La bellezza nell’abdicare

La prima cosa che ci fanno quando veniamo al mondo è provare a confonderci. Eppure nonostante le apparenze – piangenti, con i pannolini da cambiare, incapaci di farci comprendere – abbiamo già le idee ben chiare su cosa sarebbe meglio per noi. Ma nasciamo in un contesto famigliare e sociale e pertanto regola vuole che veniamo incanalati in un’ideologia, edotti in merito a tecniche di sopravvivenza che potrebbero tornare utili nella cruenta realtà di un’economia di mercato votata alla crescita. A forza di sculaccioni e di lezioni di educazione civica, di disinformazione e di perbenismo, ben presto capiamo che ci attendono anni da vivere in costante tensione, protesi al miglioramento della posizione iniziale, alla competizione, all’efficienza.

Talvolta, qualche poeta, musicista o scrittore individua una falla in questo perfetto sistema di sfruttamento camuffato da progresso, e prova a mettere in guardia chi gli sta attorno, descrivendo aspetti della natura che senza l’opera d’arte resterebbero oscuri. Ecco allora che scenari banali in apparenza acquistano un significato tutto nuovo, una profondità insospettata. “Meglio di aeroplani, cambiano le prospettive al mondo”, canta il maestro Franco Battiato a proposito degli uccelli e dei loro “codici di geometrie esistenziali”. Ecco, è sufficiente fermarsi ad ammirare uno stormo in passaggio nel cielo per abdicare. Sì, proprio “abdicare”, come, per motivi magari ben diversi, facevano i monarchi in un non lontano passato. Lasciarla cioè correre la vita, che galoppi come un cavallo selvaggio. Mettere da parte l’io più prudente, concedendo spazio una volta tanto all’io più istintivo. Se chiudessimo gli occhi, di tanto in tanto, davanti a tutto quello che riguarda i soldi e il futuro? Abdicare non vuol dire solo rinunciare ad un potere, ma anche a responsabilità, alle preoccupazioni, alla pretesa di poter volgere gli eventi a proprio favore, l’illusione di dare una direzione alla propria sorte. Abdichiamo, almeno per un poco, con questa rivista tra la mani. 

direttore@trentinomese.it

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