Il rifugio delle Arti Illumina l’autunno (o almeno ci prova)

Ogni anno, in autunno, quando l’aria diventa densa di freddo e la luce si fa breve, le città si risvegliano. I teatri, le sale da concerto, riaccendono le luci. Non è una semplice ripresa della routine artistica, non è la solita stagione che ricomincia. È qualcosa di diverso, di più profondo. È come se ci stessero chiamando, un invito che si ripete sempre uguale, eppure ogni volta diverso, ad ascoltare, a guardare, a ricordare chi siamo.

Viviamo in un mondo dilaniato dai conflitti, che ci manipola, un mondo in cui tutto è progettato per farci guardare altrove. Ma il teatro, la musica, questi luoghi sacri, sono lì a ricordarci che esiste altro. Qualcosa che ci parla dal passato e allo stesso tempo ci getta nel futuro. Sin dai tempi delle tragedie greche, siamo stati sedotti dal bisogno di raccontarci attraverso l’arte. Ci hanno insegnato a fermarci, a vedere. Non semplicemente a guardare, ma a vedere davvero, a cogliere ciò che non è subito evidente. A capire che il mondo è fatto di strati, di profondità che non si rivelano al primo sguardo. “Cultura”, scriveva qualcuno, “non è una serie di risposte, ma di strumenti.” Ci aiuta a vedere, non a semplificare. Ci costringe a confrontarci con la complessità, con le cose che non quadrano, che non sono facili da capire. E forse è proprio in un poema sinfonico, o in una scena teatrale che si ripete ogni sera uguale eppure diversa, che riusciamo a percepire quella complessità, a sentire la verità di ciò che viviamo, con tutti i suoi chiaroscuri.

Partecipare a queste esperienze non è solo intrattenimento. È un modo per ricordare cosa significa essere una comunità. Non una folla, ma persone legate da una storia, da un progetto, da un’idea condivisa. E mentre ci sediamo insieme, in una sala buia, guardando o ascoltando, stiamo costruendo qualcosa. Non il passato, che è già scritto, ma il futuro, che dipende da noi. Oggi più che mai, forse, abbiamo bisogno di accettare questa chiamata. Di smettere di essere spettatori distratti, e iniziare a essere cittadini consapevoli, persone che sanno ascoltare, pensare, sentire. Forse è questo che ci salva. Forse è questo il vero appello.

Condividi l'articolo su:
Avatar photo

Pubblicato da Pino Loperfido

Autore di narrativa e di teatro. Già ideatore e Direttore Artistico del "Trentino Book Festival". I suoi ultimi libri sono: "La manutenzione dell’universo. Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri” (Athesia, 2020) e "Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis" (Edizioni del Faro, 2022). Nel 2022 ha vinto il premio giornalistico "Contro l'odio in rete", indetto da Corecom e Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige. Dirige la collana "Solenoide" per conto delle Edizioni del Faro.