Si terrà anche quest’anno a Rovereto, dal 14 al 17 novembre. Un evento unico in Italia che riunisce esperti, scienziati e appassionati per esplorare le dinamiche del clima. Il professor Dino Zardi, ideatore del festival, offre una visione approfondita sui cambiamenti climatici e le sfide attuali delle previsioni meteo. Decima edizione ricca di incontri e riflessioni a Rovereto.
Chiamare “Festival” anche la rassegna sulla meteorologia può sembrare un po’ azzardato, come dire che si va a una festa dove ti annunciano solo dolori e tremori per il clima. Ma il Festival della Meteorologia di Rovereto oltre ad essere ormai un classico (decima edizione, mica noccioline) è certamente un momento speciale per comprendere meglio fenomeni che fanno parte oltre che della nostra realtà quotidiana anche del nostro destino. Nel nostro Paese non vi sono mai state iniziative comunicative e divulgative dedicate propriamente alla meteorologia. La comunità nazionale, difatti, è sempre stata frammentata. Ma proprio qui in Trentino dieci anni fa è stato organizzato il primo momento di confronto che potesse riunire le diverse componenti. Ebbene l’inventore, realizzatore e infaticabile organizzatore di questo imprescindibile Festival è Dino Zardi, professore ordinario di Fisica dell’Atmosfera, Università di Trento presidente AISAM, l’Associazione Italiana di Scienze dell’Atmosfera e Meteorologia, con sede nella città della Quercia e che, attraverso la rivista scientifica, il congresso nazionale, le giornate mondiali della meteorologia, nonché i diversi corsi di formazione certificati, ha contribuito non poco a rivitalizzare la comunità scientifica.
Il Festival della meteorologia innanzitutto è un’occasione unica che presenta la meteorologia in modo accessibile a tutti. Ma è anche un momento di profonda riflessione sul clima. Quella in arrivo è la decima edizione: sul clima cos’è cambiato in questi dieci anni? Siamo dove eravamo? O siamo messi peggio?
Eh, purtroppo mi viene da dire che siamo messi peggio: il riscaldamento globale prosegue e va di pari passo con la concentrazione dei gas serra, registrata in maniera univoca da tutte le stazioni distribuite sulla superficie terrestre e al contempo sono aumentate le temperature nell’atmosfera, ovviamente con fluttazioni – non vuol dire che ogni giorno faccia più caldo rispetto alla stessa giornata a distanza di un anno – ma possiamo notare che dopo una perturbazione di breve termine, una volta tornato il sereno, ci accorgiamo che rispetto alla temperatura che potevamo aspettarci, i valori sono più alti rispetto alla stagione di riferimento. Pertanto se il riscaldamento globale galoppa, anche le sue conseguenze: dalla perdita di massa di ghiaccio in montagna come ai Poli che continua progressivamente a depauperare questi ambienti, l’aumento accelerato della temperatura in questi contesti e quello della capacità dell’atmosfera di contenere vapore acqueo che si traduce in maggior capacità nell’asciugare i terreni e i corsi d’acqua. Di conseguenza quando il vapore acqueo condensa origina precipitazioni più intense.
Il meteo ci è molto familiare: lo vediamo in tv, è a portata di cellulare con mille app. Ma spesso ci sono dati contrastanti: di chi ci possiamo fidare per previsioni attendibili? Una volta c’era il colonnello Bernacca… e sembrava infallibile.
Sicuramente i servizi meteorologici istituzionali sono dei riferimenti certi, come quello dell’Aeronautica militare a cui apparteneva il colonnello Bernacca, ma dopo di lui, ad esempio il colonnello Daniele Mocio che sarà nostro ospite al Festival, come molti altri colleghi. Nel frattempo sono cresciuti significativamente i servizi meteorologici regionali, nella nostra Provincia ad esempio Meteo Trentino, che si sono strutturati nel tempo in maniera efficace. Da menzionare anche alcune realtà nate da iniziative private come Meteo Express e 3B Meteo.
Poi, c’è una questione generale che si fa sempre più evidente: le previsioni cambiano più rapidamente di un tempo e spesso non ci azzeccano proprio. Questo è un grosso problema anche di fronte a eventi calamitosi. Il recentissimo caso di Bologna è lampante: il sindaco ha spiegato che dalle previsioni, fino all’ultimo minuto, era attesa tanta acqua, ma non così tanta e non sulla città di Bologna…
Urge una verifica approfondita, dubito che il sindaco abbia tutti gli elementi per esporre un giudizio e non credo che alcune previsioni abbiano sottostimato i dati: in tutti gli eventi recenti i modelli meteorologici hanno sempre riprodotto con ottima puntualità e precisione anche i totali di precipitazione. Dobbiamo tener presente che molto spesso i disastri che accadono sono la combinazione di molteplici fattori, il meteo è soltanto uno. A Bologna la crisi è da attribuirsi ad una serie di alvei storici che sono stati coperti. Questa operazione all’interno delle aree urbane comporta inevitabilmente dei rischi perchè fino al momento in cui i deflussi sono compatibili con la sezione degli alvei non vi sono problemi, ma quando abbiamo precipitazioni più intense di quelle che la rete è in grado di supportare, diventa molto pericoloso. Di conseguenza, la criticità è data non solo dalle piogge ma anche dai deflussi. A fronte di un clima che tendenzialmente ci porterà precipitazioni più intense, dobbiamo verificare di aver dato il giusto spazio ai corsi d’acqua per defluire portate più copiose. Il problema più urgente è quello di riconsiderare le dimensioni delle reti idrauliche sul territorio, soprattutto di quelle sotterranee.
Fra gli ospiti al Festival della Meteorologia ci sarà anche quest’anno Luca Mercalli, presidente della Società Meteoreologica Italiana. Le sue previsioni – sul clima – a volte angosciano… Questo stile “catastrofista” fa bene alla comprensione dei fenomeni o a volte rischia di suscitare reazioni contrastanti e negazioniste?
È la stessa esperienza che vivono molti di noi quando si recano dal medico: temiamo le critiche nel merito dei nostri stili di vita e regimi alimentari. Se ad esempio il dottore ci ammonisce su certi valori di colesterolo che potrebbero porci a rischio infarto, non fa del catastrofismo ma del realismo. Non ci piacerà sicuramente la diagnosi, magari potremo avere la fortuna che non accada mai, ma il rischio è comunque reale.
L’approccio scelto da Mercalli di “drammatizzare” il cambiamento climatico può apparire esagerato, ma se vivessimo in un quartiere di Bologna allagato da quest’ultima precipitazione intensa, questo campanello d’allarme ci apparirebbe concreto e preso per tempo, in altre aree e circostanze, consentirebbe di prendere provvedimenti adeguati.
Qual è secondo Lei, quindi, la risposta più efficace da fornire ai negazionisti?
È molto difficile poiché ci sono diverse situazioni in cui gruppi di persone si arroccano su posizioni non scientifiche, come ad esempio i terrapiattisti e “ragionano” per partito preso. Il cambiamento climatico viene studiato da centinaia di scienziati in tutto il mondo e talvolta vi sono opinioni differenti all’interno della stessa comunità scientifica, ma sui fondamentali vi è una condivisione unanime: negli ultimi decenni, attraverso le misurazioni registrate, i regimi di temperatura sono drasticamente mutati rispetto a cinquanta, cento anni prima, così come l’aumento di concentrazione di CO2 nell’atmosfera: questi due fenomeni sono strettamente collegati e questo è un dato di fatto.■