
Ginnastica mattutina è una poesia che inneggia a un disincanto dell’anima necessario per affrontare la vita, nella sua routine più asfissiante, che sembra scoraggiare l’impeto della speranza e del credere.
Negli ultimi due versi il componimento ci rivela il trucco, una sorta di “dimenticanza” sui propri tormenti, sulla complessità di mettere un piede dietro all’altro per avanzare nei giorni. Capita spesso di affannarci anche invano e osservare quello che ci succede con occhi perennemente ingrati. Portiamo il nostro fardello di esperienza come un’incudine pronta a caderci sulla testa e lasciamo poco spazio alla possibilità. Così ci condanniamo prematuramente ad una dannazione autoinflitta, che ci avvelena ancora prima di dover effettivamente combattere contro eventi avversi. Ecco che allora la preghiera si eleva e chiede pietà, una nobile disposizione dello spirito che ha bisogno di partecipata premura per realizzarsi in una nuova e più consapevole completezza.
Ginnastica mattutina
Mi sveglio e dico: sono perduta.
È il mio primo pensiero all’alba.
Comincio bene la giornata
con questo pensiero assassino.
Signore, abbi pietà di me
– è il secondo, e poi
scendo dal letto
e vivo come se
nulla mi fosse accaduto.
(“Gimnastica de dimineata”, da “De îndurare”, 1981 Traduzione di Anita Natascia Bernacchia)