Dalla fabbrica a Celentano

Al Bano si è tuffato nel 2022 nuovamente pieno di carica ed entusiasmo nelle sue tante attività. 

 Su cosa stai lavorando a Cellino San Marco?

Sto costruendo la nuova cantina, grazie alla quale potrò produrre 5 milioni di bottiglie all’anno, una vera chicca straproduttiva e conto di terminare i lavori in primavera. Grazie a Dio l’attività vinicola sta andando molto bene, su tutti i tipi di prodotto come il Chardonnay, il Sauvignon, l’Aleatico, il Negramaro. 

È il periodo del Festival di Sanremo. Cosa rappresenta per te?

Sanremo è il Natale della musica, un appuntamento piacevolissimo. Non dimentichiamo mai che la storia di Sanremo impone totale rispetto semplicemente perché i più grandi successi della musica leggera italiana sono nati al Festival e la conferma è l’ultima esperienza dei Maneskin che stanno rappresentando nel mondo l’italian rock, che non è male e se lo meritano. Mi impressiona vedere quanto i giovani amino il Festival, non me lo sarei mai aspettato. 

Hai partecipato 15 volte. Due ricordi particolari?

La mia prima esperienza nel 1968 con “La siepe” quando da un giorno all’altro mi ritrovai al fianco Louis Armstrong, Wilson Pickett, Bob Gentry, personaggi incredibili che erano in gara e nel 1971 quando cantai un pezzo magico quasi etnico “13, storia d’oggi”. Ricordo però con amarezza quando negli anni Settanta c’era una volontà quasi politica di cancellare il Festival. Da italiano e da artista non lo accettavo, mi sembrava un insulto ad un prodotto che aveva avuto un successo mondiale e che è stato il più copiato al mondo. Lo stesso Eurofestival nasce da lì, così come il Festival di Vina del Mar in Cile, il più importante dell’area sudamericana. Hanno persino eliminato le telecamere, ma ti rendi conto. Io capisco che quegli anni sono stati i peggiori per l’economia italiana, le stragi, e forse anche Sanremo era una voce che doveva essere cancellata. Ma quando una cosa è forte non si cancella.

Sei ambasciatore della canzone italiana. Cosa piace di te all’estero?

Il modo di essere e di cantare l’italianità. Tra le canzoni la più amata è sicuramente “Felicità”. Ho capito subito quando l’ho incisa che sarebbe stato un successo evergreen, la canzone giusta al momento giusto. Ogni popolo ha la sua cultura e reagisce in base a quella. Io devo dire grazie ancora una volta a Sanremo per tutto il successo in Europa, in centro e sud America. 

Tra i tanti momenti importanti del tuo percorso, quali sono quelli speciali?

Aver firmato il mio primo contratto con il Clan Celentano. In quel periodo facevo l’operaio sulla catena di montaggio all’Innocenti e arrivò anche la Cassa integrazione. Feci un provino, mi accettarono e cominciai a fare i primi concerti con Adriano e quindi immaginati che gioia, operaio di giorno e nel pomeriggio insieme a un mito. Un momento speciale anche quando mi hanno chiamato i Rolling Stones in occasione del tour in Italia nel 1967 nel quale io cantavo nella prima parte del concerto.

Di questo periodo cosa vuoi dire?

L’essere umano ha sempre vinto contro tutto e vincerà anche questa terza guerra mondiale, garantito che è così.

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Pubblicato da Giuseppe Facchini

Giornalista, fotografo dello spettacolo, della cultura e dello sport, conduttore radiofonico. Esperto musicale, ha ideato e condotto programmi radiofonici specialistici e di approfondimento sulla storia della canzone italiana e delle manifestazioni musicali grazie anche a una profonda conoscenza del settore che ha sempre seguito con passione. Ha realizzato biografie radiofoniche sui grandi cantautori italiani e sulle maggiori interpreti femminili. Collezionista di vinili e di tutto quanto è musica. Inviato al Festival di Sanremo dal 1998 e in competizioni musicali e in eventi del mondo dello spettacolo.