Se Zucchero Fornaciari urlava “per colpa di chi?”, qualche anno prima anche Edoardo Bennato cantava “È stata tua la colpa”: insomma, mettendola in musica, qualcuno aveva sempre torto! Sembrano passati secoli, ma l’era digitale nella quale tutti siamo consapevoli o, in molti casi, inconsapevoli attori, è spesso il regno della colpa altrui. Il web ci permette di fruire di notizie in maniera compulsiva e senza pensare ad appurarne le fonti, o alle conseguenze che hanno i contenuti spesso e purtroppo, molti di noi non riflettono sul peso di ciò che scrivono o condividono sui social possa avere per chi legge.
I social, soprattutto Facebook, vedono milioni di persone intervenire, senza che venga loro richiesta una competenza specifica, per esprimere un parere, sulla qualunque: dall’orso, al campionato di calcio, ai naufraghi che si riversano nelle nostre coste, e chi più ne ha, più ne metta. Nella marmellata che troviamo nel web, spesso manca proprio il potere dell’empatia, il porsi la domanda se quanto sosteniamo abbia basi valide, e se sia di interesse per gli altri. Forse ciò che manca è, semplicemente, il porsi una domanda qualsiasi, avere un dubbio.
Se pensiamo che la rete è nata a suo tempo per scambiarsi informazioni e crescere in una comunità, il cambiamento è stato grande, permettendo oggi alle persone di non porsi domande, ma dare risposte, spesso offensive, che creano schieramenti e potenziali conflitti. Urge ripensare al ruolo che la gentilezza può assumere nell’era digitale in cui siamo immersi, rendendoci consapevoli che mentre postiamo un contenuto, chi lo leggerà potrà farlo in un contesto diverso dal nostro, in termini di tempo, di spazio ed umore.
Mentre dietro gli schermi ci sono individui reali, le barriere digitali possono farci dimenticare l’umanità dell’altro. Le parole hanno il potere di ferire o guarire, e proprio come nella comunicazione faccia a faccia, è essenziale sceglierle e pesarle con attenzione, esprimendo le proprie opinioni in modo rispettoso, evitando linguaggi offensivi o discriminatori, e ponendosi la domanda se, quanto scriviamo o condividiamo su WhatsApp, YouTube, Facebook, per esempio, possa essere gradito.
Rispondere ai commenti con gentilezza, condividere contenuti positivi, o offrire supporto a chi ne ha bisogno: questi atti possono creare un effetto a catena, ispirando gli altri a comportarsi nello stesso modo e creando una spirale di positività.