I colori della Serenissima

A. Marchesini, La Giustizia e la Pace uniscono Italia e Germania attraverso il commercio, Bolzano, Palazzo Mercantile

Tra Nord e Sud, al centro di influenze culturali, economiche e artistiche differenti, il Principato vescovile di Trento ha svolto per secoli un ruolo di cerniera tra il mondo italiano e quello tedesco, cui, istituzionalmente, fece parte, in quanto lembo meridionale del Sacro Romano Impero, confederato alla provincia asburgica del Tirolo. Questo ha naturalmente determinato un linguaggio artistico composito, multiforme, influenzato da esperienze artistiche diverse. Tra le presenze più importanti spicca indubbiamente la pittura veneta che fu sempre tra le maggiormente apprezzate non solo nel Principato, ma anche più in generale in Tirolo e in tutta la confederazione imperiale.

La mostra, in particolare, intende fornire un quadro delle presenze di artisti e di opere di maestri veneti nei territori del Principe Vescovo o del Tirolo meridionale tra la fine del Seicento e il Settecento, rivelando un’intensità di scambi che si possono ben comprendere per motivazioni storiche, per ragioni di gusto, per gli interessi e la formazione culturale dei committenti, per le relazioni che le comunità locali hanno intrattenuto con i principali centri della Repubblica di Venezia. L’esposizione, che valorizzerà molte opere già presenti nel territorio e la stessa committenza vescovile per la decorazione del Castello del Buonconsiglio, potrebbe costituire la prima tappa di una progressiva messa a fuoco delle componenti della cultura figurativa trentina nelle terre del Principato vescovile durante l’epoca barocca.

Antonio Guardi, Madonna col Bambino e santi, olio su tela. Vigo di Ton (Trento), chiesa parrocchiale

La vicinanza ai territori della Serenissima ha inevitabilmente condotto a una serie di strettissimi legami, secondo ‘rotte’ percorse in una duplice direzione: da un lato con l’arrivo di opere d’arte inviate da Venezia o con la presenza di artisti veneti in Trentino; dall’altra con soggiorni di formazione di pittori del Principato Vescovile nei due centri principali della Repubblica Veneta: oltre alla capitale, anche Verona. Non si dimentichi, infatti, il forte potere attrattivo esercitato lungo tutto il secolo dalla Scuola Veronese, che nel 1764 si organizzò in una vera e propria Accademia di pittura, riconosciuta ufficialmente e guidata dalla autorevole personalità di Giambettino Cignaroli. Ma molteplici sono i fattori che hanno contribuito a corroborare tali scambi, determinando una situazione quanto mai complessa e stratificata: l’appartenenza dei Quattro Vicariati (Ala, Avio, Brentonico e Mori) alla diocesi di Verona, perlomeno fino al nono decennio del secolo; e in parallelo l’estensione del potere spirituale del vescovo di Feltre sulla Valsugana; il trasferimento a Venezia di intere comunità  che mantennero un forte legame con la terra d’origine (ben studiato, per esempio, il caso dei migranti dalle Giudicarie); gli interessi in area trentina di alcune importanti famiglie, i Giovanelli in particolare, infeudati in Valsugana a partire dal 1662. Tale contesto ha trasformato il Principato vescovile e il suo territorio in un crocevia di esperienze che ne hanno marcato il clima artistico, facendolo diventare fertile terreno di confronto e di crescita, anche per gli artisti locali. 

La mostra costituisce l’occasione per allargare lo sguardo e annodare fra loro con un filo rosso le opere sul territorio dello stesso Fontebasso, ma anche di Giambattista Pittoni e Gaspare Diziani. Su tutti prende rilievo la presenza di Antonio e Francesco Guardi, indiscussi protagonisti della stagione pittorica tardo-settecentesca veneziana, ma con le proprie radici familiari in Val di Sole, dove torneranno più volte. 

G. Pittoni, San Matteo e l’Angelo, Chiesa parrocchiale della Natività di Maria, Borgo Valsugana
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