In direzione ostinata e contraria

Luglio 1942, Hans e Sophie Scholl con Christoph Probst alla Ostbahnhof di Monaco. Scholl con Graf e Schmorell sta per partire col treno verso la Russia, per un trimestre di tirocinio medico al Fronte

 

Sembra facile, dire: resistere. Sembra naturale come esistere, come respirare. Forse perché in italiano questo verbo richiama appunto l’azione spontanea che compiamo ogni giorno: vivere, esserci. Da quando nasciamo, dal primo grido una volta usciti dal ventre accogliente che ci ha custoditi, sappiamo che dobbiamo tener duro, restare attaccati alla vita. R-Esistere. Ogni giorno ricominciare.

Come hanno potuto, gli studenti della Weisse Rose, la Rosa Bianca antinazista stroncata giusto ottant’anni fa a Monaco di Baviera, decidere di resistere al punto di rischiare, e perdere, la loro stessa esistenza?

È il mistero grande di ogni storia di minoranza, di profezia, di eroismo, di sfida ai poteri forti con in mano nient’altro che la debolezza della propria libertà, della propria parola.

Da trent’anni coltivo una rosa bianca. Da trent’anni sono innamorato di questa storia di resistenza allo “stato puro”, una resistenza senza calcoli e senza compromessi, puro movimento della coscienza.

In tedesco, widerstehen è qualcosa di più di resistere. È stare in piedi, la schiena dritta, contro qualcosa. Anche contro qualcuno: il Dittatore, il Seduttore della gioventù tedesca a cui i volantini della Rosa Bianca chiedevano, senza ambiguità e senza mediazioni possibili, la “restituzione della libertà”.

Da quando, nel 1993, l’Associazione Rosa Bianca italiana (fondata a fine anni Settanta dal giornalista romano Paolo Giuntella e dal bibliotecario brentegano Vincenzo Passerini, insieme a un gruppetto di amici – le storie di resistenza sono sempre storie di minoranza) mi ha incaricato di scrivere la storia della Weisse Rose antinazista, ho avuto la fortuna di conoscere alcuni dei superstiti di quella piccola cerchia di amici che hanno sfidato il dittatore.

Guardando negli occhi Franz Josef Müller, che a diciott’anni ha corso il rischio di distribuire i volantini e fu condannato a cinque anni di carcere, e Anneliese Graf, arrestata con suo fratello Willi che sarà condannato a morte e da allora instancabile narratrice della Rosa Bianca in tutto il mondo, ho rivisto lo sguardo dritto e coraggioso dei loro familiari e amici.

L’ultima ad andarsene, proprio pochi giorni dopo l’ottantesimo anniversario dell’assassinio dei fratelli Scholl e di Christoph Probst (che abbiamo celebrato il 22 febbraio 2023) è stata un paio di settimane fa Traute Lafrenz, a 103 anni. Dal dopoguerra viveva negli Stati Uniti e lavorava come medica e antroposofista.

Nata ad Amburgo il 3 maggio del 1919, era stata una delle persone più vicine a Hans Scholl, classe 1918 e ideatore dei volantini della Rosa Bianca: correva l’estate 1941, la guerra stava per entrare nel suo terzo anno ma gli studenti di medicina come Hans, come i suoi amici Alex Schmorell e Willi Graf, potevano ancora vivere, nei periodi lontani dal fronte, una vita quasi normale. La scintilla tra la bella anseatica e il romantico svevo si accese grazie ai Concerti Brandeburghesi di Bach all’Odeon Theater di Monaco: Schmorell le presentò Hans. E fu un’estate di passeggiate, bagni nei fiumi, discussioni di arte e teologia. I volantini della Rosa Bianca non erano ancora stati concepiti ma è impressionante leggere, nei loro diari e nelle loro lettere, quanto le parole fossero al centro della loro vita.

Le parole dei libri dei filosofi, le parole dei poeti che leggevano, le parole del regime, le parole della propaganda che loro, nell’estate 1942, decisero di cominciare a contestare, tuonando, dai loro umili ma coraggiosi volantini ciclostilati spazio uno: “Ogni parola che esce dalla bocca di Hitler è una menzogna. Quando dice pace, pensa alla guerra… Strappate il mantello dell’indifferenza… Ogni tedesco onesto deve provare vergogna del suo governo… Se ricadiamo nel sonno siamo colpevoli, colpevoli, colpevoli”.

Sappiamo, dalla Russia di oggi, come sia difficile la contronarrazione, per chi si oppone a un dittatore che controlla i media e le coscienze. Ma sappiamo che, in ogni epoca e ad ogni latitudine, c’è qualcuno che lo fa.

Dirà Traute Lafrenz riflettendo sulla sua storia: “Ho meditato a lungo, mentre ero in carcere, perché proprio solo io, di quel gruppo della Rosa Bianca, fossi rimasta in vita”. Forse semplicemente per vivere. Per cantare altri 80 anni la canzone della sua vita. Se si pensa alla lunghissima esistenza di Traute Lafrenz, sentiamo ancora meglio la contemporaneità, con noi del 2023, degli studenti della Rosa Bianca: e fa ancora più rabbia, e malinconia, pensare quante cose avrebbero potuto fare e pensare e creare. Figli, libri, imprese, scoperte, viaggi.

Ma le dittature – ieri il nazismo, oggi il clericalismo iraniano e l’imperialismo putinista – hanno sempre l’obiettivo di eliminare la loro meglio gioventù, se diversamente pensante.

“Io non riesco a concepire che d’ora in poi degli esseri umani saranno messi in costante pericolo di vita da altri esseri umani. Non riesco a comprenderlo e lo trovo terribile. E non dirmi che è per la patria!”. (Sophie Scholl a Fritz Hartnagel, ufficiale mobilitato, Ulm, 5 settembre 1939, cinque giorni dopo l’inizio della seconda guerra mondiale).

La semplicità del ragionamento di Sophie Scholl, la sorella di Hans, l’unica ragazza decapitata con gli studenti di Monaco, è disarmante, letteralmente. Toglie le armi al pensiero di guerra che è tipico di ogni dittatura.

E Alex Schmorell, una passione per la scultura e per la scherma e per i cavalli, figlio di un medico tedesco e della figlia di un pope nata in quella che oggi è terra ucraina di lacrime e sangue, scriveva tornato dal fronte orientale: “Durante il giorno penso a voi e alla Russia – e di notte sogno di voi e della Russia – perché il mio cuore, la mia anima, i miei pensieri, tutto è rimasto là nella mia patria. E anche qui vivo in un ambiente tutto russo: la balalaika, libri e stivali russi, in una parola tutto è russo. E anche i miei conoscenti sono tutti russi”.

Ecco, la decostruzione del mito del nemico, pericoloso e inferiore per razza alla stirpe germanica, gli Untermenschen (le sottopersone, gli esseri meno che umani) slavi e bolscevichi che minacciavano il grande Reich: lo studente Schmorell legge Dostoevskij e Dostoevskij basta e avanza per mettere a tacere ogni dittatore, ogni prepotente signore della guerra imperialista.

“Tu fai tornare l’uomo alla polvere/ quando dici: Figli di Adamo, ritornate!/ ai tuoi occhi mille anni come ieri/ come un turno di veglia nella notte…”. Salmo 90. Proprio come il luterano Hans Scholl, anche il cattolico Willi Graf, otto mesi dopo, sceglie lo stesso salmo per l’ultima preghiera prima di lasciare questo mondo.

Incredibilmente, nessuno di questi ventenni – e nemmeno il loro quarantanovenne professore di filosofia, Kurt Huber – rimpiange la vita al momento di lasciarla. Per la vita si sono opposti a un regime mortifero. Per una vita piena, libera, diversa hanno resistito.

“Volevamo essere quelli che studiavano meglio e sapevano di più: migliori nel cantare, migliori a tacere, migliori a gozzovigliare, migliori a digiunare, feroci nel lavorare e sfrenati nel far niente”.

Il manifesto della dj.1.11 – il movimento giovanile fondato da Eberhard Koebel (tusk) dove il ragazzo Hans Scholl si è costruito resistente e leader – era quello di una élite anticonformista. Si sono rivelati i migliori, quegli ex ragazzi, anche nell’opporsi al regime.

I “migliori” anche nell’elaborazione culturale dei motivi etici, filosofici, teologici della resistenza. Per scegliere, a ragion veduta e a coscienza vigile, “con chi” stare. Con gli ebrei massacrati e dunque contro Hitler. Con i propri amici disobbedienti e dunque contro i nazionalsocialisti obbedienti. Con l’Europa e dunque contro lo Stato hitleriano.

Studentesse e studenti maturandi del Liceo linguistico Sophie Scholl di Trento, nel 2021, hanno elaborato una “Carta della resistenza civile”, che ha colto bene le istanze del 1943 rilanciandole come impegni per l’oggi dell’Europa.

“Seguendo l’esempio delle ragazze e dei ragazzi della Rosa Bianca ci impegniamo a:

1. non essere spettatori di fronte ad una situazione di ingiustizia, ma agire per cambiare la situazione anche se non ci riguarda personalmente;

2. uscire dalla ‘tranquillità esistenziale’: responsabilità e sensibilizzazione possono cambiare la mentalità delle nuove generazioni;

3. essere consapevoli delle realtà europee e internazionali nel rispetto delle diversità: istruirci per istruire, per ottenere la libertà devi conoscere;

4. non vivere in maniera passiva ma essere più partecipi nelle questioni sociali; rispettare la dignità delle persone attraverso la conoscenza del loro passato e delle loro storie;

5. conoscere la storia per leggere il presente con senso critico e non vanificare l’operato di chi ci ha preceduto;

6. sostenere e promuovere un’informazione imparziale e veritiera, senza farsi manipolare, analizzando più fonti che siano attendibili e non di parte;

7. costruire legami solidi per combattere l’individualismo;

8. sostenere con fermezza le nostre idee nel confronto con gli altri;

9. coltivare la libertà di esprimere la propria personalità e il proprio dissenso, di andare controcorrente, di conoscere senza censure, di perseverare nelle proprie idee e convinzioni;

10. sostenere e diffondere la Carta della resistenza civile.

Andare controcorrente, conoscere senza censure, passare dalla condizione di spettatori passivi a quella di attive coscienze resistenti. Mi pare che l’attualità straordinaria della Rosa Bianca sia tutta qui, nel decalogo dei liceali di Trento, di un liceo dedicato a Sophie: nella forza potente di una testimonianza che valeva per la Germania nazista del 1942/43 così come vale ancora, intatta e vibrante, per la Russia, la Siria, l’Iran di oggi. Dovunque ci sia un regime che non tollera i diversamente pensanti e gli apertamente parlanti: dovunque dei ragazzi e delle ragazze, teste intelligenti e capelli al vento, decidano che, per una vita libera e degna, si possa anche rischiare la vita.

Le foto, diventate le più iconiche della Weisse Rose, furono scattate dal loro compagno d’armi Jürgen (George, si farà chiamare negli Usa dove emigrerà) Wittenstein

La rosa bianca

La Rosa Bianca o Weiße Rose è il nome di un gruppo di studenti, esistito dal giugno 1942 al febbraio 1943, che persero la vita a causa della loro opposizione non violenta al regime nazista.

A farne parte erano studenti tedeschi cristiani tra cui Hans Scholl e sua sorella Sophie Scholl, Alexander Schmorell, Christoph Probst, Will Graf e Kurt Huber, un loro professore.

I ragazzi, poco più che ventenni, a Monaco di Baviera, persuadevano i tedeschi ad adottare una forma di resistenza diversa dal regime nazista tramite opuscoli. Si trattava di una resistenza non violenta e passiva. Ma proprio mentre erano in procinto di divulgare il loro settimo opuscolo, la Rosa Bianca fu vittima della Gestapo.

La loro “caduta” iniziò il 18 febbraio 1943, quando Sophie Scholl e Hans si recano all’Università con 1500 copie del sesto volantino della Rosa Bianca da distribuire senza alcun permesso. Quel giorno un impiegato dello stesso edificio li notò e li portò dal rettore per poi essere arrestati. Medesimo fu il destino degli altri componenti del gruppo pochi giorni dopo e di altre ottanta persone che non facevano parte della Weiße Rose ma ne erano lontanamente collegate. Fino all’ultimo Sophie Scholl e suo fratello sostennero le loro ragioni di dissenso verso il nazismo, sconvolgendo gli stessi funzionari della Gestapo; fino al 22 febbraio 1943 a Monaco, dove vennero condannati e processati.

I componenti della Weiße Rose credevano nella non violenza e speravano che l’Europa si sarebbe rifatta ai princìpi del federalismo lottando con loro per tolleranza e giustizia, pilastri della fede cristiana. Purtroppo, questi valori non ebbero la meglio sul regime nazista e nemmeno sugli oppositori ad esso.

Traute Lafrenz

La superstite

È morta negli USA, il 3 marzo scorso, all’età di 103 anni l’ultima attivista vivente della “Rosa Bianca”. Traute Lafrenz riuscì a sopravvivere alle indagini della Gestapo a differenza di altri membri del gruppo come Hans e Sophie Scholl. Quando, il 18 febbraio 1943, Hans e Sophie Scholl furono arrestati e poi giustiziati il 22, fu l’unica non parente stretta a partecipare ai funerali. Fu condannata il 19 aprile 1943 a un anno di prigione per complicità. Dopo il rilascio fu arrestata nuovamente dalla Gestapo e fu liberata soltanto dall’arrivo a Baureuth delle truppe americane. Tornò a Monaco e si laureò in medicina. Nel 1947 si trasferì negli Stati Uniti.

Il libro

La “Rosa Bianca” fu un gruppo di studenti universitari che si oppose al regime nazista con pericolose azioni clandestine di controinformazione. Nel giugno 1942 i fratelli Hans e Sophie Scholl e i loro amici diffusero un primo volantino che incitava alla resistenza in nome della libertà, della giustizia e della pace in Europa. Ne seguirono altri cinque, fino a quando, tra il 18 e il 22 febbraio 1943, gli Scholl e Christoph Probst furono arrestati e condannati alla ghigliottina. La Gestapo riuscì a prendere anche gli altri del gruppo (Graf, Huber, Schmorell), che subirono la stessa sorte. Gli studenti avevano tra i 21 e i 25 anni. Scritto con stile avvincente e tensione narrativa, il libro alterna al racconto della vicenda la ricostruzione del profilo biografico dei protagonisti, le loro ragioni spirituali e politiche, il loro “itinerario sovversivo”. Testimoni del coraggio del dissenso, i giovani della “Rosa Bianca” sono un esempio forte e attuale dei valori civili di libertà e democrazia, per i quali si è disposti a giocarsi anche la vita.

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Pubblicato da Paolo Ghezzi

È nato a Trento nel 1957, esordi giornalistici a Milano, ha diretto l’Adige e il Mattino di Bolzano, ha lavorato in radio e tv e oggi scrive su diverse testate, editorialista per Salto.bz e Il Dolomiti. Fondatore della casa editrice Il Margine, già presidente del Conservatorio di Trento, tra i suoi libri ci sono Il Vangelo secondo De André (Àncora), Filololò rema nell’aria (con Emanuela Artini, Erickson) e diversi volumi sulla Weiße Rose, tra cui Sophie Scholl e la Rosa Bianca. Nell’autobiografico Creatura Futura (ViTrenD, 2021) ha raccontato la sua breve intensa avventura politica con il filosofo Piergiorgio Cattani (1976-2020).