Contro l’eccesso turistico, basta kebab e sexy-shop

Basta kebabberie, friggitorie e sexy-shop nelle Cinque Terre per frenare l’invasione di turisti e promuovere le produzioni locali. Si potranno assaporare solo vivande nostrane, fritte in italianissimo olio e senza poter passare nemmeno per sbaglio davanti ad una vetrina che cela attrezzi peccaminosi dalla foggia bislacca. E sembra già di sentire echeggiare il proclama stentoreo di Guido Notari, “voce” dell’Istituto Luce: «TVRISTA! Ammira le italiche bellezze, sollàzzati degli italici aromi, mentre l’occhio virginale è protetto dalla vista di sconcezze immonde!». È la via del secolo ventunesimo all’autarchia turistica e alla moralità voluta dal sindaco di Riomaggiore, Fabrizia Pecunia (del Partito Democratico, dunque al riparo da fascinazioni arcitaliane) e approvata dalla giunta regionale ligure (centrodestra). Siamo pure in par condicio, perfetto. L’obiettivo è quello di scoraggiare il turismo mordi-e-fuggi, che ogni anno satura completamente le Cinque Terre, trasformandosi da un’opportunità di ricchezza a un incubo gestionale ed ambientale. Tema doverosissimo da affrontare: le amministrazioni hanno iniziato a lavorare a diverse soluzioni, si pensi al numero chiuso introdotto a Venezia e che potrebbe arrivare anche in Alto Adige. Di numero chiuso si inizia a parlare anche nella nostra Val di Fassa. Misura oltremodo sensata. Prenotando per tempo, chiunque ha il diritto di visitare la sua destinazione, ma se ci sono ragioni di ordine ambientale e di sicurezza pubblica per dire di no, si aspetta un’altra occasione. Ma la misura introdotta alle Cinque Terre, sembra insolita, per non dire bizzarra. La promozione delle produzioni tipiche locali ha una sua solida “ratio”, certamente. Ma è più difficile raccapezzarsi di fronte al divieto di kebab: a essere maligni, verrebbe da pensare che si voglia tenere lontano il turismo “straccione” di chi non ha la possibilità di spendere decine di euro per un panino gourmet con ingredienti a chilometro zero confezionato solo da maestranze liguri purosangue. Qui più che dell’ecologismo, sembrerebbe esserci del classismo. Buio totale di fronte al divieto di sexy-shop: se una coppia o un singolo vanno alle Cinque Terre e il loro desiderio è quello di recarsi in un negozio a luci rosse per comprare un attrezzo “ginnico” a forma di Liguria, magari cesellato con cura da artigiani locali, è loro sacrosanto diritto procurarsi quel souvenir indimenticabile. Che ne è del motto: «Il cliente ha sempre ragione»?

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Pubblicato da Fabio Peterlongo

Nato nel 1987, dal 2012 è giornalista pubblicista. Nel 2013 si laurea in Filosofia all'Università di Trento con una tesi sull'ecologismo sociale americano. Oltre alla scrittura giornalistica, la sua grande passione è la scrittura narrativa. È conduttore radiofonico e dal 2014 fa parte della squadra di Radio Dolomiti. Cronista per il quotidiano Trentino dal 2016, collabora con Trentinomese dal 2017 Nutre particolare interesse verso il giornalismo politico e i temi della sostenibilità ambientale. Appassionato lettore di saggi storici sul Risorgimento e delle opere di Italo Calvino.