L’occupazione tedesca ci aveva trovati giovani ma non rassegnati.
“Dobbiamo fare qualcosa”, dissi un giorno a Carlo e Fausto in uno dei nostri consueti incontri in biblioteca. Coetanei di ventun anni ed amici fraterni con la stessa idea di libertà, ci tenevamo in contatto con i partigiani attivi nella nostra zona.
Io, appassionato di Karl Marx, studiavo Lettere, Fausto stava in seminario e Carlo era l’aiuto bibliotecario del paese.
“E cosa vorresti fare?”, chiese Fausto.
“Ho una pistola”, risposi io cercando di apparire più sicuro di quanto non lo fossi, “hanno ragione i partigiani quando ci dicono che non solo con i libri si difende la propria terra.”
“Sei pazzo!”, disse Carlo, “e dove l’hai presa, incosciente che non sei altro?”.
“Me l’ha data mio cugino Luigi, che è salito in montagna con i partigiani. L’hanno presa a un soldato tedesco durante un sabotaggio alla ferrovia.”
“Sei pazzo davvero” disse Fausto “diamo rifugio e sostegno ai partigiani qui in paese, non salendo nei boschi. E poi il mio posto è in chiesa, dove la gente può trovare conforto e consolazione.”
“Sono d’accordo” disse Carlo “e io non posso lasciare la biblioteca. È uno dei pochi posti dove la gente può leggere e dove arrivano le notizie di quello che succede in giro.”
“Come volete” dissi io prima di uscire “domani salgo in montagna, con voi o senza di voi. Ho già avvertito Luigi che mi unisco al suo gruppo.”
Ma gli eventi del giorno successivo cambiarono le cose. I nazifascisti arrivarono in paese nel pomeriggio e perquisirono ogni casa in cerca dei partigiani che avevano sabotato la ferrovia.
Capii che sarebbero venuti a cercare anche noi tre. Misi in uno zaino dei vestiti di ricambio, pane, formaggio, una bottiglia di vino e la pistola.
In strada incontrai Carlo che arrivava di corsa, anche lui con uno zaino.
“Sono entrati in biblioteca” disse “hanno ribaltato gli scaffali e buttato i libri dalle finestre, io sono riuscito a fuggire dalla porta di servizio.”
Ci dirigemmo verso la casa di Fausto e lo trovammo lungo la strada che portava alla chiesa. Il rumore di una raffica di mitra che proveniva dal sagrato mi fece capire che non potevamo attendere ancora.
“Andiamo, siamo in pericolo” gli dissi tirandolo per la giacca “ci cattureranno e ci deporteranno in Germania se ci trovano.”
“Ma il mio posto è in chiesa” mi rispose.
“Il tuo posto è dove puoi aiutare le persone” dissi “se ti fanno prigioniero non sarai utile né a te né a nessun altro.”
Lo convinsi, passammo da casa sua dove prese una sacca e ci dirigemmo verso la montagna. Dopo più di due ore, all’imbrunire, arrivammo ad una baita dove decidemmo di fermarci per la notte.
Io presi dallo zaino il pane, il formaggio e il vino e li divisi con gli altri. Carlo prese il cibo che gli porgevo e poi con voce esitante disse: “scusa, io non ho preso da mangiare con me.”
“E cos’hai in quello zaino che sembra pesare parecchio?” chiesi.
“Ho una giacca e un berretto” rispose lui.
“E poi? Dubito che tu abbia portato delle armi” gli chiesi ridendo. Carlo infilò la mano nello zaino e dopo un attimo di incertezza tirò fuori tre libri che appoggiò sull’erba. Erano L’Iliade di Omero, Guerra e Pace di Tolstoj e i Canti di Giacomo Leopardi.
Mi arrabbiai: “Davvero hai portato dei libri al posto non dico di armi, ma di cibo?!”
Mi girai verso Fausto per cercare la sua approvazione e lui abbassò gli occhi.
“Fausto, non dirmi che anche tu…” Lui prese la sua sacca e dopo averci rovistato ne estrasse una bibbia gigantesca.
Guardai di nuovo Carlo. “Non me la sono sentito di abbandonare completamente la mia biblioteca disse “e poi c’è bisogno di libri e di cultura anche quassù.”
“Ma porca miseria..” iniziai a dire, ma la risata di Fausto coprì i miei improperi.
Anche Carlo si mise a ridere ed io, dopo aver tentato di resistere, mi unii a loro.
“Siete dei disgraziati” dissi per darmi un contegno “va bene, facciamo così allora: io vi riempio la pancia, però tu Carlo mi rendi edotto con la tua biblioteca portatile e poi Fausto ci renderà migliori entrambi con la sua bibbia.”
Così per gran parte della notte parlammo e discutemmo di amore, di odio, della guerra e del bisogno dell’uomo di elevare se stesso anche in un tempo così buio.
Al mattino ripartimmo per salire fino alla malga dove sapevo avremmo trovato i partigiani.
Fu quando iniziammo un nuovo sentiero che sentimmo il rumore di uno sparo. Avvertii un dolore alla schiena e caddi a terra con la faccia in avanti.
Ci furono delle grida in tedesco dietro di me, il suono delle raffiche di un mitra più sopra e il rumore di gente che correva sul sentiero, poi il silenzio.
Quando mi risvegliai vidi Carlo e Fausto piegati su di me.
“Ma che diavolo è successo?” chiesi loro.
“Sei stato colpito da una fucilata mentre salivi il sentiero” raccontò Carlo “c’erano dei nazisti appostati per cogliere di sorpresa chi saliva o scendeva dalla montagna. Per fortuna Luigi e gli altri stavano venendoci incontro ed hanno risposto al fuoco. Ora stanno inseguendo i tedeschi giù per il sentiero.”
“Ma sono ferito?” chiesi toccandomi la schiena. Carlo e Fausto si guardarono e scoppiarono a ridere.
“Ma che caspita avete? Mi hanno sparato e voi ridete?”
“Ti ha salvato la cultura che tenevi vicino al formaggio” disse Fausto cercando di rimanere serio. E Carlo mi mostrò il Primo Libro del Capitale di Karl Marx che avevo nascosto nello zaino e nel quale si era conficcato il proiettile.
Scoppiammo tutti e tre a ridere ed ancora ridevamo quando poco dopo i partigiani tornarono. Luigi si assicurò che stessi bene e poi ci disse sorridendo: “Devo ammettere che avevate ragione, anche un libro può salvare una vita. Dai però uomini di cultura, ora diamoci una mossa che la malga è ancora lontana”.
Menzione speciale
Questo racconto di Paolo Chiesa ha ottenuto la menzione speciale al concorso letterario “Verso la biblioteca” promosso ed organizzato nel 2020 da Ariateatro di Pergine Valsugana.