Io, gli States, la pandemia, la mia musica

Maria, come hai vissuto questo strano 2020?
È stato pieno di cambi di programma e ricco di sorprese. La mia attività concertistica ha subito uno stop ma nello stesso tempo ho avuto modo di riflettere di piu’ e ho preso molte decisioni per il futuro.
La vita ti ha portata negli Stati Uniti: per quale motivo?
Il mio compagno, Robert, vive negli Stati Uniti e io in Italia e per tre anni abbiamo fatto i pendolari per vederci. Solitamente rimanevo negli States un mese o due con un semplice visto turistico. In quei periodi continuavo la mia attività in campo musicale, componendo nuove canzoni, girando videoclip e organizzando i miei tour o quelli di altri musicisti.
Quindi in occasione del primo lockdown ti trovavi negli States?
A fine gennaio 2020 sono partita dall’Italia con biglietto di ritorno ai primi di marzo. Questa volta, piu’ di altre, avevo davvero molti progetti ad attendermi in Italia: un fitto tour con la mia band, un nuovo Ep da registrare in Toscana (con un progetto alternativo), un lavoro come maestra nelle scuole materne.
Quando sei riuscita a tornare in Italia?
Dopo molti tentativi, chiamate e cancellazioni sono riuscita a tornare il primo luglio. Insomma è stata un vera e propria odissea.
Si dice che gli americani abbiano sottovalutato anche per gli input arrivati dall’ex presidente Trump il Covid: cosa ne pensi?
Penso che il virus sia stato sottovalutato da tutti, italiani compresi. Io e il mio compagno avevamo maschere e igienizzanti dai primi di febbraio e i miei “contatti” italiani ridevano di questo. In America è successo esattamente quello che è successo in Italia: per molti italiani quello che succedeva in Cina era qualcosa di lontano, esattamente come quello che succedeva in Italia, era qualcosa di lontano per l’americano medio. Nelle prime conferenze stampa Trump parlava molto poco del virus. Diceva sempre le solite frasi come “stiamo facendo davvero un grande lavoro” e poi passava la parola agli esperti. Chi parlava era il Dottor Fauci e l’immunologa Birx. Sicuramente l’intento di queste prime comunicazioni era di calmare gli animi ma successivamente i toni sono cambiati molto e lo stato di allerta è rimasto alto. Vorrei precisare che l’America è una confederazione e i Governatori dei singoli Stati sono quelli che fanno davvero la differenza. Il Governatore del Nevada, lo Stato dove mi trovavo è Steve Sisolak, promotore della “linea dura” contro il virus: da metà marzo ha ordinato la chiusura di hotel e casinò e di tutti gli esercizi “non necessari” di Las Vegas. Las Vegas si regge su queste attività “non necessarie” quindi la sindaca della città, Carolyn Goodman, molto contraria, ha criticato il governatore in diretta televisiva e c’è stato molto scalpore.
Gli Stati Uniti fanno rima anche con la musica.
Sono stata diverse volte in America ma per via del mio visto ho potuto suonare solo a Nashville. I miei concerti sono stati memorabili perché il pubblico manifesta sempre tanto interesse per la musica e per chi vive di arte. Ricordo che la sera del mio primo concerto al 5 Spot club in apertura ad una band avevo bisogno di accordare la Gibson prestatami dal cantante. Non c’erano camerini e il locale era molto rumoroso; per questo, sono andata nei bagni dove oltre ad accordare ho fatto delle prove e suonato una canzone. Lì una ragazza è rimasta come incantata ad ascoltarmi e ad applaudire: non riusciva a credere che io fossi appena arrivata dall’Italia.
Durante il lockdown però, come tanti altri musicisti di tutto il mondo, hai dovuto scegliere la strada del web: in quale modo?
I concerti in streaming sono stati un modo per rimanere in contatto con il mio pubblico. Ho incominciato a farli perchè sono stata invitata dai gestori dei locali dove avevo già suonato. In questo senso è stato anche un modo per mantenere buoni rapporti e supportare i club e i locali. Ho aderito volentieri a questa modalità di “live” anche perchè sono interessata alla tecnologia e alla creazione di contenuti multimediali.
Fra le tue iniziative anche la pagina Facebook “We Are The World Live Streaming Club”.
Durante il lockdown diversi locali e festival italiani mi hanno contattata per fare dei live in streaming e da lì ho incominciato a riflettere sul concetto di club virtuale: in fondo, io stavo suonando virtualmente in un locale italiano rimanendo però seduta sul mio divano a Las Vegas. Da lì ho avuto l’idea di aprire un club virtuale dove dare spazio a musicisti connessi da tutto il mondo.
Fra i brani che hai pubblicato anche “Io tu e le cose”nel quale affronti un tema, quasi, tabù.
Io tu e le cose è il mio ultimo singolo. L’ho composto e registrato nella mia “cameretta” a Las Vegas e la mia intenzione era di ri-registrarlo in uno studio in Italia. Ma, anche complice il mio blocco negli Stati Uniti, ho deciso di pubblicarlo così com’era e di puntare su un video efficace. Parla di mestruazioni e di molte altre “cose”, dell’essere se stesse/i nonostante le pressioni di standardizzazione sociale operate su di noi fin dalla più tenera età. Tutto questo, utilizzando una certa dose di ironia.
A che punto siamo con i lavori del prossimo album?
Per ora preferisco lavorare su singoli brani, non sto pensando ad un vero e proprio disco. Quest’estate ho cominciato a produrre un nuovo pezzo e prevedo di farlo uscire con l’inizio del 2021.
Quanto ti manca la dimensione live?
Molto. La mia attività musicale si basa(va) sui concerti: sul palco sono veramente a mio agio e in contatto con il pubblico anche perchè le mie canzoni filosofiche diventano come più accessibili e concrete con la mia esibizione. Mi manca il palco anche in quanto fase del processo creativo produttivo: di solito preferisco testare le nuove canzoni dal vivo per sistemare la struttura o l’interpretazione. Infine, e non certo per ultimo, i concerti mi sostenevano economicamente e questo è un bel problema. Per questo sono in fase di ripensamento. Sto preparando e organizzando dei contenuti inediti per Patreon, una piattaforma che consente ad artisti e creativi di trovare “mecenati” tra i propri fan in grado di supportarli economicamente con una sorta di abbonamento mensile.
Tornando al tuo personale, come mai hai deciso di candidarti alle elezioni comunali di Lavis e che esperienza è stata?
Devo fare un paio di premesse. Lo scorso inverno sono stata coinvolta nell’organizzazione di un grande evento a Lavis riscontrando una certa arretratezza culturale, timore e poca voglia di rischiare. La mia intenzione era quella di organizzare un festival al femminile con artiste da tutta Italia ma ho trovato resistenze, anche di natura politica. Non riuscivo a capacitarmi di come la politica locale potesse influire sulle scelte artistiche di un festival. Dopo pochi mesi ho ricevuto la proposta di candidarmi, inizialmente come semplice candidata, poi come sindaca. Ci ho pensato molto e anche, lo confesso, un po’ come reazione di chi mi diceva “Maria non farlo”, ho accettato perchè nella vita non avrei fatto nulla se avessi seguito i pareri dei più. Sapevo quello che mi aspettava, ma come un kamikaze ho accettato la sfida. Per me è stata essenzialmente una provocazione anche se non molti l’hanno capito. In un momento come questo, dove l’attenzione è rivolta esclusivamente a cio’ che è “utile e necessario “, volevo mettere l’accento sull’importanza e la tutela della cultura e delle pari opportunità. È stata un’esperienza intensa e importante sotto molti punti di vista.
Ma ti saresti vista come politica… nelle stanze dei bottoni?
La sala dei bottoni per me è solo quella dello studio di registrazione.
Quali sono le due cose di casa che ami fare, che non ti pesano, e quelle che proprio non sopporti fare?
Mi piace cucinare e di conseguenza mangiare mentre diciamo che non è nelle mie corde lavare i piatti e rifare il letto.
I tuoi piatti preferiti?
Spaghetti aglio olio e tortel di patate.
Quanta musica ascolti oltre quella che fai?
Vado a periodi. Tantissima come pochissima.
Un disco per te imprescindibile?
”The Wall” dei Pink Floyd.
Ti piace l’idea di uscire, prima o poi, con qualcosa in vinile? “
Con Tempus Fugit stavo quasi per farlo con un’etichetta di Bologna ma poi la cosa non è andata in porto. Mi piacerebbe stampare una riedizione del mio primo album Motori e Introspezioni e, perchè no, magari in vinile.
Cosa cambieresti del “tuo” Trentino se avessi la bacchetta magica?
Mi piacerebbe vedere in giro un po’ di apertura mentale in più.

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Pubblicato da Fabio De Santi

Classe 1967, si nutre fin da ragazzo di musica e passione per la scrittura con particolare dedizione alle pagine di Vonnegut, Dagerman e Cèline. Scrive dalla metà degli anni '90 per il quotidiano l'Adige e da tempo quasi immemore collabora con Trentinomese. Frequenta le onde radio dagli anni '80 con diversi programmi fra cui quelli proposti su Radio Rai Regionale dove da spazio alla scena musicale trentina cosi come accade sulle pagine del nostro mensile.