– Quindici va con il quattordici, senza lasciare il diciassette da solo. Mai da solo il diciassette. Quattro è appuntito, ha una doppia faccia molto pericolosa, va sempre lasciato da solo. Sempre solo il quattro. L’otto è rotondo e rotondo induce alla mania dell’eterno, sempre lontani dunque dall’otto. Mai stare da soli con l’otto. Il ventitré…
– Sire…
– Un’inaspettata voce interruppe il re dal suo lavoro.
– Pazzesco, allora devo proprio impazzire. Chi osa disturbarmi ora mentre sto salvando la vita di voi tutti mettendovi in guardia dai numeri malvagi? Ma lo capite che quello che sto facendo non è utile solo per me, ma per l’intera umanità? Cosa dirà il duca di Festiquer quando non riceverà il mio resoconto in tempo? Chi mai potrà dirgli quante volte può riempire con sicurezza la sua bottiglia di fiele se non io? Ma sentiamo ora il maledetto motivo per cui mi avete interrotto, maledetti.
I sudditi erano spaventati dal re. Figlio di un potentissimo imperatore, dopo la sua morte, una volta preso il comando, re Sensitoux era in apparenza totalmente impazzito. Passava le sue giornate sul trono catalogando i numeri in due ampi schemi: sicuri e pericolosi. Sicuri erano generalmente i numeri che lui stesso definiva come rotondi: numeri che, nella forma e nell’essenza, apparivano senza tenebrosi spigoli. Tutto il resto era invece, di conseguenza, pericoloso. Va però detto come, più passava il tempo, più i suoi scrivani, che tentavano disperatamente di cercare una logica nei suoi ragionamenti, si rendevano conto che i numeri innocui non esistevano. Quello che ieri era stato valutato come numero sicuro, oggi poteva essere messo in cima alla lista dei numeri atti ad offendere e insultare. I più importanti indovini e intellettuali del regno erano stati chiamati per provare a dare un senso alle elucubrazioni del re, per poi, una volta appurata la totale follia dei suoi ragionamenti, provare senza successo a farlo desistere da cotanta follia.
– Sire, mi scusi se la interrompo, ma vi è un’emergenza alle porte. Il vicino regno di Olanzapin si sta preparando all’attacco. Volevamo sapere come voleva disporre le nostre forze.
In effetti, fuori dalla porta della sala del regno, il mondo pareva proseguire con l’ordine che gli uomini comuni, e non avveduti come si sentiva Sensitoux, avevano deciso di darsi. La lotta di conseguenza si consumava tra gli uomini stessi, e non tra gli uomini e l’ignoto mondo del quale si sapeva così poco, come stava facendo il re. Invece di combattere con le serie di numeri, gli uomini là fuori avevano preparato ogni sorta di meccanismo per distruggere la carne, senza però intaccare l’essenza di quanto era e non poteva essere cancellato con nessuna lancia o trabucco. Per questo Sensitoux non si preoccupava minimamente dell’attacco, perché riconosceva tutto come transitorio, e anche se la spada nemica avesse affossato il suo cuore, qualcuno dopo di lui sarebbe giunto per continuare il suo vitale e instancabile lavoro.
Attacco, attacco, il sire si ricordò solo dell’attaccapanni che da piccolo utilizzava come torre nemica. Lo colpiva con decisi e precisi colpi di scopa, con il fine di sottometterlo al suo volere. Anche lì i numeri non mancavano. I colpi dovevano essere sempre pari. L’ideale era raggiungere il sei. Da non raggiungere assolutamente era il quattro. Se bisognava proprio decidere tra il quattro e un numero dispari, con ogni probabilità sarebbe stato meglio il sei, o la morte istantanea per evitare il giudizio supremo di aver scelto un numero tanto stupido. Il quattro era il numero che più odiava. Come diamine si poteva anche solo pensare di creare un numero che poteva essere scritto in due modi diversi? Ma come potevano tutti accettare una tale mancanza di senso. Maledetti arabi, maledetti fenici che dopo le vostre libagioni sulle spiagge avete inventato il vetro, che ora riflette tutti i numeri della nostra vita. Non bastava già vederli, ora bisognava pure vederli il doppio. E la tragedia è che se uniamo due numeri diversi di natura, sta a dire un numero pari e uno dispari, allora ne apparirà uno dispari. E così per l’eternità! Che maledizione questi fenici, che maledizione questi arabi.
I numeri primi poi! Il tre, il sette, l’undici perdio! Così soli perché divisibili solo per sé stessi e per il proprio ego, ovvero per uno. Come si può pensare che così gonfi di sé non venga in mente a nessuno come, esausti dal loro stesso ego e ossigeno riciclato milioni e milioni di volte, possano attaccare l’esterno per uscire finalmente da se stessi? Si sa che la mente quando inoperosa porta verso direzioni a volte del tutto imprevedibili.
– Sire, mi scusi se la disturbo, ma vi sarebbe una certa urgenza data da…
– Urgenza?! Ora avete pure il coraggio di parlarmi d’urgenza? Sono anni che lavoro a fianco dell’urgenza, e voi mai un secondo in cui avete pensato di applicare le vostre miserabili e labili vite al mio servizio! Dov’era l’urgenza quando il quattro mi appariva in sogno, e l’unica cosa che facevate era allungarmi il miele con il fiele?!? Dov’era l’urgenza quando vi mettevo in guardia dall’otto, falso numero pari che aggroviglia, stritola e fa cadere nell’oblio? Io questa urgenza la vivo da quando sono nato. Quando mio padre e la sua razionalità sono morti ho finalmente potuto occuparmene a tempo pieno. Ma ora non mi venite a parlare d’urgenza. Mi avete sempre trattato come un folle. Pensate davvero che non lo avessi capito? Per voi ero il folle dei numeri, il re che andava assecondato nelle sue pazzie.
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Eppure il Sire del regno non fu il primo in assoluto a preoccuparsi dell’incalcolata portata di potenza dei numeri. Si è parlato infatti in passato di successione aurea, nel vago e maldestro tentativo di definire come si esplicasse il miracolo terreno per mezzo di chissà chi. La perfezione del fiocco di neve, la composizione di un giglio nel campo: era tutto frutto dei numeri. E che cos’erano i numeri se non la misera controparte di un insieme che all’uomo sarebbe rimasto per sempre ignoto? Per quanto infatti Sensitoux potesse scervellarsi, era cosciente che non sarebbe mai riuscito nemmeno ad avvicinarsi a quella che poteva sembrare come una soluzione. Gli illuministi credevano con superbia rinnovata di avere tutte le soluzioni al mondo, con le loro formule, i loro assiomi, i loro numeri. Ma continuavano a cadere nella trappola umana, ossia quella di ritenersi padroni di qualcosa. L’unico padrone in questo caso era il tempo, la limitatezza dell’esistenza che non permetteva una conoscenza abbastanza profonda per poter comprendere e poi assimilare tutti i perché che sorgevano in una vita.
– Ma sapete cosa? – proseguì allora Sensitoux – Io ho fatto tutto questo per voi. Se siamo ancora in piedi come regno è grazie solamente alle migliaia di regole che ho scritto sui numeri. Nessuno ha mai avuto l’arguzia di pensare che i numeri, una delle cose più presenti nelle nostre miserabili vite, potessero essere strumento atto ad offendere? Pensateci. Il numero di frustrate è una condanna, il numero di anni è la passerella che si accorcia sulla nostra vita, il numero di amici è il numero di frecce che potremmo ritrovarci nel cuore. I numeri sono il male, e nessuno ha mai pensato di metterli in discussione. Anzi, tutti voi ne avete usato ed abusato senza mai pensare ai potenziali effetti collaterali. Ed eccoci qui, con un esercito alle porte, totalmente impreparati. Ma sapete cosa vi dico ora? Andate via, andate tutti via. Pensavate che fosse per me un piacere passare le notti insonni in preda ai terrori del 3? Pensate che fosse per me divertente scrivere il numero cinque migliaia di volte per capirne i segreti? Vi rispondo io: no. È stata per me sempre la peggior tortura, dover avere a che fare con il mio terrore più grande solamente perché sono sempre stato l’unico a capirne il potenziale danno. Ma ora è tardi per le scuse, è tardi anche per le spiegazioni. Ripeto, andatevene tutti. Fuori! Abbiamo già perso, abbiamo perso tanto tempo fa.
Il re spinse tutti fuori grazie alla forza cieca del quarantuno, poi si sedette, bevve un sorso del suo fiele e dolcemente si lasciò strangolare tra l’arcuata gobba del nove. Se ne andava così, distrutto dalla sua stessa ossessione, mentre fuori infuriava la battaglia.
E il mistero restò ancora celato ed irrisolto.