Freak show

Alla fine, convinto da alcuni amici, ci sono andato anch’io. La stradina è stretta. Ad un certo punto si incontra un divieto e con l’auto ci si deve arrangiare. Gli sguardi degli abitanti della frazione di Slaghenaufi sono abbastanza eloquenti: un misto di noia e compatimento ci accompagna verso la meta: il “drago alato”, una scultura (scultura?!) fatta con 2000 scarti di arbusti tenuti assieme da 3000 modernissime viti. Ok, bellissimo, molto scenografico, le foto e i selfie si sprecano. Ma una domanda mi assilla una volta sceso, districando l’auto da una specie di ingorgo che si era formato nel frattempo, con tanto di vigili minaccianti sanzioni. La domanda è: era proprio necessario? Le nuove “attrazioni” per i turisti della montagna (l’orso e la capra del Bondone, la lince gigante di Ledro, per non dire delle maxi-panchine) promettono “emozioni uniche”. Ma a cosa servono esattamente? A dare un motivo in più per recarsi in un determinato luogo? Ad “amare” la montagna o a disneylizzarla? Non si corre il rischio di perdere di vista i valori più veri, il senso del mettere un piede davanti all’altro, dell’arrivare in cima, senza dover per forza portarsi a casa la foto di qualcosa di “eccezionale”?

Nel XIX secolo, negli Stati Uniti, presero piede i cosiddetti freak show. Erano spettacoli a pagamento che consistevano nell’esibizione di persone o animali con aspetto insolito. Purtroppo tra le attrazioni c’erano anche persone affette da rare malattie allo scopo di impressionare e attirare visitatori. Già, le calamite per i turisti non sono certo una novità. Basti pensare al Conte Dracula della Transilvania, al falso balcone dei falsissimi Romeo e Giulietta, o anche al recentissimo binario di Harry Potter. Tuttavia fa un certo effetto vederle ora anche in un contesto solenne come quello montano. E suscita un sospetto: che la bellezza del paesaggio e il respiro della Natura da soli non siano più sufficienti a soddisfare il nostro fabbisogno psichico. Il rumore dei passi, i campanacci delle mucche, la carezza del vento evidentemente non bastano più. Proprio come in un freak show, adesso è richiesta la stranezza, l’animale gigante, la donna barbuta, i gemelli siamesi, quella simpaticissima panchina su cui sedersi e farsi fotografare e sai le risate quando la mostreremo agli amici, dopo?!

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Pubblicato da Pino Loperfido

Autore di narrativa e di teatro. Già ideatore e Direttore Artistico del "Trentino Book Festival". I suoi ultimi libri sono: "La manutenzione dell’universo. Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri” (Athesia, 2020) e "Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis" (Edizioni del Faro, 2022). Nel 2022 ha vinto il premio giornalistico "Contro l'odio in rete", indetto da Corecom e Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige. Dirige la collana "Solenoide" per conto delle Edizioni del Faro.