È lui il vero, unico antenato di Amazon

Ne parlavamo qualche sera fa. Di come il commercio – nel suo sviluppo liquido – abbia cambiato e modificato le nostre abitudini, trasformandoci da compratori attivi a pantofolai dell’acquisto, terribilmente attirati dalle vetrine finte del web e dalla velocità di consegna di ogni nostra richiesta, dalla più sensata alla più assurda. Noi vecchi e giovani leoni da tastiera possiamo avere tutto in pochissimo tempo, da e verso qualunque punto del globo terrestre. Basta un clic e la nostra sete consumistica viene largamente soddisfatta in tempi brevissimi e spesso a prezzi vantaggiosi. Vacilliamo sulle certezze, abbiamo bisogno dello psicologo, cadiamo in depressione ma abbiamo Amazon. La più grande compagnia internet del mondo ci ha stravolto letteralmente la vita commerciale e pure quella sociale. Sì, perché i negozi – quelli veri – sono meno frequentati e spesso considerati come semplici “tester” prima dell’acquisto online. Si guarda, si prova, si misura, si valutano le dimensioni, ma poi si esce e si va a ordinare su Amazon. Tant’è che qualche commerciante, indispettito da questa modalità di prova e fuggi, ha cominciato a far pagare ai furbetti del “Grazie, ci penserò” una cifra simbolica per la finta prova dell’acquisto in negozio. 

Eppure le piattaforme e-commerce hanno la loro araba fenice, che rinasce dalle ceneri di un mitico catalogo degli anni Ottanta, il Postalmarket. Ancora piuttosto lontano dagli innumerevoli canali televisivi delle televendite e dalle svariate reti commerciali locali e nazionali, il genere umano di quell’epoca si dilettava con l’acquisto – tramite servizio postale – su questo corposo contenitore cartaceo. Ma cosa si trovava su Postalmarket? C’era letteralmente di tutto: dagli oggetti per la casa agli orologi Casio, dall’hobbistica alle case sugli alberi. La parte più consistente del suddetto catalogo era però costituita dal settore abbigliamento. Piacevoli ragazze dai sorrisi ammiccanti, affiancate da uomini dall’incarnato che ricordava più la plastica dell’epidermide, indossavano abiti di ogni ordine e foggia con una disinvoltura impressionante. Lo stesso modello impersonava in una pagina il manager d’azienda col mocassino lucido, in quella seguente l’operaio in tuta blu intento a smontare un motore. Anche per il genere femminile non si scherzava sulla molteplicità dei ruoli! Fascinose donne in abiti da crociera diventavano solerti massaie con un semplice cambio d’abito e di set. E le copertine? Spesso le protagoniste erano le attrici del momento – la Di Lazzaro, la Muti, Romina Power, Gloria Guida, Eleonora Giorgi tanto per citarne alcune – che si prestavano al ruolo di modelle di camicette per un numero. 

Postalmarket era una novità importata dall’America. L’acquisto di soprammobili e di abbigliamento per posta era una sorta di strategia economica, per vendere in ogni lato degli sconfinati USA. Il sistema ha funzionato bene anche in Italia: a fine anni Ottanta fatturava 600 miliardi delle vecchie lire, con 45.000 spedizioni giornaliere. In un’Italia ancora poco globalizzata – dove si viveva di più la vita di provincia – si respirava l’esigenza di vedere qualcosa di diverso da quello che presentava il mercato locale. Ed in effetti il famoso catalogo era il festival del necessario e del superfluo, mescolati insieme e amalgamati in modo invitante ed accattivante. E chi non ricorda la canzoncina della pubblicità? “Con Postalmarket sai, uso la testa ed ogni pacco che mi arriva è una festa!” Ed era proprio una festa quel giornaletto che sfogliavi soprattutto in bagno, ignaro che dopo qualche decennio – sempre e soprattutto in bagno – avresti aperto la app di Amazon.

Postalmarket,
È lui il vero, unico antenato di Amazon

Ne parlavamo qualche sera fa. Di come il commercio – nel suo sviluppo liquido – abbia cambiato e modificato le nostre abitudini, trasformandoci da compratori attivi a pantofolai dell’acquisto, terribilmente attirati dalle vetrine finte del web e dalla velocità di consegna di ogni nostra richiesta, dalla più sensata alla più assurda. Noi vecchi e giovani leoni da tastiera possiamo avere tutto in pochissimo tempo, da e verso qualunque punto del globo terrestre. Basta un clic e la nostra sete consumistica viene largamente soddisfatta in tempi brevissimi e spesso a prezzi vantaggiosi. Vacilliamo sulle certezze, abbiamo bisogno dello psicologo, cadiamo in depressione ma abbiamo Amazon. La più grande compagnia internet del mondo ci ha stravolto letteralmente la vita commerciale e pure quella sociale. Sì, perché i negozi – quelli veri – sono meno frequentati e spesso considerati come semplici “tester” prima dell’acquisto online. Si guarda, si prova, si misura, si valutano le dimensioni, ma poi si esce e si va a ordinare su Amazon. Tant’è che qualche commerciante, indispettito da questa modalità di prova e fuggi, ha cominciato a far pagare ai furbetti del “Grazie, ci penserò” una cifra simbolica per la finta prova dell’acquisto in negozio. 

Eppure le piattaforme e-commerce hanno la loro araba fenice, che rinasce dalle ceneri di un mitico catalogo degli anni Ottanta, il Postalmarket. Ancora piuttosto lontano dagli innumerevoli canali televisivi delle televendite e dalle svariate reti commerciali locali e nazionali, il genere umano di quell’epoca si dilettava con l’acquisto – tramite servizio postale – su questo corposo contenitore cartaceo. Ma cosa si trovava su Postalmarket? C’era letteralmente di tutto: dagli oggetti per la casa agli orologi Casio, dall’hobbistica alle case sugli alberi. La parte più consistente del suddetto catalogo era però costituita dal settore abbigliamento. Piacevoli ragazze dai sorrisi ammiccanti, affiancate da uomini dall’incarnato che ricordava più la plastica dell’epidermide, indossavano abiti di ogni ordine e foggia con una disinvoltura impressionante. Lo stesso modello impersonava in una pagina il manager d’azienda col mocassino lucido, in quella seguente l’operaio in tuta blu intento a smontare un motore. Anche per il genere femminile non si scherzava sulla molteplicità dei ruoli! Fascinose donne in abiti da crociera diventavano solerti massaie con un semplice cambio d’abito e di set. E le copertine? Spesso le protagoniste erano le attrici del momento – la Di Lazzaro, la Muti, Romina Power, Gloria Guida, Eleonora Giorgi tanto per citarne alcune – che si prestavano al ruolo di modelle di camicette per un numero. 

Postalmarket era una novità importata dall’America. L’acquisto di soprammobili e di abbigliamento per posta era una sorta di strategia economica, per vendere in ogni lato degli sconfinati USA. Il sistema ha funzionato bene anche in Italia: a fine anni Ottanta fatturava 600 miliardi delle vecchie lire, con 45.000 spedizioni giornaliere. In un’Italia ancora poco globalizzata – dove si viveva di più la vita di provincia – si respirava l’esigenza di vedere qualcosa di diverso da quello che presentava il mercato locale. Ed in effetti il famoso catalogo era il festival del necessario e del superfluo, mescolati insieme e amalgamati in modo invitante ed accattivante. E chi non ricorda la canzoncina della pubblicità? “Con Postalmarket sai, uso la testa ed ogni pacco che mi arriva è una festa!” Ed era proprio una festa quel giornaletto che sfogliavi soprattutto in bagno, ignaro che dopo qualche decennio – sempre e soprattutto in bagno – avresti aperto la app di Amazon.

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Pubblicato da Tiziana Tomasini

Nata a Trento ma con radici che sanno di Carso e di mare. Una laurea in materie letterarie e la professione di insegnante alla scuola secondaria di primo grado. Oltre ai grandi della letteratura, cerca di trasmettere agli studenti il piacere della lettura. Giornalista pubblicista con la passione della scrittura, adora fare interviste, parlare delle sue esperienze e raccontare tutto quello che c’è intorno. Tre figli più che adolescenti le rendono la vita a volte impossibile, a volte estremamente divertente, senza mezze misure. Dipendente dalla sensazione euforica rilasciata dalle endorfine, ha la mania dello sport, con marcata predilezione per nuoto, corsa e palestra. Vorrebbe fare di più, ma le manca il tempo.