“In fatto di Pittori il nostro paese ebbe da qualche tempo in qua una particolare disdetta; parecchi giovani d’ingegno distinto e già tanto innoltrati nell’arte da non lasciar alcun dubbio sulla loro riuscita vennero dal fato inesorabile raggiunti e mietuti in sul fiore degli anni. Così perirono giovanissimi il Marchesi, il Guerinoni, il Micheli, così l’esimio Avancini da Levico”. Con queste parole risalenti al 1857 l’abate Giovanni a Prato deplorava la perdita di un’intera generazione di promettenti artisti, i quali avrebbero potuto dare lustro al Trentino se la morte non li avesse colti agli albori delle loro carriere. Tra questi, il noto giornalista e parlamentare menzionava Giacomo Micheli, un pittore particolarmente dotato, che il contemporaneo Agostino Perini stimava a tal punto da affermare: “Ogni cosa che prendeva a trattare sia a matita sia a pennello prendeva sotto le sue mani un’impronta di grazia e di verità”.
Micheli era nato a Trento il 12 settembre 1822 da Giuseppe e Teresa Bacca, come ha recentemente precisato Salvatore Ferrari sulla base di quanto si ricava dai registri parrocchiali di Santa Maria Maggiore. Va dunque rigettato il riferimento al primo agosto 1821 indicato come data di nascita nel Dizionario degli artisti trentini tra ‘800 e ‘900.
Fin da bambino Giacomo aveva manifestato una precoce attitudine al disegno, copiando alla perfezione un’incisione di Raffaello Morghen. Nel 1838 il padre lo iscrisse perciò all’Accademia di Brera, dove l’anno successivo il sedicenne Micheli conseguì il primo premio nel corso di “Elementi di figura” con un disegno raffigurante il Gladiatore Borghese. Poco dopo, grazie a una borsa di studio, si poté trasferire per circa un anno a Vienna. Tornato a Milano, vi soggiornò fino al 1846.
In patria il pittore realizzò alcune vedute litografiche per un volume sulla storia della nobile famiglia Sizzo de Noris e si fece apprezzare raffigurando “animali e fiere” o “studii di volti”, come ricordava il Perini. La sua improvvisa scomparsa, avvenuta a Trento il 22 febbraio 1848, fu compianta da molti concittadini. Per accogliere la salma suo padre commissionò allo scultore Stefano Varner una tomba monumentale, che tuttora si ammira sul sagrato della chiesa di Sant’Apollinare. Il manufatto reca una lunga epigrafe commemorativa, oggi lacunosa, nella quale veniva elogiato un tratto del carattere di questo giovane artista: “la modestia e la docilità dell’animo sopprimevano la coscienza del merito”.
Nella sua breve vita Giacomo Micheli produsse molte opere grafiche e alcuni dipinti a olio. Uno di questi si conserva proprio nella canonica di Sant’Apollinare: è una bella Sacra famiglia, fedele copia della Madonna del velo di Raffaello. Nei depositi del Castello del Buonconsiglio si trovano altre opere, tra cui un intenso autoritratto risalente al 1845.
Vogliamo qui ricordare questo artista della “generazione perduta”, morto di polmonite a 25 anni, con la pubblicazione di un suo studio inedito raffigurante un adolescente ignudo, che appartiene a una raccolta privata: prova evidente del suo spiccato talento nel disegno a mano libera.