Cara caròbola

“Chissà come no ero mai stà en Sicilia, professor: ma ‘stistà finalment ghe son nà…”.

“E cos’hai visto di bello?” 

“En mucio de robe: no so da endó scominziar. Forsi dal teatro de Siracusa, sì dal teatro… Ti te parli a voze normale e da l’altra banda del teatro, a pu de zento metri de distanza, i te sente come fusse lì tacadi. Na maraveia…”.

“Mica tanto: quando qualche anno fa, visitando il teatro romano a Siracusa vidi uno con un occhio color carruba mi informai cos’era successo. Mi risposero che era stato per via della cameriera dell’albergo la cui conversazione con l’uomo dall’occhio nero era stata captata a distanza dalla moglie dell’accecato. Mi ricordo che faceva un caldo d’inferno, un caldo del diavolo e non c’era ombra. Finalmente scorsi un albero solitario, un ombrellone dalla chioma compatta e mi riparai sotto. Era un carrubo: non ne avevo mai visto uno in precedenza. È un albero sempreverde che può crescere sino a una decina di metri. I suoi frutti sono grandi baccelli lunghi da dieci a 20 centimetri, che maturano tra agosto e ottobre diventando di colore marrone scuro, presentando una superficie esterna dall’apparenza legnosa. I frutti contengono semi scuri assai duri, detti carati, usati in passato come misura dell’oro. Il carrubo è una pianta diffusa in tutto il Mediterraneo, in Puglia è protetta e coltivata. Ci sono industrie che trasformano le carrube in semilavorati utilizzati nelle industrie dolciarie e alimentari. Le carrube vengono anche distillate e producono un’acquavite che non è male”. 

“Ma le caròbole, sior professor, elo vera che no l’è altro che le carrube?”

“Certo. E erano molto commerciate, specialmente durante le feste natalizie, ma anche tutto l’anno. Avevano i vantaggi della lunga e facile conservazione e della economicità”.

“Che bone le caròbole sior professor!” 

“Non è che fossero particolarmente buone: passate le due guerre mondiali è arrivata l’abbondanza degli agrumi che in precedenza erano rari o sconosciuti, pompelmi, mandarini, mandaranci, clementine…
È arrivata la frutta secca e disidratata: sono arrivati i frutti esotici… I ragazzi d’oggi, i millenial neanche mai hanno assaggiato la caròbola per curiosità…”.

renzofrancescotti@libero.it

Condividi l'articolo su:
Avatar photo

Pubblicato da Renzo Francescotti

Autore trentino dai molti interessi e registri letterari. Ha al suo attivo oltre cinquanta libri di narrativa, saggistica, poesia in dialetto e in italiano. È considerato dalla critica uno dei maggiori poeti dialettali italiani, presente nelle antologie della Garzanti: Poesia dialettale dal Rinascimento a oggi (1991) e Il pensiero dominante (2001), oltre che in antologie straniere. Sue opere sono tradotte in Messico, Stati Uniti e in Romania. Come narratore, ha pubblicato sei romanzi: Il Battaglione Gherlenda (Paravia, Torino 1966 e Stella, Rovereto 2003); La luna annega nel Volga (Temi, Trento 1987); Il biplano (Publiprint, Trento 1991); Ghibli (Curcu & Genovese, Trento 1996); Talambar (LoGisma, Firenze 2000); Lo spazzacamino e il Duce (LoGisma, Firenze 2006). Per Curcu Genovese ha pubblicato Racconti dal Trentino (2011); La luna annega nel Volga (2014), I racconti del Monte Bondone (2016), Un Pierino trentino (2017). Hanno scritto prefazioni e recensioni sui suoi libri: Giorgio Bàrberi Squarotti, Tullio De Mauro, Cesare Vivaldi, Giacinto Spagnoletti, Raffaele De Grada, Paolo Ruffilli, Isabella Bossi Fedrigotti, Franco Loi, Paolo Pagliaro e molti altri.