Chi picchia, chi vede, chi non vuole vedere

Comincia così: c’è questa ragazza, una conoscente. L’accompagno a casa, l’aiuto a entrare in casa, a mettersi a letto perché ha avuto una giornata difficile, uno screzio con qualcuno. Non ricordo altro. Ha un passato problematico, difficile. Anni prima un uomo, in quello stesso stabile, l’ha picchiata a sangue e violentata. Me l’hanno raccontato tempo fa. Era sui giornali.

“Dormi”, le dico. “Dimentica tutto. Rimango qui, fino a che non ti addormenti”. È in quel momento che arriva “lui”. È tornato ed è enorme, sovrumano. È tornato per colpire, per riprendersi la sua preda. Chi è? Non lo so. Potrebbe essere chiunque. So solo che è un uomo. Uomo come me. Mi basta sapere questo. Magari al di fuori di questo contesto è solo un insospettabile, una persona colta che quando parla cita i filosofi, fa beneficienza, è sempre molto corretto, ha perfino proposto di mettere una panchina rossa nel suo Comune. È benvoluto, stimato, politicamente corretto, non offende mai nessuno. Ma è la sua stazza il mio problema adesso. Ha una forza immane e io non ho mai picchiato nessuno, nemmeno col pensiero. Mentre sta chiudendo la porta, dico alla ragazza di stare tranquilla. Lo terrò occupato, tu intanto telefona, chiedi aiuto a qualcuno. Mi accorgo che non mi sta nemmeno a sentire. Sul suo volto uno sguardo orribile. Lo sguardo di tutte le donne abusate, ingannate, abbandonate, annichilite, dall’alba dell’umanità. 

Mi afferra. Chiudo gli occhi in attesa di sentire il dolore, ma sento solo che sto volando, lanciato fuori, lungo il corridoio. E se volo è perché nei sogni è possibile farlo. Quando atterro, il primo istinto è di tornare indietro, fargliela vedere a quello, magari aiutandomi con una pietra o una barra di ferro. Ma è un pensiero stupido: non avrei nessuna chance. L’unica cosa che posso fare è chiedere aiuto. “Presto, venite tutti qui!” Ma “tutti” chi? Dove sono, esattamente? Mi guardo attorno: ci sono persone, negozi, convegni, concerti. Un centro commerciale? La società civile e un po’ perbenista che troppo spesso chiude gli occhi di fronte a certi soprusi? O il mondo intero? Sì, è il mondo intero.

Sono in un bar, innanzitutto. Spiego la situazione, cercando di stare calmo. “Aiutatemi”, supplico i tre dietro al bancone, ma sono solo delle sagome di legno. “È per via del Covid”, c’è scritto su un cartello. Allora mi precipito nel locale di fronte, un’agenzia viaggi. Mi faccio largo tra frotte di aspiranti turisti. Nessuno capisce la mia lingua, né io la loro. Mi riaffaccio sul corridoio e guardo verso la porta di lei. È a vetri ed è chiusa. Dietro c’è lei, vestita da cappuccetto rosso, le lacrime le rigano il volto: si vedono perfino da qui. Lui la sta facendo ballare. Le corro incontro, ma lei mi fa segno di no. “No, è inutile, cerca aiuto piuttosto”. Sì, chiedo aiuto. Ma a chi?!

Un call center, centinaia di telefoni e un addetto per ogni apparecchio, una sala immensa. Urlo: “Chiamate la polizia! Una donna sta per essere picchiata. Dite loro di venire in tanti. Quello è alto due metri, è forte, è un gigante infame grande come il male stesso. Tutto il male che c’è”.

Ma nessuno mi ascolta. Nemmeno un telefono libero. Continuano a parlare, a proporre offerte vantaggiose e imperdibili a chi sta dall’altra parte. Offrono cellulari, elettrodomestici e nessuno ha un istante per soddisfare la mia richiesta. Aspetta, aspetta un momento. Il cellulare! Il mio, come ho fatto a non pensarci, ce l’ho qui… Dovrebbe essere… No, non ce l’ho. Mi lascio andare alla disperazione. È il rimorso a maltrattarmi. Avrei dovuto combattere, denunciare, farmi ammazzare piuttosto. Tutti dovremmo farci ammazzare prima di permettere che succeda ancora, anche una sola nuova volta. Urlo, allora. Un urlo senza fine, fatto di impotenza e disperazione. E un pizzico di ipocrisia.

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Pubblicato da Pino Loperfido

Autore di narrativa e di teatro. Già ideatore e Direttore Artistico del "Trentino Book Festival". I suoi ultimi libri sono: "La manutenzione dell’universo. Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri” (Athesia, 2020) e "Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis" (Edizioni del Faro, 2022). Nel 2022 ha vinto il premio giornalistico "Contro l'odio in rete", indetto da Corecom e Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige. Dirige la collana "Solenoide" per conto delle Edizioni del Faro.