La “resistenza” del castagno

Scoppia con gioia stridula la scorza
de’ rami tuoi, co’ frutti tuoi la grata
pentola brontola. Il vento fa forza
nell’impannata.
Myricae, Giovanni Pascoli

Alle porte dell’inverno, lo scoppiettio delle castagne sul fuoco evoca calore e tradizione, un rituale di emozioni semplici. Il castagno è un albero generoso: la legna riscalda, il colore tinge l’autunno e la sua farina ha sfamato generazioni. Persino la caduta delle foglie, usate dagli animali come giaciglio invernale, ha una sua grande utilità, avvalorando la definizione di Thoreau sulla natura: “la più grande maestra di economia che non fa sprechi”.

Ma la generosità del castagno si esalta anche nella coltivazione. Piantare un castagno è un atto di fiducia nel futuro: la fruttificazione avviene dopo molti decenni, spesso affidata alle generazioni che verranno. Chi se ne prende cura, insomma, è custode di una risorsa che trascende il tempo e gli interessi immediati, contro l’urgenza moderna del “tutto e subito”.

Il castagno è prodigo di suggerimenti anche per la lingua, dal battezzare addirittura un colore, il castano, ai modi di dire, alcuni poco progressisti come “La donna è come la castagna, bella fuori e dentro ha la magagna”. Inoltre ha ispirato molti letterati. Per Pavese il castagno rappresenta la resistenza all’asprezza della vita. La corteccia ruvida che sopravvive all’inverno simboleggia il tentativo dell’uomo di sopportare la transitorietà della vita contro l’indifferenza della natura. Si potrebbe anche dire, con Camus, che “Il castagno sopravvive alle intemperie, fiero e solitario. Così, anche l’uomo deve resistere alla follia del mondo con una pazienza simile, trovando dentro di sé la forza per restare saldo quando tutto intorno vacilla”.

Parlando di alberi, anche Hesse, in Narciso e Boccadoro, esprime gli insegnamenti di questi saggi esseri: “Un albero dice: la mia forza è la fiducia. Io non so nulla dei miei padri, non so nulla dei mille figli che ogni anno nascono da me. Vivo il segreto del mio seme fino all’ultimo, e non m’importa di null’altro. Guarda me! La vita non è facile, la vita non è difficile. Sono i tuoi pensieri a renderla così”. Insomma, l’augurio per tutti noi è quello di saper cogliere da queste piante non solo i frutti prelibati, ma anche qualche insegnamento utile e molte buone emozioni. Ovviamente mentre assaporiamo un buon marrone prelibato!

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Pubblicato da Lucia Ferrai

Appassionata di filosofia e di natura, ha fondato Filos Eventi Culturali per coniugare riflessione e vita quotidiana. Quando non si pone dilemmi esistenziali, probabilmente è in un bosco a chiedersi cosa ne penserebbe Platone.