Per noi che per il teatro scriviamo, che vediamo attori e attrici provare e riprovare le parole misteriosamente uscite dalla nostra penna, è un dolore vederli così: chiusi a causa di un virus. Certo, siamo nel mezzo della più grave pandemia degli ultimi cento anni, ma fa male lo stesso. Perché i teatri sono i luoghi della cultura per eccellenza e “cultura” vuol dire sostanzialmente libertà.
Ma fa ancora più male vedere un teatro storico, come quello di Cavalese, ridotto ad un ammasso di rovine.
Trentino Mese ha pensato di dedicare ad esso questo portfolio fotografico per riportare i riflettori su quel palco.
Un palco a cui chi scrive è legato particolarmente. Il 2 febbraio 2002, infatti, andò in scena il monologo “Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis” e non fu una recita qualsiasi. Quella sera, sul palco, il bravo Andrea Castelli non recitò solo un monologo, ma parve officiare una sorta di “funerale civile”, perché in sala c’erano tutti i parenti delle vittime, provenienti dai paese di mezza Europa. Ecco perché dico che i teatri sono luoghi in cui la cultura – che è vita, ma è anche morte – raggiunge la sua massima espressione.
Esattamente 11 anni dopo quella recita, il 3 marzo 2013, il teatro di Cavalese va a fuoco. Ogni tanto succede, purtroppo. Chi non ricorda il teatro Petruzzelli di Bari (1991), o La Fenice di Venezia (1996)? Certo, lì c’entrava il dolo. Qui invece, con ogni probabilità, siamo di fronte ad impianti elettrici, luce e audio a contatto per lungo tempo con materiali non sempre ignifughi, specie se la struttura ha un’età ragguardevole. E non sempre ci sono i fondi per mettere a norma tempestivamente quel che occorre.
Il teatro di Cavalese, costruito nel 1928, ha rappresentato uno dei monumenti storici di maggiore prestigio del paese e dell’intera valle di Fiemme.
Naturalmente, già all’indomani del sinistro, si comincia a pensare di provvedere. Ma che i tempi di questioni come questa siano lunghi è cosa nota. Senza entrare in dettagli troppo tecnici, nel 2014 viene affidata la redazione di un progetto al compianto arch. Sergio Facchin, anche per quantificare il danno e un’ipotesi di costi per la ricostruzione. Le incertezze restano tante, anche perché per due volte si è voluto chiedere il parere della popolazione. La prima volta già nell’ottobre 2013, attraverso il notiziario comunale, la seconda con un vero e proprio referendum, nel 2017, che per pochissimo non raggiunge il quorum (l’87% dei votanti, però, si dice favorevole al progetto conservativo).
Naturalmente un Comune tanto piccolo non può avere da solo le risorse per recuperare il teatro. Così firma un protocollo di intesa con Patrimonio del Trentino che, nel 2017, affida all’arch. Zattara una nuova progettazione. Quest’ultima suscita diverse perplessità, in quanto non prevede di ricostruire il teatro esattamente com’era, ma di modernizzarne – diciamo così – una parte (si veda rendering a destra in basso).
Arriviamo così ad ottobre del 2018. Si cerca una soluzione soddisfacente per rompere questa specie di incantesimo che dura oramai da cinque anni. Nel frattempo, una serie di personalità dello spettacolo e della politica locale scendono in campo per favorire una soluzione celere e condivisa. Il nuovo Sindaco di Cavalese, Sergio Finato, il neoconsigliere provinciale della Lega Nord, Gianluca Cavada, ma anche il critico d’arte e presidente del Mart Vittorio Sgarbi e la grande soprano Katia Ricciarelli si dicono favorevoli ad una ricostruzione del teatro quanto più fedele possibile a quello che andò a fuoco in quella sciagurata notte di marzo.
Nel frattempo la Giunta provinciale ha manifestato particolare attenzione al caso e condivide l’idea di ricostruirlo seguendo il progetto dell’architetto Facchin. Per la prossima primavera – ci dice il consigliere Cavada e ci confermano dal Comune – sono annunciate novità: la conclusione della progettazione esecutiva e raccolta delle varie autorizzazioni entro l’estate 2021; stesura della gara di appalto e l’aggiudicazione entro autunno/inverno 2021; inizio dei lavori nella primavera 2022.
Per amore di verità (e per amore del palcoscenico), noi di Trentino Mese saremo lì a verificarlo. Nel frattempo, unitamente all’auspicio che Cavalese e la Valle di Fiemme tornino ad avere il loro teatro entro la prossima stagione, ci auguriamo che riaprano “tutti” i teatri, e possiamo lasciarci alle spalle questa storiaccia brutta del virus. I teatri sono i luoghi della cultura per eccellenza e “cultura” – lo ripetiamo – vuol dire libertà: per favore, non dimentichiamolo mai.