Il ritiro

Un team internazionale, guidato dall’Università degli Studi di Milano e con la partecipazione del MUSE – Museo delle Scienze di Trento, ha condotto una ricerca pionieristica sull’impatto del ritiro dei ghiacciai, analizzando attraverso tecniche di DNA ambientale ben 1200 campioni di suolo provenienti da diverse regioni del mondo. La scoperta principale di questo studio, recentemente pubblicato su Nature, rivela che, sebbene i ghiacciai studiati siano situati in aree geografiche variegate, i processi di colonizzazione e interazione tra microrganismi, flora e fauna seguono schemi sorprendentemente simili.

La ricerca, sotto la direzione di Francesco Ficetola, docente di Zoologia presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università Statale di Milano, ha svelato che il ritiro dei ghiacciai, un chiaro segnale del cambiamento climatico, sta liberando ampie aree di terreno in tutto il pianeta, dalle Alpi all’Artico. Se il ritmo attuale di ritirata continuasse, entro la fine del secolo, le aree liberate dai ghiacciai potrebbero coprire una superficie equivalente all’intero territorio italiano.

Francesco Ficetola dell’Università di Milano, assieme ad un team di ricerca, alle Svalbard, Norvegia

“Studiare questi ambienti e comprendere come gli organismi li colonizzano è cruciale per gestire le sfide poste dai cambiamenti climatici in corso,” afferma Ficetola. Il gruppo di ricerca, che ha incluso Mauro Gobbi del MUSE di Trento, ha raccolto campioni da cinquantadue ghiacciai distribuiti su cinque continenti, analizzandoli per svelare la biodiversità emergente in queste regioni.

I risultati hanno dimostrato che nei primi anni post-ritiro, i suoli sono colonizzati prevalentemente da microrganismi, i quali sviluppano comunità ricche e complesse. Dopo circa dieci anni, la vegetazione inizia a stabilirsi, favorendo a sua volta l’arrivo di animali. Col passare del tempo, la diversità biologica aumenta e le interazioni tra organismi diventano centrali nel modellare questi ecosistemi emergenti. Microrganismi e piante interagiscono per formare suoli fertili e habitat nuovi, mentre gli animali contribuiscono a creare un equilibrio dinamico, influenzando la disponibilità di cibo e nutrienti.

Mauro Gobbi. Foto di Francesco Simone Mensa – Archivio MUSE

Francesco Ficetola sottolinea l’importanza di un approccio integrato per gestire efficacemente le conseguenze del cambiamento climatico, che deve combinare competenze dalla glaciologia, dalla modellistica e dalle scienze della vita.

Mauro Gobbi, ricercatore del MUSE, ha giocato un ruolo cruciale nella raccolta dei campioni dai ghiacciai delle Alpi italiane, Norvegia ed Ecuador. In particolare, i campioni provenienti dai ghiacciai di Vedretta d’Amola e Vedretta d’Agola sono stati analizzati per comprendere le dinamiche di colonizzazione in Trentino. Gobbi commenta: “Il contributo del Trentino è stato fondamentale nello studio degli effetti del cambiamento climatico su ghiacciai prossimi all’estinzione come quello di Vedretta d’Agola, offrendo uno spaccato della biodiversità e delle dinamiche ecologiche in rapido cambiamento.”

Questa ricerca, quindi, non solo offre una panoramica sulle conseguenze ecologiche del ritiro dei ghiacciai, ma pone anche le basi per una gestione più consapevole e informata degli ambienti glaciali di fronte alle sfide future.

Quest’anno sono vent’anni che Mauro Gobbi svolge queste attività in ambienti glaciali, occupandosi della loro ecologia. Da qui il prezioso coinvolgimento del MUSE.

Concludendo, lo studio sul ritiro dei ghiacciai e sulla dinamica di colonizzazione degli ecosistemi proglaciali offre una visione senza precedenti delle conseguenze ecologiche di uno dei cambiamenti climatici più visibili e drammatici. L’analisi di oltre 1200 campioni di suolo da ghiacciai di tutto il mondo non solo rivela una sorprendente uniformità nei processi di colonizzazione, ma sottolinea anche la resilienza e l’adattabilità della vita di fronte a trasformazioni radicali.

L’abilità dei microrganismi di creare comunità ecologiche complesse e la successiva colonizzazione da parte di vegetazione e fauna sono testimoni della straordinaria capacità della natura di rispondere e adattarsi. Tuttavia, questa resilienza non deve farci dimenticare l’urgenza di un’azione concertata e informata. La consapevolezza dei meccanismi ecologici in gioco è cruciale per sviluppare strategie di gestione sostenibili e per mitigare l’impatto delle nostre azioni su questi ecosistemi fragili e vitali.

Isole Svalbard, Norvegia
Islanda

Il contributo significativo del MUSE e delle università coinvolte dimostra quanto sia fondamentale un approccio scientifico e collaborativo nella comprensione delle sfide ambientali globali. L’analisi dei ghiacciai non solo arricchisce la nostra conoscenza della biodiversità in evoluzione, ma evidenzia anche il ruolo cruciale degli scienziati nella guida delle politiche e delle pratiche per un futuro sostenibile.

Come osserva Francesco Ficetola, la sinergia tra le scienze della terra, la modellistica climatica e le scienze biologiche è essenziale per affrontare i cambiamenti climatici con efficacia. È solo attraverso un’integrazione profonda delle competenze e un impegno continuo nella ricerca che potremo sperare di comprendere e gestire i complessi effetti del riscaldamento globale su scale globali e locali.

In ultima analisi, questo studio ci ricorda che, sebbene la nostra comprensione del mondo naturale continui ad evolversi, l’urgenza di agire resta immutata. Le trasformazioni in atto nei paesaggi glaciali sono un monito potente e chiaro: la protezione del nostro pianeta richiede non solo osservazione e comprensione, ma anche azione consapevole e tempestiva. La bellezza e la fragilità della biodiversità emergente in queste aree devono servire da ispirazione per un impegno globale rinnovato verso la sostenibilità e la conservazione.

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