
Esther Hillesum, meglio nota come Etty, nasce a Middelburg in Olanda il 15 gennaio 1914, in una famiglia della borghesia intellettuale ebraica. È una giovane donna di 28 anni che scrive sulle pagine del suo diario (11 quaderni fitti fitti, di cui uno è andato smarrito) acute riflessioni, di una straordinaria attualità. Piccoli gesti di resistenza esistenziale, che assumono un alto valore simbolico. È la voce di chi vuole testimoniare l’orrore, l’inenarrabile. Il suo scrivere vuole assomigliare, come lei stessa afferma, alle antiche stampe giapponesi, per leggerezza e eleganza. Etty, vero “cuore pensante della baracca”, morirà a Auschwitz, insieme ai genitori e ai fratelli il 30 novembre 1943.“Il marciume che c’è negli altri c’è anche in noi, continuavo a predicare; e non vedo nessun’altra soluzione, veramente nessun’altra, che quella di raccoglierci in noi stessi e di strappar via il nostro marciume. Non credo più che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza aver fatto prima la nostra parte dentro di noi. È l’unica lezione di questa guerra: dobbiamo cercare in noi stessi, non altrove”. Di Etty ci restano le numerose lettere scritte alle persone care e il diario, che segna istante dopo istante, un originale percorso introspettivo di cura, di riflessione e ricerca del sé e del senso della vita tra i più originali e profondi del Novecento. Una testimonianza sulla persecuzione ebraica, la guerra, la sua personale visione del mondo. Una speranza e un ottimismo coinvolgente la attraversano anche nei momenti più dolorosi e di solitudine. Nel tempo inquietante e buio della persecuzione esorta lei stessa e gli altri a essere “una generazione vitale”, capace di riconoscere nella vita, quella che è data da vivere a ognuno, tutto ciò che essa è capace di offrire: il buono e il cattivo, la luce e l’ombra, le vesciche ai piedi, il profumo del gelsomino bianco. Perché la vita è bella, come ha modo di ribadire più e più volte, e va vissuta fino in fondo, attimo dopo attimo, perché “abbiamo il dovere di vivere nel modo migliore e con la massima convinzione, sino all’ultimo respiro”.
Ricordatevi di essere leggeri
Jerome Klapka Jerome è stato uno scrittore, giornalista e umorista britannico. Il nome è soprattutto associato alla sua opera più famosa, il romanzo umoristico Tre uomini in barca, da cui l’estratto. È ritenuto tra i maggiori scrittori umoristici inglesi. Lontano dai modi della farsa, del facile gioco di parole, dell’allusione oscena, il suo umorismo scaturiva anche dall’osservazione delle situazioni più comuni e quotidiane. Così ci racconta come potremmo semplificare le nostre esistenze, spesso troppo cariche di pesi inutili e dimentiche del valore della leggerezza. L’avere bisogno ci rende deboli e allo stesso tempo ci allontana da noi stessi, sommersi dalle cose che possediamo (o che ci possiedono?).

Liberatevi della zavorra, uomini! |
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Liberatevi della zavorra, uomini! Lasciate che l’imbarcazione della vostra vita sia leggera, carica soltanto di quello di cui avete bisogno: una casa accogliente e qualche semplice piacere, un paio di amici degni di questo nome, qualcuno da amare e che vi ami, un gatto, un cane, e una o due pipe, cibo e indumenti a sufficienza e da bere in abbondanza, perché la sete è una compagna pericolosa. (Jerome K. Jerome, “Tre uomini in barca”) |