Sono le 9 del mattino dell’11 giugno 1963, un uomo di 66 anni siede in silenzio, avvolto dalle fiamme, e scuote il mondo intero. Thích Quang Duc, monaco buddhista vietnamita, si dà fuoco in una piazza di Saigon, protestando contro la repressione della sua religione da parte del governo cattolico di Ngô Dình Dièm.
Ad immortalare il gesto è Malcolm Browne, fotografo americano che lavora per l’Associated Press. Nato a New York nel 1931, Browne si trova in Vietnam come corrispondente di guerra. Lo scatto diventa un’icona globale e gli vale il premio Pulitzer nel 1964. La scena, descritta dai testimoni, appare surreale, oltre che raccapricciante. Circondato da monaci e fedeli, l’esile figura si siede in meditazione, recitando il mantra del Buddha Amitabha. Un altro monaco gli versa con esasperante calma della benzina sul corpo. Poi, l’accensione del fiammifero. Non un urlo, non un segno di dolore. Solo pace, una pace impossibile nel mezzo alla devastazione.
Quel sacrificio scuote con forza l’opinione pubblica mondiale, mettendo in luce l’oppressione che i buddhisti subiscono in Vietnam. Ma per molti, il vero miracolo avviene dopo: quando il suo corpo viene esaminato, il cuore di Thic appare perfettamente intatto, diventando all’istante simbolo di compassione eterna.
Oggi, egli è venerato come un bodhisattva: nel Buddhismo Mahayana è un individuo che ha raggiunto un elevato grado di illuminazione e saggezza. Numerose persone, la sera di quell’11 giugno, affermarono di aver visto nei cieli di Saigon l’immagine di un Buddha che piangeva.