Highway 61 Revisited

La Highway 61 parte dal Minnesota, dove Bob Dylan è cresciuto, e arriva fino alla foce del Mississippi, il grande fiume del blues. È qui che il futuro premio Nobel per la letteratura mette in scena, idealmente, il capitolo centrale della sua trilogia elettrica, con cui uscirà definitivamente dalla scena folk-revival per entrare in quella del rock, portandovi in dote una sensibilità poetica unica. Highway 61 Revisited viene dopo Bringing It All Back Home, album nel quale avevano già fatto la loro comparsa arrangiamenti elettrici, e prima del doppio Blonde On Blonde, definitiva consacrazione del mito. In questo disco un solo pezzo è interamente acustico, la lunghissima Desolation Row, con un testo che cita alcune delle maggiori icone pop del momento (in senso ampio, da Einstein a Cynderella), collocandole nel microcosmo del “vicolo della desolazione”. 

“Dio disse ad Abramo: uccidimi un figlio. Abramo disse:  mi prendi in giro? Dio disse: no. Abramo disse: cosa? Dio disse: puoi fare quello che vuoi ma la prossima volta che mi vedi

farai meglio a scappare. Va bene, disse Abramo, dove vuoi che lo faccia? Dio disse: là fuori sulla Statale 61”. Vertice della poetica dylaniana, pieno di respiri beat e riferimenti biblici, come in questo esempio, il disco, inciso a New York assieme ad una band guidata dal chitarrista Michael Bloomfield, uscì nell’agosto del 1965, ed è ricordato soprattutto per Like a Rolling Stone, da sempre considerato fra i migliori brani della storia della canzone moderna. Trascinante, liberatorio, anche se subdolamente misogino, il pezzo riconduce a Edie Sedgwick, giovane miliardaria cresciuta in una disfunzionale famiglia americana “di antiche origini”, poi divenuta superstar della Factory di Andy Warhol, dove Dylan l’incontrò. Straordinaria icona della moda, Edie conobbe infine, fra droghe ed eccessi di ogni genere, una trionfale caduta, fino a ridursi, come ripete il ritornello della canzone, “senza una casa, una perfetta sconosciuta, come una pietra che rotola”. Sentire Dylan declamare “sei invisibile, adesso, non hai segreti da nascondere”, alla fine dei sei minuti di questa epica cavalcata, dominata dall’organo Hammond di Al Kooper, mette i brividi ancora oggi.

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Pubblicato da Marco Pontoni

Bolzanino di nascita, trentino d’adozione, cittadino del mondo per vocazione. Liceo classico, laurea in Scienze politiche, giornalista dai primi anni 90. Amori dichiarati: letteratura, viaggi, la vita interiore. Ha pubblicato il romanzo "Music Box" e la raccolta di racconti "Vengo via con te", ha vinto il Frontiere Grenzen ed è stato finalista al premio Calvino. Ma il meglio deve ancora venire.