Immaginate un’aula delle superiori, che alla mattina si riempie di studenti e di sogni, di sguardi d’intesa e gesti di complicità, di piccole grandi emozioni: ecco, quell’aula improvvisamente non esiste più, diventa virtuale e per accedervi serve un freddo clic sul pc… Questo cambiamento per i ragazzi è stato radicale. Hanno dovuto sperimentare un nuovo modo di fare scuola, di vedersi, di incontrarsi, e perchè no, anche di vedere il mondo. Lo straordinario si è fatto ordinario. Uno schermo costantemente acceso ha sostituito le aule, per un tempo che è sembrato infinito. Nessuno pensava che la scuola si potesse fermare, così da un giorno all’altro, e se all’inizio l’idea di rimanere a casa poteva sembrare divertente, col passare delle settimane il “gioco” ha perso attrattiva.
Andare a scuola e vedersi, abbracciarsi, ridere e scherzare, cose che prima sembravano scontate, sono diventate un’aspirazione, l’emblema del ritorno alla normalità. Era difficile capire come gli altri trascorressero questo periodo, perché banalmente, alla domanda “Come stai?”, meccanicamente ci si sentiva rispondere “Bene”, ma l’identità dell’interlocutore rimaneva nascosta dietro all’icona di Google.
Tra videolezioni, Tik Tok, Netflix e il bollettino delle 18 ci si è visti improvvisamente privati dei momenti di condivisione che sarà davvero difficile riuscire a recuperare. Allo stesso tempo, però, la clausura ha imposto un surplus di maturazione e la riscrittura delle priorità. Ecco che allora non si è più sentita la necessità di avere l’ultimo modello di cellulare o le scarpe alla moda, perché l’obiettivo primario è diventato evitare di contagiare le persone amate. È curioso, ma c’è stato bisogno di una pandemia per accorgersi di quanto si avesse bisogno degli altri senza le notifiche di classroom di mezzo.
Ragazzi che avevano già difficoltà a scuola si sono trovati soli a casa, immersi in mille distrazioni, con la connessione traballante, in un ambiente che non può sostituire quello scolastico per tantissimi motivi. Ci si è dovuti confrontare con nuovi sentimenti: la frustrazione, l’ansia per l’incertezza del domani e la paura che le cose potessero peggiorare. È stato difficile mantenere la concentrazione durante le videolezioni: per molti la tentazione di nascondersi dietro una telecamera spenta era sempre presente.
A sostenere la motivazione allo studio restavano per fortuna gli insegnanti, che hanno sempre favorito una partecipazione attiva alle videolezioni, creando occasioni di dialogo e di lavori di gruppo online. Si è riusciti quindi ad affrontare la Didattica a distanza, cercando di sfruttare al meglio le potenzialità delle nuove tecnologie. Per alcuni è stato più arduo: concentrarsi sullo studio, di fronte alla perdita di una persona cara, o affrontare il contagio sulla propria pelle o in famiglia non devono essere state belle esperienze… In un contesto tanto tragico, la scuola, pur con tutti i limiti di una didattica attraverso lo schermo, è rimasta un punto di riferimento essenziale.
Si può solo provare ad immaginare, infine, quanto tutto ciò abbia trasformato negli studenti la visione della vita che, nonostante tutto, non hanno mai perso la speranza e una proverbiale voglia di cambiare il mondo. Anche virtualmente, grazie ai social che hanno permesso di “battersi” restando sul posto: contro il razzismo o le conseguenze dei cambiamenti climatici. Studenti e studentesse hanno dimostrato che pur chiusi in una stanza, senza la possibilità di incontrarsi, niente riuscirà mai a farli smettere di sognare.