Il disagio di essere sé

Difficile ammettere di essere, per una serie di coincidenze, solo una delle infinite possibilità dell’umano. Essere nati proprio in quella nazione, in quel paese, in quel giorno – non 50 o 500 anni prima o dopo – da quella madre e da quell’uomo. Quello spermatozoo vinse la competizione con almeno altri venti milioni e da ciò dipese perlopiù ciò che mangiasti, come vestisti e il flusso e l’uso degli oggetti che ti circondarono; vivesti all’interno di una particolare organizzazione politica, apprendesti o rifiutasti un certo credo religioso, abitasti in una villa, una grotta, una capanna o un palazzo, all’interno di una famiglia così, dove si fanno certi discorsi in una o più lingue o si tace; avesti certe amicizie e frequentazioni, facesti determinate letture, frequentasti certe scuole… e non le altre possibili.

L’identità, l’idea di ciò che si è, è comunque mutevole e sfumata, che si fondi su un gruppo di appartenenza – nazione, comunità, clan, famiglia, lingua, religione o altro – oppure sulla propria individualità. A cominciare dalle cellule del corpo, tutto ciò che sembra costituirci si trasforma nel tempo: così le abitudini, l’ambiente esterno e i luoghi frequentati, così le compagnie, i pensieri, i gusti, le nozioni, le convinzioni, la lingua, gli oggetti d’uso. Così le attività quotidiane e le capacità. E l’identità è sfumata nel senso che molto raramente ha confini di demarcazione netti: si è ciò che si dice di essere solo per certi aspetti. Chi può dire (se ha senso dirlo!) di essere in tutto e per tutto “uomo” o “donna”, o “timido” o “capace” o “italiano” o “trentino” o altro ancora?

Nell’incontro con l’Altro ci si sente a disagio. È messa a nudo la fragilità del proprio essere “particolari”, ci si scopre “discutibili”, e si cerca, per farsi forza, di arroccarsi sulle proprie posizioni, si tirano fuori gli artigli, si “difende l’identità“, si proclama di non volersi mai e poi mai mischiare, per non confondere la propria essenza, non annacquarla. 

Per contenere il senso di precarietà e lo sgomento, pensiamo che tutti siano o debbano essere come noi; che ciò sia necessario, sacro, naturale o logico. Le possibilità alternative vengono giudicate improprie, indegne, inutili, fallimentari. Noi siamo il popolo eletto, i veri uomini, la razza superiore. È anche per sottrarci a questo disagio che seguiamo le mode e cerchiamo di affiliarci a gruppi. Così scelte e preferenze pesano meno: “Non sono mica l’unico/a, lo facciamo in tanti!”. 

In questi ultimi anni però si sta ampliando molto il ventaglio delle possibili scelte identitarie. Da un lato i mezzi di comunicazione e di trasporto hanno aumentato i contatti con una maggiore varietà di persone e prodotti culturali, dall’altro si riconoscono, per lo meno a parole, i diritti delle varie minoranze, che oggi possono far sentire la loro presenza e voce molto più che in passato. La maggiore varietà di modelli fa sentire più acutamente il peso della propria particolarità, e allora il singolo, specie se giovane, si affanna a classificarsi, per es. in campo sessuale e psicologico/psicopatologico. 

Le destre guadagnano voti promettendo semplicemente l’espulsione dell’Altro che minaccia la nostra immaginaria purezza. Ma dell’Altro non si può fare a meno. L’identico è poco vitale, ristagna, si annoia, inaridisce. Se non ci si unisce e feconda con l’altro, e se non si diviene altro, si è già morti. 

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Pubblicato da Gabriele Lo Iacono

Ama leggere, riflettere, parlare e scrivere sulla vita umana e su ciò che le conferisce senso, esplorando il piacere e la sofferenza. Ha scritto diversi articoli, in parte disponibili sul suo sito e blog. Oltre a essere psicoterapeuta, si occupa anche di traduzione di saggi psicologici, mantenendosi aggiornato sugli sviluppi recenti in psicologia, psicoterapia, psichiatria e neuroscienze. Apprezza camminare in montagna, ma la sua vera passione è l’acqua, e nuota regolarmente da più di dieci anni. Ha unito l'amore per il nuoto, la scrittura e la psicologia, scrivendo un romanzo autobiografico e un saggio sul nuoto come meditazione di consapevolezza. Nel tempo libero, si dedica al disegno, alla pittura e alla lavorazione dell'argilla. Adora il legno e il suo odore, e realizza oggetti in legno nella sua piccola falegnameria, come librerie e scatole. Tuttavia, ciò che considera davvero importante sono gli amici, gli affetti e le relazioni.