Col pericolo letale dietro l’angolo

La tragedia avvenuta sulla Marmolada, per quanto singolarmente imprevedibile, ha certo evidenziato una situazione anomala del ghiacciaio determinata dall’aumento della temperatura;  pochi gradi, ma sufficienti a rendere instabile l’ambiente. Si manterrà il ricordo della sciagura, ma si scorderanno presto le cause.

E allora, paradossalmente, dobbiamo “sperare” che questi mesi estivi siano caldi come non abbiamo visto mai, che la temperatura salga tanto anche in Europa, e in Italia, e anche da noi. Tanto da arrivare a darci il mal di testa, quello feroce, duro, che soffoca e fa male e fa paura.

Speriamo ci spaventi per davvero, e che impariamo a non compiacerci più di questi autunni divenuti tiepidi, di inverni miti e primavere calde e non piovose che ci consentono i primi bagni al mare ancora a marzo; o di quelle nevicate morbide e suadenti che ci inteneriscono l’animo e coprono il mondo di bontà, per poi svanire insieme a quella in poco tempo riconsegnandoci il nostro comodo mondo di cemento.

Speriamo sia così, per non cadere tutti nell’inganno della rana che, finita dentro una pentola d’acqua messa a bollire, si beava di quel nuovo bel tepore e si adattava un po’ per volta alle nuove condizioni, anomale ma non subito spiacevoli, godendo e poi soffrendo appena un po’ … fino a perdere le forze e a morir lessata senza neanche accorgersene.  Quando invece, se l’avessero buttata all’improvviso dentro l’acqua bollente, ne sarebbe balzata via d’istinto senza starci a pensare neanche un attimo.

Ecco perché abbiamo bisogno, tutti noi, di una scottata. Non perché i cambiamenti climatici significheranno necessariamente un caldo infernale. È solo uno dei possibili sviluppi: potrebbero portare anche un freddo polare, se lo scioglimento dei ghiacci facesse cambiare rotta alle correnti oceaniche, compresa quella del Golfo che riscalda il Nord Europa.

Porteranno certo, e già lo fanno, un ingigantimento dei fenomeni atmosferici a livello planetario: venti stranamente intensi, grandine come palle da tennis, inondazioni che sommergono le case,  fiumi in secca e  siccità mentre ghiacciai e nevai scompaiono. Ma non ce ne accorgiamo ancora. Non siamo veramente convinti che peggiorerà. Pensiamo che saranno tutte cose sopportabili.

In fin di dei conti abbiamo retto alla pandemia, ne siamo usciti. Dovevamo morire tutti o quasi, e invece no; siamo un po’ provati, però sembra finita.

E anche la guerra nucleare, che il nostro mondo sembrava così coraggiosamente pronto ad affrontare, pare non scoppierà; si può evitare.

Al lupo! Al lupo! Hanno gridato tutti i media, i mezzi di informazione di massa, TV, giornali, social; per due volte. Ma per due volte il lupo che è arrivato ci ha spaventati ma non ci ha mangiato. 

E se non ci hanno divorato i lupi della pandemia o quelli della guerra, non sarà certo il lupo delle nuvole e del sole a far strage di noi! Oppure invece è quello il lupo vero? Quello feroce, ferocissimo, senza pietà per niente e per nessuno?

Così sembrava qualcuno tempo fa. Ora non lo sappiamo più, perché hanno smesso tutti di parlarne.

Ecco perché augurarci un’estate bollente, insopportabile, maligna, che ci avverta del pericolo letale che sembra lontanissimo ma è dietro l’angolo, quando gli effetti dei mutamenti climatici in atto si riveleranno.

Serve qualcosa che sia davvero insopportabile per saltare fuori dalla vasca. Perché qui, quelli che sanno tutto e dirigono il mondo sembrano avere in mente solo bilanci e plusvalenze. Misurano tutto in dollari e compagni. Hanno nella testa la convinzione radicata che il denaro sia la soluzione di ogni problema, e che per usarlo nel modo migliore debba esser concentrato quasi tutto nelle mani pochi. Perché loro sanno come fare.

Però, siccome già sappiamo come fanno loro, dopo che l’estate ci avrà fatto patire un luglio infuocato, forse accoglieremo con una strana euforia un autunno caldo; ma non di temperatura: di rivolte.

Condividi l'articolo su:
Avatar photo

Pubblicato da Stefano Pantezzi

È nato a Rovereto nel 1956 e cresciuto a Trento, vive a Pergine Valsugana. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna, è avvocato da una vita. Ha pubblicato la raccolta di poesie “Come una nave d’acqua” (2018) e alcuni racconti in antologie locali. “Siamo inciampati nel vento” (Edizioni del Faro) è il suo primo romanzo.