Costruttori di cattedrali

L’architetto Antoni Gaudí dedicò alla Sagrada Familia di Barcellona tutti gli ultimi 15 anni della sua vita. Secondo gli auspici del comitato promotore l’opera sarebbe stata completata, nella migliore delle ipotesi, per il 2026, a 144 anni dalla posa della prima pietra e a 100 anni dalla morte di Gaudí. C’è un impeto misterioso in chi lavora a un’opera di cui è certo non vedrà mai il compimento. Accadeva ai costruttori di cattedrali. Sapevano bene, cioè, che il progetto sarebbe durato secoli, era cioè talmente complesso da trascendere la durata media di una vita umana. Stavano donando tutto il loro ingegno ad una creazione che non avrebbero mai potuto ammirare in vita. Un atteggiamento che oggi, animati da ego spropositati e gonfi di ambizioni strettamente personali, certamente troviamo incomprensibile.

Eppure era l’unico modo per poter aggirare la caducità umana. Per poter sorprendere la morte, dimostrandole come gli esseri viventi fossero capaci, alleandosi, di “ignorarla”, di dare gloria alla potenza del Bene, di trasformarla in un evento completamente ininfluente, inutile.

Forse Gaudì non l’aveva mai vista in questi termini, ma la sua intrapresa faceva parte di un progetto ancora più grande. Il più grande della Storia. Un’immensa catena che da millenni vede collaborare milioni di persone, all’inseguimento della Verità. Il senso di un Tutto. 

Anche gli artisti e i pensatori ne fanno parte. Si dirà: nelle loro opere (romanzi, dipinti, sinfonie, concetti filosofici e religiosi, rivelazioni mistiche, scoperte della fisica) mettono essenzialmente se stessi, il proprio talento che deriva da un vissuto, dalle esperienze, gli studi, ecc.. È anche vero, però, che quel sé ha preso forma grazie alle opere di altri venuti prima. Nulla si crea senza un’ispirazione o un modello. Lo storico Keith Christiansen ha dimostrato come Caravaggio prese suggerimenti per le sue composizioni da Raffaello e Michelangelo. In una lettera al professore di fisica viennese Moritz Schlick, Albert Einstein ammise che ad ispirare la teoria della relatività fu il “Trattato della Natura Umana” di Davide Hume, del 1738. Ma senza guardare ai massimi esempi di ingegno, chiunque, nel suo piccolo, si ispira e prende esempio da un nonno, uno zio, un conoscente, un personaggio della storia. 

La verità è che pur atteggiandoci a esseri moderni affrancati dal retaggio di un’antichità non abbiamo mai smesso di costruire sontuose cattedrali. La spinta a realizzare qualcosa più grande di noi è sempre viva. È il motore che che ci spinge verso il futuro. L’umanità ha trovato il modo di lavorare assieme ad un progetto colossale che dura fin dall’alba della civiltà e da prima ancora, quando le tappe dell’evoluzione lo avevano visto scimmia, rettile, pesce, organismo unicellulare.

Di che progetto si tratta?! Quale forza occulta lo ha generato e perché? E qual è il ruolo dell’arte in questo fantastico congegno?

L’artista è sempre convinto di realizzare in perfetta autonomia l’opera; è altresì convinto che questa sia pressocché inedita, ma non è mai così. Sta prendendo parte al più grande gioco di squadra della storia universale, una gara di cooperazione senza alcun precedente, iniziata nientemeno che il giorno in cui la prima incontrovertibile evidenza della vita si verificò in alcuni isotopi stabili e in biomarcatori molecolari, mostrando un’attività di fotosintesi. Da allora nulla è andato perduto. Ogni singola parola scritta, ogni pennellata, ogni assioma.

Per Alcide Degasperi – che oltre che statista fu anche un fine pensatore – la tragedia della vita stava nel fatto che ciò che l’uomo apprendeva, la sua formazione spirituale e professionale, si perdeva al momento della sua scomparsa. A chi veniva dopo sarebbe toccato ripartire da zero. Il progresso umano era una macchina che lavorava con troppa perdita. Si sbagliava clamorosamente! Perché ancora oggi anime vaganti e invisibili, attraverso segni lasciati nel mondo, sussurrano segrete istruzioni e ogni uomo e ogni donna sono la tappa di un viaggio spropositato che porterà un giorno a concludere il lavoro, a terminare la costruzione della cattedrale della Verità. Pertanto chi spende la propria vita per l’arte o per lo studio dovrebbe averne contezza ogni giorno. Non per il pubblico, non per la critica, non per l’ambizione, non per il successo, non al denaro non all’amore né al cielo, ma per il progetto del consorzio dei viventi iniziato milioni di anni fa, davanti al quale perfino la morte perde ogni importanza, divenendo solo un piccolo impiccio burocratico risolvibile con un’alzata di spalle, o poco più.

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Pubblicato da Pino Loperfido

Autore di narrativa e di teatro. Già ideatore e Direttore Artistico del "Trentino Book Festival". I suoi ultimi libri sono: "La manutenzione dell’universo. Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri” (Athesia, 2020) e "Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis" (Edizioni del Faro, 2022). Nel 2022 ha vinto il premio giornalistico "Contro l'odio in rete", indetto da Corecom e Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige. Dirige la collana "Solenoide" per conto delle Edizioni del Faro.