Essere sempre in prima fila

Alcuni anni fa il giornalista Beppe Severgnini, in un’analisi delle sue, ha paragonato i profili psicologici dei giocatori di una ipotetica squadra di calcio alle personalità di chi fa parte di un qualunque altro gruppo sociale. Il presupposto era che in ogni squadra di calcio ideale, di quelle con i giocatori che hanno sulla maglietta i numeri antichi dall’1 all’11, ogni ruolo portasse in sé le caratteristiche di chi lo indossa. Ad esempio, il portiere con il numero 1 solitamente è una persona che dà sicurezza, il terzino destro con il 2 è ruvido e introverso, il libero con il 6 interviene dopo che tutti gli altri hanno sbagliato, l’ala destra con il 7 porta genio e regolatezza (senza s), eccetera. È un’analisi davvero interessante oltre che poetica, sia che si ami il calcio oppure no. Severgnini, come dicevo, ha applicato il ragionamento alle varie situazioni sociali: gli amici, l’ufficio, l’associazione di volontariato. In ogni gruppo c’è chi come il portiere ti fa stare tranquillo, chi è pratico anche se non brilla per cortesia come il terzino destro, chi come il libero risolve il problema quando gli altri non ci sono riusciti, chi come l’ala destra è sia geniale che affidabile. A me piace in particolar modo la definizione che Severgnini ha dato del numero 9: “Chi sono i centravanti tra di noi? Quelli che sono sempre in prima fila. Dall’asilo all’ospizio, alzano la mano, prendono la parola, offrono la propria candidatura. Alcuni realizzano i propri obiettivi; altri segnano solo perché gli lasciamo tirare i rigori. Ma il centravanti in genere piace perché, mentre insegue la gloria, si prende le grane. Possiede la baldanza di Don Chisciotte, il linguaggio di Tex Willer, la bullaggine disneyana del Re Leone. Le squadre, spesso, finiscono per dipendere da lui.” Questa definizione è la mia preferita perché io gioco centravanti da sempre e senza falsa modestia devo dire con una certa efficacia, anche per merito dei miei compagni più giovani che hanno gambe e fiato in abbondanza. Ma mi rivedo nelle parole di Severgnini anche perché, all’interno di situazioni sociali ed associative, spesso sono stato in prima fila prendendo la parola, mi sono assunto responsabilità e preso delle grane; avendo soddisfazioni ma anche delusioni perché spesso chi non ha il coraggio di stare in prima fila detesta che altri ci stiano. Ma succede anche che nonostante la tua buona volontà, il gruppo dove la metti a disposizione non la voglia apprezzare né sfruttare, anche se facendo così i risultati si rivelano negativi. Ed anche per questi motivi, succede che a lungo andare il centravanti sociale inizia ad arretrare il proprio raggio d’azione, dando comunque il proprio contributo senza per questo alzare la mano sempre prima degli altri. E questa è una buona cosa, sia perchè stare sempre lì davanti, spesso da solo e contro tutti, è una cosa che esalta ma che allo stesso tempo ti logora. Ma è una buona cosa anche perché nella vita la disponibilità, il coraggio e le grane si possono condividere: fa bene a chi è da sempre in prima fila ma anche a chi in prima fila è giusto che inizi a stare. Sul campo da gioco però lì davanti ci resto volentieri a tirare in porta, sperando sempre che i miei compagni più giovani corrano anche per me.

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Pubblicato da Paolo Chiesa

Scrittore, giornalista e autore comico. Vive in Trentino con una moglie, una figlia e un gatto. Il diploma di geometra gli è servito per capire di voler fare altro, infatti lavora come educatore in una Cooperativa Sociale per persone diversamente abili. Gioca a calcio nella squadra dei "Veci Fuoriclasse" dell’oratorio. La sua passione per la scrittura lo spinge, ormai da qualche anno, ad alzarsi la mattina presto prima del lavoro per mettersi davanti alla tastiera del computer. Ha pubblicato racconti su periodici e quotidiani, collabora con riviste tradizionali e online ed è autore di testi per il cabaret e la televisione. Anima eclettica, spazia tra racconti noir, satira politica e comicità del quotidiano.