La distanza è atlantica, la memoria più vicina

I soci del “Circulo trentino” di Buenos Aires in una fotografia storica, risalente agli anni Trenta del ‘900

L’emigrazione italiana verso l’Argentina ebbe dimensioni colossali: in mezzo secolo, dal 1880 al 1930, furono 2,6 milioni gli italiani che scelsero l’Argentina per migliorare le loro condizioni di vita. Secondo stime dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, sono circa 25 milioni gli “oriundi”, ovvero gli argentini che vedono nel loro albero genealogico la presenza di un italiano. Ad oggi, la lingua italiana viene compresa da circa 1,5 milioni di argentini e circa 900mila persone con cittadinanza italiana vivono nel paese sudamericano. Sono numeri che non hanno eguali, in nessun altro paese al mondo la presenza italiana è così massiccia. E se guardando all’Argentina vediamo quasi “un’altra Italia” posizionata nell’emisfero australe, possiamo anche rintracciare un “altro Trentino”? I numeri in questo senso non sono univoci, ma risulta che dal 1876 al 1914 siano stati circa 12mila i trentini (all’epoca sudditi dell’Impero austroungarico) emigrati in Argentina. È un numero consistente, che posiziona l’Argentina appena dietro al Brasile come meta preferita dai trentini che decidevano di espatriare. Se nell’Ottocento i trentini in Argentina venivano impiegati in agricoltura per lo sviluppo delle zone rurali, nel Novecento essi furono collocati principalmente nell’edilizia e nello sviluppo delle reti ferroviarie. Con la fine della Seconda guerra mondiale, il flusso dei trentini verso l’Argentina sostanzialmente si fermò per dirigersi verso altri lidi (in primis l’Australia), ma ancora oggi il retaggio trentino viene tenuto vitale dalla cinquantina di circoli di “Trentini nel mondo” attivi nel paese. Abbiamo parlato dell’eredità trentina in Argentina con Mariano Roca, uno dei consultori della Provincia Autonoma di Trento per l’Argentina, che ci ha raccontato gli elementi salienti dell’emigrazione dei nostri nonni e bisnonni verso la terra delle Pampas.

La sede del “Circulo”, su cui campeggia l’Aquila di San Venceslao

«Ci furono diverse ondate migratorie dal 1876 in poi, quando fu promulgata una legge che apriva il paese – ha spiegato Roca, facendo riferimento alla “legge sull’Immigrazione e sulla Colonizzazione (detta legge Avellaneda)” – Nel corso dei primi decenni della loro avventura argentina, i trentini andavano a lavorare nelle aree dell’entroterra, come il Chaco e la Patagonia. Erano regioni in cui lo sviluppo economico non era ancora arrivato». Un’età pionieristica per gli emigranti trentini, che, ancora sudditi austriaci, creavano legami sia con i tirolesi sia con le altre comunità parlanti lingua italiana: «I trentini interagivano sia con le comunità dei tirolesi, presenti in insediamenti come Puerto Tirol e Colonia Tirolesa, sia instaurando relazioni di cordialità e amicizia con altri migranti di lingua italiana, come i veneti e i lombardi», racconta Roca. Nel corso della prima ondata migratoria, quella che portò a colonizzare le aree “vergini” dell’entroterra e dell’estremo sud, i trentini vennero occupati nell’agricoltura, coltivando la mela e il cotone, e nella silvicoltura, che consentiva l’ottenimento del legno necessario a realizzare le traversine dei binari: «Lo sviluppo della rete ferroviaria fu centrale perché il treno unì il paese, facendo convergere un articolato dedalo di infrastrutture viarie verso il porto di Buenos Aires», conferma Roca.

La seconda ondata di emigrazione trentina avvenne nei primi decenni del Novecento ed ebbe carattere più urbano ed industriale: «All’inizio del Novecento, lo scenario muta e i trentini approdano nelle grandi città ed è negli insediamenti urbani maggiori che sorgono i primi circoli, come il nostro circolo di Buenos Aires, fondato nel 1932», spiega Roca. I trentini arrivano nelle città e vengono impiegati soprattutto nell’edilizia: «Ma nello stesso periodo iniziavano ad emergere figure di rilievo, come professionisti e commercianti, – evidenzia Roca – c’erano i primi avvocati trentini ed i primi medici, d’altronde si era già alla terza generazione da quando i nonni erano arrivati per la prima volta in Argentina». Negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale l’immigrazione trentina sostanzialmente si fermò, ma vanno citate esperienze notevoli come quella della Società Cementi Armati Centrifugati (Scac). L’azienda, fondata a Mori nel 1920, inaugurò nel 1949 la sua sede argentina a San Nicolàs, dove furono impiegati lavoratori d’origini italiane.

«Non ci furono mai grossi problemi di inserimento della comunità trentina nella società argentina. Anzi, i trentini si mescolarono con facilità, con frequenti matrimoni tra trentini ed argentini – ha sottolineato Roca – Questa è una differenza rispetto a quanto avvenne in Brasile, dove i trentini fondarono comunità più “insulari”, come dimostra l’esistenza di autentiche “città” trentine in Brasile, come Nova Trento». Ancora una volta, a favorire la socializzazione e l’integrazione dei trentini furono i circoli: «I circoli trentini iniziano la loro attività negli anni Trenta ed avevano finalità di auto-mutuo-aiuto e solidarietà reciproca – indica Roca – Vi si trovavano medici, odontoiatri, avvocati, esperti in burocrazia, parrucchieri e così via. Inoltre contribuirono ad una migliore conoscenza del territorio argentino, attraverso l’organizzazione di gite e forme di turismo interno».

Oggi i circoli affiliati a “Trentini nel Mondo” sono una cinquantina e contano qualche migliaio di iscritti: sono un centinaio i soci iscritti al solo circolo di Buenos Aires. Come molte altre realtà della diaspora trentina, anche i circoli argentini soffrono dell’invecchiamento degli iscritti: «D’altronde è un’emigrazione che ormai copre cinque generazioni, iniziò un secolo e mezzo fa e si è fermata con la metà del Novecento: è inevitabile che la presenza trentina in Argentina mostri i segni del tempo – sottolinea Roca – Ma stiamo cercando di svecchiare la dirigenza del circolo, attivando iniziative in grado di attirare una platea più giovanile». Roca illustra il pranzo trentino che viene organizzato a cadenza mensile: «Una volta al mese il circolo di Buenos Aires propone un pranzo domenicale con polenta, goulash e crauti, al quale partecipano tanti amici. Attraverso il pranzo mensile raccogliamo del denaro che ci aiuta a finanziare le attività del circolo. Riusciamo anche a proporre dell’intrattenimento musicale e fino a prima della pandemia la partecipazione della comunità era numerosa. Ora speriamo di riuscire ad organizzare al meglio le celebrazioni per il novantesimo anniversario del circolo». Il circolo di Buenos Aires valorizza il patrimonio musicale tradizionale: «Il nostro coro trentino propone sia i canti trentini sia le musiche argentine. E non può ovviamente mancare il tango. C’è poi un’ulteriore realtà che ci sostiene, quella del Coro alpino di Buenos Aires, organizzato dall’omonima Associazione alpina».

Il circolo cerca di fare cultura attraverso iniziative che anche i giovani possano trovare utili e interessanti: «Tra queste, centrali sono i corsi di lingua italiana, che abbiamo portato avanti in modalità online durante la pandemia – evidenzia Roca. Grazie alla collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento, attiviamo dei progetti di interscambio giovanile. I nostri giovani vanno in Trentino ed i giovani trentini ci fanno visita, per rinsaldare l’antico legame e la reciproca conoscenza. Un elemento interessante è che oggi sono spesso i bis-nipoti dei primi emigranti trentini in Argentina a voler conoscere il proprio retaggio, avvicinandosi alla nostra realtà per andare alla scoperta di quelle radici ormai lontane nel passato».

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Pubblicato da Fabio Peterlongo

Nato nel 1987, dal 2012 è giornalista pubblicista. Nel 2013 si laurea in Filosofia all'Università di Trento con una tesi sull'ecologismo sociale americano. Oltre alla scrittura giornalistica, la sua grande passione è la scrittura narrativa. È conduttore radiofonico e dal 2014 fa parte della squadra di Radio Dolomiti. Cronista per il quotidiano Trentino dal 2016, collabora con Trentinomese dal 2017 Nutre particolare interesse verso il giornalismo politico e i temi della sostenibilità ambientale. Appassionato lettore di saggi storici sul Risorgimento e delle opere di Italo Calvino.