«Con l’arte del collage do una nuova vita alle immagini dei libri, delle riviste, persino dei volantini pubblicitari. E così racconto l’amore attraverso il mio sguardo femminile sul mondo». L’artista trentina Eleonora Buselli (nome social Ele_Perbacco), è nata nel 1987 a Trento ed è cresciuta a Civezzano, da dove è partito il suo percorso di vita e d’arte che – improvvise magie della vita – l’ha portata fino a L’Avana, Cuba, dove nel 2023 ha esposto una mostra personale. Svolge performance artistiche dal vivo, che l’hanno portata a confrontarsi con un pubblico trentino curioso e disposto ad aprire il proprio cuore al sentimento, condividendo le emozioni dell’incontro. Ad agosto si è svolta a Pergine Valsugana presso Palazzo Crivelli la sua “Di amore e disamore. Speranze, desideri, ferite e sogni infranti”, all’interno del Festival Simposio Via Maier che – con la curatela di Dora Bulart – ha coinvolto numerosi artisti. Appassionata di poesia, inutile dire che Eleonora ama coniugare la parola e l’immagine.
Eleonora, come nasce il tuo amore per l’arte?
Ho frequentato l’Istituto d’Arte, dove ho imparato a sperimentare con tutte le tecniche. Lì ho scoperto la tecnica del collage, che è diventata la mia preferita. Ma già alle elementari volevo fare l’artista, nonostante le parole di una maestra non fossero state particolarmente incoraggianti.
Precoce, insomma.
Imperterrita, ho percorso le tappe di un percorso meraviglioso nell’Istituto d’Arte: sono stati i cinque anni più belli della mia vita. Poi mi sono avvicinata alla scuola di specializzazione in arteterapia…
Aspetta, aspetta… Cioè?
Posso dire di aver scoperto un mondo splendido. Creando un oggetto artistico, porti fuori quello che hai dentro. Lavorando al manufatto in realtà lavori su te stesso. Attraverso l’arte ho avuto modo di guardarmi allo specchio. È questo il potere dell’arte.
Cosa invece rende speciale la tecnica del collage?
Il collage prevede il taglio e l’assemblaggio di immagini da fonti diverse: si va dai libri, alle riviste, ai quotidiani, perfino ai volantini pubblicitari. Ne sono un’accumulatrice, ne ho a casa quantità industriali.
La scelta avviene in base a quali criteri?
Trovo delle immagini che colpiscono la mia immaginazione, le ritaglio con forbice o taglierino e le assemblo per creare nuovi mondi. Affronto anche un tabù culturale…
Perché?!
Alcuni restano sconvolti dal fatto che ritaglio immagini dai libri, è qualcosa che solitamente non si fa. Il collage è stato una sorta di rivoluzione nella pratica artistica, a livello estetico e concettuale.
Che porta a che cosa?
È un insinuare scompenso, suggerire nuove letture, visioni diverse. Chi guarda è portato a riflettere sull’opera e sul suo significato. Per alcune opere uso la tecnica del taglio a persiana: scompongo l’immagine in una serie di lamelle, proprio come nelle persiane, in questo modo si ottiene un effetto tridimensionale e ipnotico.
Dicci un po’, come nascono le tue idee creative?
Mi lascio catturare da ciò che sfoglio. Ho provato a lavorare anche a tema, cercando appositamente determinate immagini, ma non funziona così, non è un processo che posso guidare. Così, sfogliando i miei libri e le mie riviste, mi lascio guidare dallo sguardo.
In che modo?
Faccio mio uno sguardo femminile sul mondo: indago l’identità, l’erotismo, il movimento. In definitiva, esploro il vasto campo del sentimento. In una parola, l’amore. Le mie opere spesso sono molto autobiografiche, rifletto sulle mie relazioni, sulle dinamiche che si mettono in atto.
Tu ti dedichi anche alle performance dal vivo a contatto con il pubblico. Quali risposte ricevi?
Di recente ho scoperto il mondo della performance artistica che mi pone in contatto dal vivo con le persone. Ad esempio, lo scorso San Valentino, nel quartiere di San Martino a Trento, mi sono cimentata in un’esibizione curiosa.
Ce la puoi raccontare?
Realizzavo dei cubetti di carta con la tecnica dell’origami – un’altra delle mie grandi passioni! – al cui interno erano riportate poesie o pensieri dei miei poeti preferiti. Donavo questi cubetti ai passanti e…
E loro come reagivano?
Devo dire che rispondevano con grande emozione. Qualcuno ritrovava la sua storia dentro quelle frasi, è stato molto coinvolgente. Ed è stato anche un modo per sottrarre il sentimento alla dimensione dello scambio, per cui io ti do qualcosa e in cambio tu me ne dai un’altra. In quell’occasione si trattava di un dono.
Il tuo percorso artistico ti ha portato fino a Cuba, come mai?
Avevo curato la copertina di diverse antologie di poesie rivolte al pubblico latino-americano e così…
Che succede da quelle parti, al momento?
Dopo il covid e a causa dell’embargo, Cuba è molto impoverita. C’è una grande burocrazia per svolgere ogni operazione e c’è un ritmo di vita più lento a cui non siamo abituati. Ma una volta che si entra in quell’ordine delle idee, ci si adatta. A Cuba ho potuto esporre la mia mostra personale: anche grazie alla comunità degli italiani a Cuba e al passaparola, è piuttosto facile diventare rapidamente famosi.
Perché, secondo te?
Forse per i cubani lo abbiamo noi europei il fascino dell’esotico.
Tornando alla mostra di Pergine. Dici di non vivere l’ansia del giudizio altrui e di non aver paura di sbagliare. È sufficiente l’arte in queste due imprese?
Da tempo l’arte accompagna ogni mia consapevolezza e “scatto di crescita”. Rappresenta, per me, un luogo privilegiato e protetto dove fare esperienza di sé. Attraverso l’atto creativo è infatti possibile scoprire qualcosa di più sulle proprie inclinazioni, potenzialità e desideri e superare quelli che oggi sembrano limiti. Nell’arte, così come nel gioco – per me legati a doppio filo, possiamo mettere in pausa i tempi e i modi del vivere quotidiano, studiare cause ed effetti senza dover prendere decisioni imminenti, sperimentare e fare ipotesi senza timore del risultato. Questo permette un ritorno alla realtà con maggiori strumenti per affrontarla, una sorta di palestra che ci allena alla vita. Non mi definirei esente da ansie, ma sicuramente tra i miei ritagli posso essere me stessa.
Perché nel vasto campo dei sentimenti l’aratro della ragione si incaglia sempre e irrimediabilmente sui sassi dell’amore?
Ti rispondo citando uno dei libri di Baricco che ho amato di più: Castelli di Rabbia. Nella conversazione tra due dei personaggi uno dice all’altro che bisognerebbe arrivare alla sera in pace con se stessi e quindi restare puliti, non fare “schifezze”, come le chiama lui. Succede però di avere una voglia pazzesca di farla quella cosa di cui tanto ci si vergogna, e allora la sì fa. Perché – dice – siccome siamo persone e non calzini non siamo qui con il fine principale di restare puliti, e a volte vale la pena di non dormire la notte per stare dietro ad un proprio desiderio. Ciò che è davvero importante è che quando arriva il momento di pagare ognuno si prenda le proprie responsabilità. Ecco, io la penso esattamente così.
Nelle tue opere sembri voler denunciare una visione quasi tecnicista, oltre che razionale, del sentimento amoroso. A cui pare sia impossibile sottrarsi…
Prima ancora che denuncia la definirei una presa di coscienza, se non proprio un’autocritica. E nemmeno di razionalità parlerei: chi a mente lucida deciderebbe di reiterare degli schemi tossici e fallimentari? Anche qui l’arte è stata compagna preziosa, aiutandomi a individuare le dinamiche, orientarmi nelle mappe, rimettermi al centro. Ma anche a lasciare andare e a non prendermi troppo sul serio. Nelle mie ultime performance è stato centrale il concetto di dono, che a mio avviso è una delle più alte forme d’amore proprio perché, per definizione, non prevede nulla in cambio. La mancanza di radicamento predispone alla pretesa di ricevere sempre dall’altro, la mia rivoluzione romantica è quella di dare, con generosità.
Immagini, scrittura, performance: esiste un limite alla rappresentazione artistica?
Penso proprio di no, ogni medium ha qualità specifiche e ognuno trova i propri canali espressivi privilegiati, ma viva le contaminazioni e viva la ricerca! Mi piace l’idea che con l’arte si costruiscano ponti, mai muri. E subito mi vengono alla mente i componenti di Fluxus, maestri di eterogeneità e sperimentazione, che con il loro rivoluzionario approccio all’arte hanno ridefinendo i confini tra artista e pubblico (che diventa soggetto attivo nel processo creativo) e tra arte e vita. Non è questa la sede per approfondire ma trovo interessante conoscere i linguaggi che ci hanno preceduto, che è forse l’unico modo per capire quelli contemporanei e magari, chissà, crearne di nuovi.
E mentre si vive – si lavora, si mangia, si fa la spesa, ecc. – l’arte dove va a nascondersi?
È proprio quando non le cerchi che arrivano le intuizioni migliori. L’artista non dorme mai, ma sogna sempre.
Domande flash
Il libro che stai leggendo? “Erotica”, poesie di Ghiannis Ritsos (Crocetti ed.)
Il tuo numero preferito? 3
Il tuo colore preferito? Rosso
Il piatto che ami di più? Tutto quello che cucina la nonna
Il film del cuore? La miniserie “Fantaghirò”
L’artista del cuore? Più che l’artista il movimento, tra tutti quello della poesia visiva
L’automobile preferita? La mia Panda
Il viaggio che non sei ancora riuscito a fare? Vorrei vivere al mare
Cantante, compositore o gruppo preferito? In questi giorni sto ascoltando Madame (foto) e Baustelle
Se non avessi fatto quello che hai fatto, cosa avresti voluto fare? L’attrice
La cosa che ti fa più paura? Non potermi difendere
Il difetto che negli altri ti fa più paura? La cattiveria