Di guerra, di tante guerre

Visto da dietro, l’uomo è un uomo qualunque, non è alto, ma nemmeno basso, ha i capelli curati né lunghi né corti, solo un paio più grigi tra gli altri neri, sono indici di un’età non più giovanissima, ma certo non è un uomo anziano. 

Un uomo come milioni di altri uomini o miliardi di altri uomini, un uomo che tiene gli occhi fissi sullo schermo del computer. Un uomo che sta lavorando si direbbe, forse sta curando il bilancio di una grande società per azioni, o magari sta scrivendo un romanzo; oppure no, non sta lavorando, sta solo scrivendo una mail a un amico lontano, dall’altra parte del pianeta, o chissà che altro ancora.

Sì, se lo si guarda senza soffermarsi troppo non c’è nulla che dica che quell’uomo non sia un uomo (o una donna) come altri miliardi di suoi simili, ma se qualcuno si soffermasse solo un momento si accorgerebbe sicuramente di qualcosa che non torna, ma chi, oggi, ha il tempo per osservare cosa stia facendo un uomo qualsiasi? Eppure se mai qualcuno lo facesse vedrebbe che quell’uomo sta guardando delle immagini; un bambino che avrà forse dieci o dodici anni o… non importa. Il bambino tra i singhiozzi disperati fa sempre la stessa domanda: 

«Signora, adesso dovrò morire?»

Della donna si vede solo una mano, potrebbe essere una dottoressa o un’infermiera.

In alto sullo schermo rimangono fissi un luogo e una data: Aleppo 22 novembre 2016.

Il bambino avvolto in un lenzuolo blu ha la maschera di ossigeno sul viso e chiede ancora: «Signora, signora, mi risponda la prego, dovrò proprio morire?».

«Non morirai» dice la voce di donna, «ma cosa ti è successo?»

Per rispondere il bambino si toglie la maschera dal viso, la mano della donna con delicatezza gliela rimette.

«Guardavo gli aerei volare, a me piace guardare gli aerei volare, sognare di andare lontano con loro e di solito andavano, volavano lontano, ma oggi hanno lasciato cadere dei fusti neri che, arrivati a terra si sono rotti ed è uscita una nuvola gialla e io ho incominciato a morire. Perché ora devo morire vero?» La voce di donna adesso non risponde più, la domanda rimane sospesa, mescolata alla polvere tossica di quel luogo.

Una nebbia gialla avvelenata avvolge la campagna già morta, l’immagine è fissa, una fotografia forse, ma sembra di sentire l’urlo che corre per le trincee: «Gas! Gaas! Yprite! Mettete le maschere!» Corre la voce ma non abbastanza perché l’uomo accucciato abbia il tempo di indossare la maschera e seppure lo facesse, non servirebbe a nulla. 

«Mamma adesso muoio? Mamma perché dovrei sopravvivere io solo a tutto questo?!» 

C’è una data che non si vede, scritta a penna sul retro dell’immagine originale: Verdun 22 novembre 1916. 

L’uomo trattiene un sospiro e si vergogna un po’ per quegli occhi umidi.

L’uomo si alza, si avvicina alla consolle, un altro schermo, questa immagine è chiara solo a lui, sono linee, curve di livello, sono ombre, rilievi, i suoi occhi allenati distinguono alture e valli e case a mazzi, torna a sedere e prende il joystick e qualcosa sullo schermo si muove e nuove ombre si muovono, l’uomo schiaccia un pulsante del suo giocattolo. Fiori dai petali neri sbocciano sullo schermo tra le curve di livello.

Visto da dietro, l’uomo è un uomo qualunque, non è alto, ma nemmeno basso, ha i capelli curati né lunghi né corti, solo un paio più grigi tra gli altri neri, sono indice di un’età non più giovanissima, ma certo non è un uomo anziano. 

L’uomo sta facendo la guerra. Oggi 17 maggio 2021. 

Un filo di vento si porta via le parole, un filo di vento si porta via le anime. 

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Pubblicato da Andrea Nicolussi Golo

Responsabile dello sportello Linguistico della Magnifica Comunità degli Altipiani Cimbri, collabora con l’Istituto Cimbro di Luserna/Lusérnar Kulturinstitut. Ha pubblicato il libro di racconti Guardiano di Stelle e di vacche (2010), e i due romanzi Diritto di Memoria (2014) e Di roccia di neve di piombo (2016), quest’ultimo finalista e segnalato ai Premi ITAS, Rigoni Stern e Leggimontagna. Nel 2011 è stato insignito del premio “Ostana scritture in lingua madre”. Ha vinto numerosi concorsi di poesia sia in lingua cimbra che in italiano e nel 2013, su autorizzazione Einaudi, ha dato alle stampe la traduzione in lingua cimbra del capolavoro di Mario Rigoni Stern Storia di Tönle. Nel 2016 ha pubblicato la traduzione in cimbro de Il piccolo principe e nel 2018 la versione integrale di Pinocchio. Per l’Istituto Cimbro di Luserna ha pubblicato varie favole per bambini.