Cinema di qualità per sbaglio?

“Apollo 10 e mezzo” di Richard Linklater

È notizia delle ultime settimane che Netflix, la piattaforma streaming più celebre, presente in quasi tutte le case, nonché grande Spettro del nostro secolo, incolpato di ogni difficoltà (o quasi) in cui negli ultimi anni il cinema abbia versato, sia a un’inversione di rotta. 700mila iscritti in meno, dopo il ritiro del servizio in Russia, contestualmente al conflitto russo-ucraino, ma soprattutto – ed è questo il reale campanello d’allarme – un numero quasi pari di abbonamenti recessi tra Stati Uniti e Canada e il forte calo del titolo in Borsa. Ma vuol dire che, diminuite le restrizioni dovute alla pandemia, abbiamo ripreso a tornare nei cinema? Purtroppo no. Vuol dire però forse che stiamo imparando ad essere meno onnivori, a scegliere meglio – anche nello streaming così come facevamo al cinema – cosa merita davvero di essere visto. Per anni Netflix è riuscita ad imporre le visioni, spesso con qualità discutibile, creando fenomeni di massa del tutto ingiustificati. Oggi, con un costo di abbonamento più alto rispetto ai competitor e l’aumento della concorrenza, le cose si stanno complicando: Amazon Prime, Mubi, Mediaset Infinity, Rai Play, Disney+, la scelta, a costo più contenuto, si moltiplica. Che a qualcuno, da qualche parte, venga in mente che una buona soluzione potrebbe essere la qualità? Si badi bene, non la qualità intesa come cinema d’essai – per quello c’è Mubi e pure i grandi appassionati stentano a vivere solo di Bergman – ma intesa come un’offerta valida, variegata, che punti più sulle novità. Anche Netflix, inaspettatamente, a volte lo ha fatto e lo fa, ma in sordina. Ne è la prova la recente uscita, “Apollo 10 e mezzo” di Richard Linklater. Nemmeno la critica sapeva del lancio e se desideraste vederlo, quasi sicuramente non vi apparirebbe nella home della piattaforma. Eppure, Linklater è sempre il regista di Prima dell’alba e Prima del tramonto, di School of Rock, di Fast Food Nation e di Boyhood. E non smentisce il suo talento nel creare, anche in animazione (preziose le trasposizioni dei filmati d’archivio in super8 in disegni), una splendida commedia. Un film che i ragazzi dovrebbero vedere per conoscere meglio la fine degli anni ‘60, Kennedy, Martin Luther King, le missioni spaziali, la guerra in Vietnam, la cultura musicale e televisiva del tempo, e che agli adulti sa strappare un sorriso per quella sua vena nostalgica. Stan – alter ego del regista – attende con ansia il lancio dell’Apollo 11, mediando la realtà con la sua fantasia, e dando vita a quella che è la quintessenza del cinema: realtà e finzione sono la stessa cosa, possono esserlo, ha perfettamente senso che lo siano.

I cinquanta “errori” di Kubrick

C’è una scena, nel flusso di fantasia di Stan in Apollo 10 e mezzo, in cui lo ritroviamo nello spazio: indossa una tuta arancione, stivali scuri; attorno a lui, la navicella bianca con degli schermi neri. Non occorre nemmeno vederla, per riconoscerla. È una trasposizione quasi perfetta, impressa nella mente di chiunque mastichi un po’ di cinema. È “2001: Odissea nello spazio”.

Film del 1968, diretto dal maestro Stanley Kubrick, rappresenta una pietra miliare del cinema di fantascienza. Oltre il concetto di “bello” o “brutto”, è ormai un lungometraggio imprescindibile del genere, così parte dell’immaginario, da creare un immediato riferimento allo spazio (sebbene non reale). Ma sapevate che, nonostante l’attento lavoro di montaggio, contiene oltre 50 errori? Cercarli potrebbe essere una scusa per rivederlo.   

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Pubblicato da Katia Dell'Eva

Laureata in Arti dello spettacolo prima, e in Giornalismo poi, nel quotidiano si destreggia tra cronaca e comunicazione, sognando d’indossare un Fedora col cartellino “Press” come nelle vecchie pellicole. Ogni volta in cui è possibile, fugge a fantasticare, piangere e ridere nel buio di una sala cinematografica. Spassionati amori: Marcello Mastroianni, la new wave romena e i blockbuster anni ‘80.