boscate e alle malghe.
Appare così la vita quotidiana dei paesi e degli alpeggi, il lavoro dei mulini, le colture del prato, dell’orto e dei seminativi, nelle loro minute determinazioni locali, nella visione complessiva di un mondo secolare multiforme, ordinato, versatile, sapientemente adattato all’ambiente.
Disegni di Loreno Confortini
Presentazione, coordinamento e supervisione di Giovanni Kezich
Mietitura, Moena, 1928 circa, cartolina illustrata, MUCGT, inv. n. 10820
Cava de le Bóre, Predazzo
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Pubblicato da Fiorenzo Degasperi

Fiorenzo Degasperi vive e lavora a Borgo Sacco, sulle rive del fiume Adige. Fin da piccolo è stato catturato dalla “curiosità” e dal demone della lettura, che l’hanno spinto a viaggiare per valli, villaggi e continenti alla ricerca di luoghi che abbiano per lui un senso: bastano un graffito, un volto, una scultura o un tempio per catapultarlo in paesi dietro casa oppure in deserti, foreste e architetture esotiche. I suoi cammini attraversano l’arte, il paesaggio mitologico e la geografia sacra con un unico obiettivo: raccontare ciò che vede e sente tentando di ricucire lo strappo tra uomo e natura, tra terra e cielo, immergendosi nel folklore, nei miti e nelle leggende. fiorenzo.degasperi4@gmail.com