È stato il più chiacchierato della ripresa scolastica. Saranno state le rotelle, che in certi contesti hanno sostituito le gambe traballanti e bisognose dell’improvvisato supporto in carta di quaderno pieghettata per evitare quel fastidioso dondolio. O sarà stato il fatto che per l’immaginario collettivo il banco rappresenta la scuola. Il dato certo è che si sono spesi fiumi d’inchiostro per parlare di questo componente dell’arredo scolastico, decretandone la sua fine. O meglio, la fine di quella storica complicità con il compagno che in ogni carriera scolastica – breve o lunga, non importa – ha condiviso quel pezzo di tavolo un po’ sgangherato, oggi superato da quello monoposto per il distanziamento sociale. Figura fondamentale nei compiti in classe per copiare (se spostava il braccio!), per trascorrere le ore noiose di lezione giocando a battaglia navale e a tris o per confidargli struggenti pene d’amore, il compagno di banco è tornato a far parlare di sé, portandoci a rispolverare ricordi recenti e passati. Con quelli antipatici e con quelli invadenti si tracciava una riga, andando a delimitare al millimetro lo spazio di ciascuno; con quelli simpatici non si finiva più di ridere, fino a farsi mandare fuori dalla porta con una nota sul registro. Con quelli attenti e silenziosi c’era da spararsi, con quelli organizzati riuscivi perfino a suddividere i compiti e a dimezzare il lavoro scolastico. E chi non avrebbe voluto il Garrone del libro “Cuore” come compagno di banco? Quel gigante buono – una delle più caratteristiche figure uscite dalla penna ottocentesca di De Amicis – che difendeva i più piccoli e sapeva bene l’aritmetica.
Andando a curiosare su web, si scoprono compagni di classe famosi che fanno davvero stupire e sorridere. Sappiamo di accoppiate storiche come Ennio Morricone e Sergio Leone, di Eugenio Scalfari e Italo Calvino, di Carlo Verdone e Christian De Sica. Ma di che avranno parlato su quei pianali di legno e formica? Vogliamo immaginare che proprio su quei banchi siano nate sceneggiature, musiche da film, dissertazioni filosofiche e letterarie, gag e situazioni da sitcom. E poi si viene a sapere che il giovane Berlusconi non faceva copiare, ma si rendeva disponibile a dare spiegazioni. E che il compagno di banco al liceo di Pierpaolo Pasolini ha fatto di tutto per poterlo superare in italiano, ma ha dovuto arrendersi e incassare solo un “otto”, rispetto al “nove” del poeta. Grandi e piccole storie, quelle dietro i banchi di scuola. Ma oggi come funziona? Intanto spezziamo una lancia nei confronti del compagno di banco, che non è morto ma è vivo e vegeto. Nel senso che è vero che i banchi sono singoli e la vicinanza non è così stretta, ma il contatto non si è perso. Quel metro di distanza non ha certo scoraggiato la categoria dello studente, noto per essere fonte inesauribile di risorse, specie alla prima mossa falsa del professore. Per esperienza molto più che diretta, assicuro che sono rimaste pressoché invariate – pur con qualche evidente modifica – le dinamiche da compagno di banco. La chiacchierata durante lo svolgimento di un esercizio si fa eccome, egregiamente coperta dalla mascherina che rende più difficile l’individuazione dei colpevoli. E la copiatura del compito? Basta alzare il foglio o ruotarlo verso destra o sinistra e il gioco è fatto. Ancora in vigore il battibecco con quello dietro o quello a fianco (“Sei troppo avanti”, “Girati!” “Ma cosa vuoi? Spostati tu!”), così come la love story con tanto di mano che vorrebbe sfiorare – e ogni tanto, non vista, ce la fa – l’altra. Proseguono anche le battaglie navali ed i tris, magari disegnati più grandi per essere visibili a distanza. Insomma, nonostante le restrizioni e le limitazioni, lo studente c’è, eccome. Ha ritrovato lo spirito di socialità e ne siamo felici. E forse un giorno arriverà a salutare il compagno di banco con un abbraccio alla De Amicis: “Garrone fu l’ultimo che abbracciai, nella strada, e soffocai un singhiozzo”. Perché il compagno di banco è indimenticabile. E per scriversi in chat c’è sempre tempo. ν