Dove l’alba si unisce all’imbrunire

Prese la giacca appesa al muro e salutò distrattamente suo padre il quale, altrettanto distrattamente, fumava guardando la tv. Il freddo lo aggredì subito, per combatterlo si accese la tredicesima MS della giornata. Salì sulla sua Opel Corsa e inserì la chiave. Prima di girarla si fermò a guardare il lunotto con sguardo assente. Passò un tempo indefinito, forse 30-40 secondi. La sigaretta nel frattempo si stava consumando. Aveva in testa una specie di convitato di pietra che stava lì fermo a ricordargli qualcosa. Una qualche decisione che doveva prendere, un problema da risolvere, chissà. Ci sarebbe stato tempo più tardi per appurarlo. Questo era sempre stato il suo modus operandi: riuscire a scacciare per più tempo possibile tutte le preoccupazioni, tanto con il tempo tutto si sarebbe risolto. 

Accese il motore e con un polverone uscì dal parcheggio di casa. Arrivò al locale in circa quindici minuti. Lì fuori trovò subito M. e N., stavano fumando aspettando S. e lui. Si salutarono calorosamente, i due erano in evidente fibrillazione visto il grande giorno che li attendeva l’indomani. Gli chiesero come stesse, se si sentisse pronto, se tutti i preparativi erano ultimati. Sì, era tutto pronto, mamma aveva messo i fiocchi rossi intorno alla ringhiera di casa, il ristorante era a posto, aveva persino prenotato i biglietti per il viaggio che i suoi genitori avevano deciso di regalargli per il suo percorso. Dottore in Scienze infermieristiche, come aveva sempre sognato. 

Arrivò finalmente anche S. ed entrarono. Qualche birra, risate e battute. Ad un certo punto della serata R. si spense nuovamente. Non per molto, gli stessi 30-40 secondi di qualche ora prima in macchina. Il suo sguardo assorto era rivolto verso il fondo di bicchiere di un’ambrata belga. Lo stesso convitato di prima, lo stesso problema si stava ripresentando. Non fece in tempo ad afferrare il tutto che venne scosso da un forte colpo. Quello scemo di S, chiaramente brillo come al solito, aveva rotto l’ennesimo bicchiere. Bevvero l’ultimo e poi fu tempo per R. di tornare. Dopotutto, l’indomani era il grande giorno. Si accese la quindicesima MS ed uscì dal parcheggio del locale, dirigendosi verso casa. Girando una curva, la macchina che procedeva nel senso di marcia opposto si dimenticò di spegnere i fari abbaglianti. Non fece in tempo a finire l’imprecazione che il convitato di pietra si ripresentò con una forza stavolta spaventosamente travolgente. E in pochi secondi si ritrovò tutto di fronte. L’università, le bugie per far stare tranquilli i suoi, la paura di vedere la delusione sui loro volti, di aggiungere ancora un fallimento alla sua vita. Gli piaceva l’università, aveva però talmente troppe cose in testa che le arterie coronarie proprio non riusciva a ricordarle, e quel maledetto esame era lì ancora dopo due anni di tentativi. Due anni in cui oltre all’università aveva dovuto farsi carico di cose forse troppo pesanti. Per lui, ma forse per chiunque. 

Ma ora non c’era più tempo, era tutto lì davanti al parabrezza. Il conto gli era stato presentato. La macchina iniziò lentamente a deviare, diretta fuori dalla careggiata, ma R. ormai non era più nell’abitacolo. Era riuscito ad astrarsi, a dimenticare ancora una volta. In fondo, avrebbe avuto ancora tempo per pensarci, più avanti, lì dove l’alba si unisce all’imbrunire.

Un mondo parallelo

Riccardo Faggin, ragazzo padovano di 26 anni, è prossimo alla laurea in Scienze Infermieristiche. La notte del 29 novembre, vigilia della discussione della tesi, la sua Opel corsa rossa si schianta contro un platano. Non verranno trovati segni di alcun tentativo di frenata. Nel frattempo, si scopre che il giorno seguente non c’era nessuna tesi da discutere. 

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Pubblicato da Fabio Loperfido

Nato allo scadere del millennio, Fabio è uno studente errante che ancora non ha ben chiaro cosa potrebbe volere il mondo da uno come lui. Nel mentre prova ad offrire ciò che vede con i suoi occhi tramite una sua lettura, con la speranza che il suo punto di vista possa essere d'aiuto a qualcuno martellato dai suoi stessi interrogativi.