Il pittore delle trasfigurazioni

Jacopo Dimastrogiovanni all’Accademia di Belle Arti di Verona nel 2011. Foto di Silvio Lacasella

Da qualche anno a questa parte una nuova generazione di artisti manifesta una spiccata propensione a confrontarsi con l’arte antica e in particolare con le forme espressive elaborate dalla civiltà barocca. Si tratta di una tendenza che trova collocazione nel più generale e consolidato fenomeno del “ritorno al figurativo”, ma con un grado di consapevolezza culturale sensibilmente più elevato rispetto al passato. E basterà ricordare le rigorose ricerche creative intraprese da Nicola Samorì, protagonista di una recente mostra personale al Mart.

A questa generazione appartiene Jacopo Dimastrogiovanni, pittore nato a Livorno nel 1981 e trentino d’adozione: una personalità di solida formazione, che agli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Verona sotto la guida di Silvio Lacasella affianca una laurea in giurisprudenza. Apprezzato docente di pittura e disegno, come artista Dimastrogiovanni si è presentato al pubblico in diverse mostre personali e in qualificate iniziative espositive in ambito regionale e nazionale. Da ricordare che già nel 2013 alcune sue opere furono esposte al Mart e due anni dopo a Palazzo Trentini in occasione di “Afterselfie”, una collettiva di artisti italiani e maltesi che fece tappa anche a La Valletta.

Nell’autunno del 2017 il pittore ha partecipato a Torino alla rassegna “Fuoriserie”, dove ha esposto un gruppo di tele realizzate tra il 2012 e il 2014 e riunite sotto il titolo di Humanitas: un campionario di volti pallidi e deformi, dallo sguardo allucinato e dalla superficie tormentata, latori di messaggi esistenziali esplicitati nei titoli: Non so; Ora lo so; Tanto ormai; Non importa; Non più. Un importante riconoscimento è giunto nel 2019 da Agropoli, dove Dimastrogiovanni si è aggiudicato il premio “residenza d’artista” che gli ha permesso di allestire una propria installazione nel Castello Aragonese Angioino. Nel corso del 2020, nonostante l’infuriare della pandemia, ha tenuto una mostra personale presso la prestigiosa Zaion Gallery di Biella, dove ha presentato il progetto Iniuria e l’installazione Furor, ispirata al fenomeno storico delle Wunderkammer.

A rendere particolarmente interessante la ricerca di Dimastrogiovanni è la sua fonte d’ispirazione, che è al tempo stesso l’altra grande passione della sua vita dopo la pittura: il collezionismo di arte antica. La sua raccolta personale di pittura, radunata a Trento in anni di pazienti ricerche, vanta importanti tele del XVII e XVIII secolo di scuola bolognese, senese, romana, napoletana, fiamminga e olandese. Molte di esse sono state passate al vaglio da qualificati storici dell’arte, quali Andrea Emiliani e Marco Ciampolini, che ne hanno certificato l’autografia. Vi sono rappresentati nomi importanti della storia dell’arte, da Donato Creti ad Andrea Sacchi, da Giuseppe Casolani a Martino Altomonte, fino al poco noto pittore olandese Jacob de Wit.

Proprio a questi dipinti del passato sono ispirate alcune tra le creazioni più significative di Jacopo. Si tratta di trasfigurazioni pittoriche nelle quali l’artista sembra andare alla ricerca del lato nascosto delle opere antiche, facendone emergere una facies disturbata e disturbante: il velo del tempo si squarcia e dai volti in posa emergono un disagio psicologico e un’inquietudine che irrompono nel nostro presente. L’intento dell’artista è quello di instaurare un dialogo diretto tra l’originale e il suo omologo trasfigurato, dove l’alterazione visiva diventa “altro” rispetto al dipinto di partenza senza però distaccarsene completamente. La coesistenza di queste due forme di ricerca sull’arte, il “fare” e il “collezionare”, rende l’esperienza dell’artista trentino pressoché unica nel panorama culturale del nostro tempo e certamente meritevole di essere fatta conoscere in Trentino attraverso una grande mostra personale. 

In parallelo a queste linee di ricerca si colloca il progetto “Iniuria”, dedicato ai dipinti trafugati nel 2015 dal Museo di Castelvecchio a Verona (e poi fortunatamente recuperati in Ucraina): sono i capolavori di Mantegna, Caroto, Tintoretto e Rubens “violati” e sottratti per lungo tempo alla collettività, che sul cavalletto dell’artista trentino riappaiono velati e lacerati, come fantasmi ridestati da un trauma. L’utilizzo delle carte applicate in commistione con la stesura pittorica del colore ad acrilico ha lo scopo di ricomporre e far emergere una fisionomia deformata e instabile dell’immagine di partenza, che denuncia uno stato di sofferenza del soggetto raffigurato. Il procedimento è assimilabile a quello cui Francis Bacon sottopose il ritratto di papa Innocenzo X di Velázquez, attraverso una serie incalzante e ossessiva di rielaborazioni che rimangono dei punti di riferimento assoluti e ineludibili non solamente nella storia della pittura del Novecento, ma anche per ogni futura analisi critica sulla ritrattistica barocca.

Oggi il pittore festeggia l’importante traguardo della sua ammissione tra i finalisti del Premio Arte Laguna, uno dei più prestigiosi concorsi a livello internazionale, nato nel 2006 allo scopo di promuovere i talenti creativi nel campo della arti visive. Grazie a questo riconoscimento, nella primavera del 2023 Dimastrogiovanni esporrà le proprie opere all’Arsenale di Venezia, massima vetrina dell’arte contemporanea in Italia.

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Pubblicato da Roberto Pancheri

È nato a Cles nel 1972 e vive felicemente a Trento. Si è laureato in Lettere a Padova, dove si è specializzato in storia dell’arte. Dopo il dottorato di ricerca, che ha dedicato al pittore Giovanni Battista Lampi, ha lavorato per alcuni anni da “libero battitore” e curatore indipendente, collaborando con numerose istituzioni museali e riviste scientifiche. Si è cimentato anche con il romanzo storico e con il racconto breve. È infine approdato, per concorso, alla Soprintendenza per i beni culturali di Trento, dove si occupa di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico. La carta stampata e la divulgazione sono forme di comunicazione alle quali non intende rinunciare, mentre è cocciutamente refrattario all’uso dei social media.