Esistono innumerevoli incisori del Novecento che, a dispetto della qualità delle loro creazioni, sono di fatto scomparsi dai radar della critica contemporanea. Le loro opere sono considerate troppo figurative, o troppo di nicchia, per meritare una mostra retrospettiva negli algidi spazi dei musei d’arte contemporanea. A questa schiera appartiene senza dubbio Federico Marioni, un abile incisore ticinese attivo nella prima metà del secolo scorso, che proprio al Trentino dedicò una delle sue serie di stampe più belle.
Marioni era nato a Claro, piccolo paese del Canton Ticino, nel 1866. Dopo una prima formazione presso uno stabilimento litografico di Bellinzona, compì un soggiorno di studio di quattro anni a Parigi per poi trasferirsi, intorno al 1893, a Milano, città dove aprì un proprio atelier e dove visse fino alla morte, avvenuta nel 1938. Le sue opere denunciano una perfetta padronanza delle tecniche calcografiche e un forte legame con il linguaggio grafico dell’Ottocento. Utilizzava un procedimento del tutto personale per colorare le incisioni, facendone una sorta di monotipi, con lievi differenze in ogni esemplare, tanto da farle sembrare dipinte a mano.
Il suo studio, denominato “Calcografia di Milano”, aveva sede a Porta Vittoria e fu frequentato da tanti giovani artisti desiderosi di perfezionarsi nelle tecniche incisorie, dagli ultimi scapigliati come Conconi ai primi futuristi come Boccioni e Russolo. Il suo principale allievo e collaboratore fu suo figlio Mario, che divenne un incisore d’avanguardia. La fortuna di Federico rimase invece legata alle sue acqueforti e acquetinte con suggestive vedute di Milano, Roma, Firenze, Venezia e del Canton Ticino, nonché di molte città appartenenti alle nuove province dell’Italia “redenta”: Trento, Trieste, Gorizia, Capodistria, Parenzo, Pirano, Pola, Fiume, Zara. Si trattava, è vero, di opere seriali destinate al mercato: poco più che dei souvenir per turisti esigenti, ma eseguiti con notevole raffinatezza e tanto ‘mestiere’ negli effetti di luce.
Nel primo dopoguerra Marioni dedicò al Trentino un’interessante serie di acqueforti colorate, di piccolo formato, raffiguranti alcuni tra i più noti manieri: oltre al Buonconsiglio – che riprese in due differenti versioni – si ricordano le vedute del castello di Rovereto, di Castel Madruzzo, di Castel Romano, di Castel Tenno, di Castel Toblino e di Castel Valer, tutti immersi in vibranti atmosfere di sapore impressionista. Sono immagini che ci inducono a osservare quei monumenti del passato con uno sguardo più emotivo che analitico: forse il più adatto a comprenderli nella loro essenza.