Gianfranco Gramola: “Come ti intervisto il Vip”

Sono 1.130 le interviste ai “vip” del trentino Gianfranco Gramola, storico collaboratore di Trentinomese. Il suo talento sta nella capacità di puntare al “famoso” di suo interesse e poi, con simpatia e curiosità, riuscire a mettere l’interlocutore a proprio agio. E non si parla di celebrità minori, ma di “pesi massimi”: Paolo Villaggio, Nino Manfredi, Giulio Andreotti, Monica Vitti, Brigitte Bardot, Gigi Proietti, Fiorello, Claudia Cardinale, Alberto Sordi, Paolo Bonolis, la lista è quasi infinita. Molte interviste sono a disposizione sul sito www.intervisteromane.net. «Non sono un giornalista, le mie interviste sono tutte senza scopo di lucro», ha precisato Gramola. Così, ci accingiamo ad intervistare il re degli intervistatori.

Gianfranco, in un’intervista è fondamentale la prima domanda, da lì poi discende tutto. Come rompi il ghiaccio?

Prima di incontrare gli interlocutori, mi interesso alla loro storia, mi informo sulle loro vicende personali ed artistiche. E poi, quando finalmente li incontro, cerco di prenderli con la simpatia. Cerco di capire come è nata la loro passione, mi concentro ad esempio su come i loro genitori hanno accettato o meno la loro scelta professionale.

Mettersi in contatto con questi “pesi massimi” spesso richiede penosissime trattative con gli agenti. Qual è la tua strategia?

Oggigiorno mettersi in contatto con i personaggi famosi è piuttosto facile grazie alla diffusione dei social-network. Li contatto, mi presento e prendo un appuntamento: d’altronde a tutti piace farsi intervistare. Nel passato capitava di trovare numerosi “vip” sull’elenco del telefono: era il caso di Nino Manfredi, ad esempio. Gigi Proietti mi accolse in ciabatte sulla porta di casa.

Poi come si procede?

Le prime domande sono tranquille, all’inizio le loro risposte in genere sono piuttosto telegrafiche, poi mano a mano che prendiamo confidenza, si sbottonano e iniziano a condividere ricordi ed esperienze significative. Ricordo l’incontro con Luca Barbarossa, gli domandai come avesse conquistato sua moglie. Disse d’essersi presentato con due piatti di tagliolini al tartufo e alle erbe, sembravano Lilli e il Vagabondo nella famosa scena in cui mangiano gli spaghetti. Luca Barbarossa è davvero speciale.

Un incontro particolarmente indimenticabile?

Indimenticabile fu il mio incontro con la sora Lella (Elena Fabrizi, la sorella di Aldo Fabrizi, nota anche per la sua partecipazione a “Bianco, rosso e Verdone”, ndr). Andai a mangiare nella sua trattoria, lei fu fantastica, mi disse in romanesco “Siedete qua”, mi ha servito un piatto mettendoci lei stessa il pecorino come se piovesse.

Si creano amicizie?

Un’amicizia particolare si è creata con Carlo Verdone. Si creano delle amicizie, ma non sempre, qualche volta le interviste vengono fatte per iscritto, come nel caso di Giulio Andreotti, con il quale vi fu uno scambio di lettere.

Emerge la tua venerazione per la città di Roma. Come mai questo amore?

Il mio amore per Roma è sconfinato ed è scattato come un colpo di fulmine ai tempi del servizio militare. Mi trovavo a girare per Roma con il naso all’insù, incantato da tanta bellezza. Fu allora che nacque l’idea delle “Interviste romane”. Ma non mi sono limitato a Roma, ho conosciuto e intervistato artisti e personalità di tutta Italia ed anche internazionali. Come nel caso di Brigitte Bardot.

La mitica “Bibì”, incredibile rubacuori. Come andò? 

La intervistai con l’aiuto di un interprete, volle parlare della sua fondazione che cura i diritti degli animali. Espresse il suo disaccordo per le parole del Papa, che invitava a non esagerare con l’amore per gli animali mettendo come prioritario l’amore per le persone.

Un tema che tocchi spesso è il rapporto con la fede religiosa, come mai questo interesse?

In un mondo così frenetico mi sembra un tema interessante. Ricordo che chiesi a Paolo Bonolis quale fosse il suo sogno nel cassetto: lui mi rispose dicendo che voleva scoprire perché dovesse morire, una risposta enigmatica. Altre volte i temi toccati sono decisamente più lievi.

Ad esempio?

Marina Ripa di Meana mi disse di adorare le mele trentine, anzi della Val di Non, ne era assolutamente deliziata.

Personalmente sognavo d’intervistare un mio mito, Paolo Villaggio, cosa che non è potuta accadere. C’è un “famoso” che avresti voluto intervistare e non ci sei riuscito?

Di Paolo Villaggio ricordo il suo estro e la sua testardaggine. Un’intervista mancata è quella con Vittorio Gassman. Era nell’elenco del telefono, ma, come è risaputo, nell’ultimo periodo della sua vita viveva una grossa depressione, mi misi in contatto con lui ma non se la sentì.

Diversi decenni di interviste “vip”. Com’è cambiato il tuo stile?

La prima intervista risale al 1991 al professor Mario Verdone, padre di Carlo. Una delle mie primissime interviste fu con Sylva Koscina, la conobbi perché voleva comprare casa a Molveno. Di fronte a lei ero molto intimidito, ma ero alle prime armi. Oggi sento che potrei intervistare anche il diavolo!

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Pubblicato da Fabio Peterlongo

Nato nel 1987, dal 2012 è giornalista pubblicista. Nel 2013 si laurea in Filosofia all'Università di Trento con una tesi sull'ecologismo sociale americano. Oltre alla scrittura giornalistica, la sua grande passione è la scrittura narrativa. È conduttore radiofonico e dal 2014 fa parte della squadra di Radio Dolomiti. Cronista per il quotidiano Trentino dal 2016, collabora con Trentinomese dal 2017 Nutre particolare interesse verso il giornalismo politico e i temi della sostenibilità ambientale. Appassionato lettore di saggi storici sul Risorgimento e delle opere di Italo Calvino.