La gentilezza dei gesti inattesi

Seduta, era stata subito morsa dal dubbio di aver dimenticato un documento, così si era tuffata a ricontrollare il malloppo di carte trascinate fin lì, giusto per non rischiare di fissare il prossimo appuntamento a chissà quando. Il Centro di Assistenza Fiscale è uno di quei luoghi che le mette l’ansia

Una voce improvvisa di un signore, morbida e pacata, le ha fatto rizzare le orecchie, lì dentro appare fuori posto. Una voce così, dove di solito si sentono lamenti, sbuffi, talvolta mezzi litigi e imprecazioni, è aliena.

Aggrappata al suo malloppo di scartoffie, ha immaginato fosse una registrazione diffusa appositamente per calmare gli animi delle persone in attesa, come i rumori bianchi, il suono di una fonte zen, musica rilassante naturale. Invece no, era una persona reale, in carne e ossa, seduta nell’unico ufficio aperto al pubblico: piccolo di statura, barbetta grigia ordinata, occhiali bordeaux rettangolari leggermente calati verso la punta del piccolo naso, una posa tipica di molti insegnanti, pantaloni color fango e una giacca a costine, anche quella in tinta bordeaux, che nemmeno un ex sessantottino metterebbe più.

Ha tentato di ascoltarlo, si è aggrappata a quella voce placida quasi fosse un punto in cui potersi mettere in salvo dal caos di gente ringhiante e affaccendata che turbinava attorno. La sua pratica deve essersi arenata, un inceppo che, a giudicare dal tamburellare delle dita dell’addetta, potrebbe essere dipeso dal sistema di trasmissione dei dati. Seduti lì, l’uomo e la donna dai folti ricci, si sono sorrisi, lei gentile e grata di quell’insolito atteggiamento arrendevole del cliente; lui comprensivo e sereno quando altri avrebbero quantomeno sbuffato o buttato sul tavolo una di quelle battute scontate e ridondanti a cui si risponde con un sorriso tirato di circostanza. Nemmeno un lamento, una frase sciocca per colmare l’attesa. Soltanto l’eleganza di un sorriso blando, una voce imperturbabile a dire: “Se vuole posso tornare più tardi, ha tanta gente che aspetta”. Alla fine lei se lo è tenuto stretto alla scrivania, forse aggrappata più della signora in attesa a quella anomala bonaccia mattutina.

In una decina di minuti sono riusciti a sbrigare tutto, lei è rimasta sola alla sua scrivania, con la voce sconsolata, senza nemmeno alzare lo sguardo ha detto: “Il prossimo”. Sembrava un addio, un commiato più che un invito. Ma ecco il colpo di scena, il momento in cui l’attenzione dei presenti è stata calamitata sulla medesima immagine, quella dell’uomo che ha fatto ritorno in pochi minuti con un vassoio e un caffè preso al bar accanto. Come nelle storie d’amore più classiche, quelle a lieto fine: lui torna. “È stata infinitamente gentile e paziente, signora. La ringrazio molto”. Lei, ancora incredula, ha alzato lo sguardo da dietro lo schermo del suo computer: “Un caffè vero! Grazie, mi spiace averle fatto perdere tempo”. L’uomo si è congedato: “Signora, io dopo questa mattinata mi auguro di avere un sacco di tempo da spendere senza fretta.”

Per qualche minuto nessuno ha sbuffato o si è lamentato guardando l’orario, poi il tran tran è ripreso: telefonate scocciate per posticipare appuntamenti, nasi affondati negli smartphone e sopracciglia aggrottate, passi martellanti sul corridoio, occhi che dagli orologi si alzano al cielo e piedi dondolanti. Nella mente della signora aggrappata al proprio malloppo di documenti, quel signore deve essere andato in pensione oggi, un professore, ne è più che convinta. Sicuramente è un uomo capace di gesti gentili a cui abbiamo tanto bisogno di aggrapparci in certe giornate.

È il suo turno, il gestionale dell’addetta balbetta ancora. Sorride, quella voce ormai lontana le rimbomba in testa: “Posso aspettare, non si preoccupi”.

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Pubblicato da Denise Fasanelli

Mamma insonne e sognatrice ad occhi aperti. Amo la carta, la fotografia e gli animali. Ho sempre bisogno di caffè. Non ho bisogno di un parrucchiere, d’altronde una cosa bella non è mai perfetta. Ho lavorato nel campo editoriale, della comunicazione e mi sono occupata di marketing per alcune aziende. Ho pubblicato un libro insieme all’ex ispettore Pippo Giordano: “La mia voce contro la mafia”(Coppola ed. 2013). Per lo stesso editore, ho partecipato, in memoria dei giudici Falcone e Borsellino, al libro “Vent’anni” (2012) con un racconto a due mani insieme all’ex giudice Carlo Palermo.