I Tramontin: “Non fermarsi mai”

In una foto di qualche anno fa, i fratelli Mauro e Angela Tramontin assieme ai rispettivi coniugi, Monica e Federico. Seduto, il fondatore, Gino (1925-2008)

A dispetto del nome, il cammino dell’azienda di cui parliamo questo mese pare un ripetuto sorgere. Un continuo rinnovarsi e crescere a dispetto delle congiunture più sfavorevoli o delle avversità naturali più infauste. Una storia tutta da scoprire per chi legge e bella da raccontare per chi invece la deve scrivere.

Siamo a Cavasso Nuovo, una manciata di case in provincia di Pordenone, all’incirca attorno all’inizio del Novecento. Con tutta probabilità, la famiglia di Angelo Tramontin (1891-1961) ha preso il cognome da un paesino poco distante, quindici chilometri di lì, a un tiro di schioppo dal Vajont: Tramonti di Sopra (o forse di Sotto, chi lo sa…) 

Una terra, quella friulana di quell’epoca, avara di soddisfazioni lavorative, anche per una famiglia di agricoltori come quella di Angelo che ben presto deve aver confidato le sue preoccupazioni a papà Vincenzo (1860) e a mamma Caterina (1862). Le cose non vanno per niente bene. Quella di cambiare aria diventa ogni giorno che passa una più forte necessità.

Da destra, Mauro in braccio a Gino, Angelo e nonna Caterina. Dietro zio Elio, fratello di Gino

Inventarsi “posatore”

Angelo capisce che è arrivato il momento di imparare un mestiere. E lo fa con impegno, diventando posatore del cosiddetto terrazzo veneziano, che fu già dei greci e poi ornò le Ville romane e quelle palladiane. Lo impara bene il mestiere e nel frattempo a Milano incontra la donna della sua vita, Caterina Stella. Tutto sembra incanalarsi nei giusti binari della serenità quando la furia della Grande Guerra comincia a soffiare, spingendo Angelo nelle desolate lande russe. Ma fortuna vuole che dalla Russia il Nostro Angelo torni tutto intero, nel fisico e nello spirito, più intraprendente e voglioso di fare che mai. 

La guerra è finita, ma l’Italia è un paese distrutto. Per chi ha tanta sete di avventura l’unica fonte disponibile al momento si chiama America. Ed è lì che pieno di grandi propositi Angelo si fionda, ma una banale appendicite lo riporta giocoforza a casa. Lì, infatti, gli yankees non hanno tempo da perdere con i malanni degli immigrati, che vengono rimandati in Patria a ristabilirsi e dopo si vedrà…

Ma quello che non riesce ad un’appendicite riesce ad un farabutto che raggira Angelo facendogli perdere una piccola fortuna. Dopo una piccola esperienza in Francia, passata la seconda guerra, il Nostro torna con le pive nel sacco in quel di Cavasso Nuovo, che di nuovo ha poco o nulla. Le misere prospettive sono le stesse di cinquant’anni prima.

A dire la verità nella famiglia Tramontin una novità c’è. Vi è che i tre figliuoli – Vincenzo (1920), Elio (1923) e Gino (1925) – sono diventati degli ometti che, guarda te gli scherzi della genetica, in quanto a voglia di fare non sono da meno al loro papà.

UN DESTINO CHIAMATO “TRENTO”

Eccolo, allora, Gino che a dodici anni fa già il panettiere. Quindi l’operaio nella vicina Maniago. Si dibatte, durante il secondo conflitto combatte assieme ai partigiani, rifiuta di lasciarsi ammorbare da tutta quella miseria. Impara anche lui a posare quei pavimenti che tanto piacevano agli imperatori romani, ma è ben presto evidente che bisogna andare altrove a vendere la propria arte.

Così un bel giorno del 1945, padre e figlio, dopo un viaggio massacrante in autostop, arrivano a Trento. Posano terrazzi veneziani e, nella loro stanzetta ospiti della signora Rosà, sulla Salita della Pontara, sognano un futuro migliore per tutti, mettendo da parte lira su lira, tornando a casa quando possibile, grazie a diverse ore di viaggio. 

Passano nove anni prima che Gino riesca a convincere il padre a mettersi in proprio. Nel frattempo – siamo nei primi anni Cinquanta – studia alla sera per prendere il diploma di capo mastro edile. Uno che non si accontenta, Gino, uno che riesce sempre a guardare a ciò che si sarebbe potuto fare piuttosto che a quello che già si è fatto.

La famiglia così si riunisce nella casa di Via Muralta, arriva anche mamma Caterina e si apre la “Tramontin Gino” ditta individuale. Si posano pavimenti per alberghi, ristoranti. Ma ci si spinge anche ai mosaici (c’è anche la mano dei Tramontin in quello della sala d’aspetto alla Stazione ferroviaria di Trento).

Dopo il lavoro, Gino frequenta saltuariamente la vecchia osteria “Allo Scalo”, in via Brennero. La proprietaria, la signora Emma è molto simpatica, pratica ottimi prezzi e soprattutto ha una figlia molto carina, Nella. Due anni dopo, Gino la sposa e mette su una famiglia tutta sua.

1964. Il parco automezzi della Tramontin Materiali Edili.
La vecchia sede a Ghiaie di Gardolo

“Se lo puoi pensare lo puoi fare”

All’inizio degli anni Sessanta assieme ai coretti dei Beatles arriva una grossa novità per chi lavora nel campo della Tramontin: le ceramiche. È una sorta di rivoluzione. Le commesse fioccano. Gino decide di dedicarsi anche alla vendita del materiale edilizio. Per questo apre un negozio in Piazza Santa Maria Maggiore.

Tre anni dopo, arriva il primo show-room, in Via Brennero: lo chiamano così gli inglesi quel locale dove si espone la “mercanzia”, che adesso comprende anche la rubinetteria, i sanitari, le maniglie, ma pure le betoniere, le gru, ecc. È il boom economico. Si tirano su i condomini e le ditte di costruzione pagano in appartamenti: moneta di scambio che allora era appetibile. Non solo gli appartamenti si vendevano, ma si vendevano “bene”.

Insomma, tutto pare andare per il meglio, ma il Fato ha in serbo una piccola e velenosa sorpresa. La mattina del 6 novembre 1966 Trento si ritrova sott’acqua. Il fiume Adige esonda in più punti e negozio e magazzino di Tramontin non si sottraggono alla lenta e silenziosa furia delle acque. Gino è ora da solo al timone dell’azienda. Ha tre figli piccoli – Mauro, Angela e Paola – e una decisione da prendere. Ricostruire o rilanciare. La risposta con lui è abbastanza ovvia.

Su consiglio di un amico bancario costruisce una nuova sede. E la costruisce grande, sovradimensionata, già pensando (o prevedendo magicamente) il promettente futuro che verrà. Sono tre i capannoni che vengono eretti a Lamar di Gardolo. Il motto di Gino è “Se lo puoi pensare lo puoi fare”. Anzi di più.

Tutta la sua genialità si condensa nell’invenzione che alla fine degli anni Sessanta deposita all’Ufficio Brevetti. Un solaio prefabbricato a cui nessuno in tutta Europa aveva ancora pensato, alla cui produzione adibisce il terzo capannone, quello in fondo. I primi due servono all’attività principale. Si aprono due nuove sedi, a Rovereto e a Bolzano. 

La sede attuale, a Lavis

DAI LATERIZI AI MOBILI: LA RIVOLUZIONE È SOFT 

Ma l’arrivo dei primi computer IBM nei primi anni Ottanta coincide con una grave crisi di liquidità. L’inflazione è alle stelle, i clienti fanno fatica a pagare, i sindacati ci mettono del proprio aizzando contro l’azienda alcuni addetti alla costruzione dei solai. Mauro e Angela Tramontin decidono di far loro il motto del padre: “Se lo puoi pensare lo puoi fare”. E il tutto nasce da un’intuizione suggerita dall’osservazione attenta delle abitudini dei consumatori. I trentini del ceto medio-basso vanno regolarmente ad acquistare i propri mobili nei grandi negozi veneti. Perché? Ovvio, perché in Trentino l’offerta in quel segmento è scarsa. Anzi meno che scarsa. Non c’è per nulla! La scoperta ha del clamoroso. Tuttavia Mauro e Gino decidono di procedere con calma. La rivoluzione va bene, ma va fatta in modalità soft.

Si comincia a vendere qualche salotto, qualche mobile e contemporaneamente si continua l’attività tradizionale di vendita di materiale edile.

Il compianto Luciano Da Canal, a metà degli anni Novanta

CON LUCIANO DA CANAL SI CONQUISTANO I TRENTINI

È un successo clamoroso. I Tramontin vengono travolti dalle richieste. Si investe molto in pubblicità. Viene ingaggiato anche un testimonial d’eccezione: il compianto Luciano Da Canal diventa l’uomo immagine dell’azienda. Le sue trasmissioni promozionali in Tv sono seguitissime. I trentini intasano le linee telefoniche chiedendo di questo o di quell’altro modello “visto alla televisione ieri sera”. Luciano Da Canal cambia cognome a furor di popolo: per tutti ora è il “signor Tramontin”. E il materiale edile va pian piano in soffitta.

Sull’onda dell’entusiasmo, nel 1999, si trova finalmente una sede adatta alla tipologia del prodotto venduto. Mauro e Angela, a cui si sono affiancati nella conduzione i rispettivi coniugi, Monica e Federico: è quella attuale di Lavis, sulla Statale del Brennero, dove si allestisce una sala espositiva degna di questo nome, che non ha eguali in provincia.

Il futuro è qui. Il buon Gino, il geniale, il perseverante Gino, dice addio al mondo nel 2008, certamente soddisfatto per il lavoro compiuto. Il suo spirito positivo, oltre che sui figli, ha contagiato irreversibilmente anche i dipendenti, magazzinieri, arredatori, tutti quanti, insomma. Come se dal giorno in cui papà Angelo aveva insegnato a suo figlio a fare il primo pavimento veneziano non fosse passato nemmeno un giorno. Come se tutto il lavoro che un uomo può compiere nell’arco di una vita si potesse condensare nel gesto di un designer che disegna una cucina o una camera da letto per una coppia che sta per sposarsi. Questo è quanto questa storia insegna e richiama le origini contadine della famiglia Tramontin: nulla si perde quando ben si semina.

Una delle arredatrici Tramontin
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Pubblicato da Pino Loperfido

Autore di narrativa e di teatro. Già ideatore e Direttore Artistico del "Trentino Book Festival". I suoi ultimi libri sono: "La manutenzione dell’universo. Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri” (Athesia, 2020) e "Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis" (Edizioni del Faro, 2022). Nel 2022 ha vinto il premio giornalistico "Contro l'odio in rete", indetto da Corecom e Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige. Dirige la collana "Solenoide" per conto delle Edizioni del Faro.