Caterina, Caterina…

Dopo aver forgiato con la sua creatività la versione indie rock del dialetto noneso nel piccolo gioiellino sonoro “No hablo ladino” Felix Lalù ha deciso di rendere omaggio a Caterina Dominici. Le coordinate sono quelle del brano “Caterina” che sulle note della celebre “Rosalina” di Fabio Concato racconta uno dei personaggi più noti della vita sociale e anche politica della Val di Non ma anche del Trentino intero. Un progetto, quello di Oscar De Bertoldi, in arte Felix Lalù, che si inserisce nel suo modo particolare di intrecciare musica e arte.
Felix Lalù, com’è nato questo particolare omaggio a Caterina Dominici?
Durante il lockdown il cantautore di Trento Giovanni Dallapè e Francesca Endrizzi hanno fatto una cover vocale di “Rosalina” di Concato. Molto bella! A me capita spesso di cantare in nones sopra le canzoni che ascolto, una via di mezzo tra un’ossessione e un esercizio. Mi è venuto subito “Caterina Caterina / a ogni sagra sbauzes fuera / ma can che i sèra, la séra / ne mandes tuti a ciasa” e in poco tempo ho scritto il resto del testo. Da lì ho proposto a Francesca di ricantarla.
Un personaggio che ha segnato la vita sociale e politica della Val di Non ma non solo: hai avuto occasione di conoscerla?
Sì, lei è un highlander della politica, una hooligan del nones. Una di quelli sempre vicini alla gente, sempre presente, non puoi non volerle bene. È l’unico personaggio pubblico noneso che mia moglie milanese riconosce. In Val di Non la Dominici (o “la Caterina”, come la chiamano) è una specie di pop star. L’ho incontrata a qualche sagra, come ogni altro noneso. Sapendo del suo fanatismo per il nones, un paio di volte mi sono presentato come “il secondo più grande cantautore dialettale noneso vivente”.
E lei?
Non mi è mai sembrata particolarmente impressionata, nè penso abbia mai ascoltato “No Hablo Ladino”, il mio disco in nones. Se l’ha fatto, non mi ha detto nulla. L’ho successivamente contattata per una megaintervista che ho fatto a sei fanatici del nones come lei per capire meglio la questione ladina, di cui non sapevo nulla. L’intervista completa è stata poi pubblicata sul mio blog felixlalu.it.
Pensi che la Dominici abbia ascoltato il brano?
Io non gliel’ho segnalato. Preferivo lo scoprisse da sola, piuttosto che imboccarglielo. Immagino che nel frattempo qualcuno gliel’avrà detto, ma non mi ha dato, per ora, alcun feedback. Essendo un omaggio affettuoso alla sua figura, spero solo che abbia gradito.
Parliamo del video di “Caterina”.
Il videoclip ha un montaggio molto artigianale in cui un pupazzo ventriloquo Dominici canta la canzone volando come una dea greca sopra una Val di Non capovolta. Ci ho messo i sottotitoli sia in nones che in italiano, in modo che anche chi non conosce il personaggio possa capire di cosa si tratta. Attraverso l’uso del nones si possono spiegare all’esterno cose che per i nonesi sono scontate, come la presenza di una signora vestita di rosso che presidia il palco ad ogni evento pubblico. In questo modo anche la Val di Non comincia ad avere una narrazione contemporanea che prescinde dalla dimensione delle mele, delle montagne e delle riesumazioni della tradizione.
Come hai vissuto questo pazzo 2020?
Durante il lockdown ho avuto il privilegio di stare in cassa integrazione. Stavo tutto il giorno in famiglia, sempre in pigiama. Ci siamo inventati un sacco di robe da fare in casa: giochi, laboratori, cucina, ecc. Tra le 18 e le 19 tutti avevano la loro ora d’aria. Io la passavo a scrivere e registrare. Ho fatto un po di tutto: Caterina, altre cover in nones, un paio di pezzi rap in nones, un pezzo in italiano per me, uno per Emanuele “Bob” Ghirardini e uno per gli Dmanisi, infine un paio di pezzi strumentali abbastanza psichedelici. Per me è stato un periodo superproduttivo. In tre mesi ho scritto in media un pezzo a settimana: ho una cartella sul desktop chiamata “Frutti del Covid” con 23 giga di mp3!
Ma cosa pensi di una proposta live legata alla dimensione virtuale?
Del live, più che l’esibizione in sé, mi piace la dimensione umana, gli incontri tra le persone. Per questo la dimensione streaming non mi piace molto. Un artista lavora in sala prove per creare uno spettacolo immersivo. Vederlo attraverso uno schermo è un’esperienza limitativa. Ovviamente in questo periodo si fa di necessità virtù (come immagino facciano le coppie separate dai dpcm) ed è giusto usare tutte le tecnologie possibili per mantenerci vicini e attivi. La speranza è che questo periodo di ramadan da spettacoli possa riempire esageratamente gli spettacoli quando tutto sarà passato.

Condividi l'articolo su:
Avatar photo

Pubblicato da Fabio De Santi

Classe 1967, si nutre fin da ragazzo di musica e passione per la scrittura con particolare dedizione alle pagine di Vonnegut, Dagerman e Cèline. Scrive dalla metà degli anni '90 per il quotidiano l'Adige e da tempo quasi immemore collabora con Trentinomese. Frequenta le onde radio dagli anni '80 con diversi programmi fra cui quelli proposti su Radio Rai Regionale dove da spazio alla scena musicale trentina cosi come accade sulle pagine del nostro mensile.