Fattorie didattiche. La sapienza del lombrico

Agritur Rincher – ph Daniele Lira

Ai primi del Novecento, sono stati i paesi Scandinavi i primi in Europa a capire il valore educativo dell’esperienza nelle fattorie didattiche. Ma a loro volta Svezia, Norvegia e Danimarca ripresero l’idea da un’organizzazione americana, i Club 4-H dove l’idea di apprendimento pratico è nata dal desiderio di collegare l’istruzione pubblica alla vita rurale. Head, Hearth, Health, Hand sono le 4 H, cioè la testa, il cuore, la salute, con le mani, riassumono l’obiettivo made in Usa mirato ad uno sviluppo armonico della persona.

Le more? Sono caramelle. Invece il cotone si ottiene dalle pecore e i polli hanno quattro cosce. I bambini interrogati che hanno risposto con questi simpatici svarioni hanno preso zero in agricoltura. Ma da quando la Confederazione italiana agricoltori (Cia) ha fatto il punto sulle conoscenze dei più piccoli sono passati alcuni anni. Nel frattempo i bambini sono più preparati in zootecnia e hanno capito che il valore nutrizionale di un frutto di more è migliore di quello di una gommosa. Questo anche grazie alle fattorie didattiche dove le attività ricreative, culturali e didattiche svolte nell’azienda agricola hanno contribuito ad accrescere le esperienze in modo diretto e le conoscenze proprio sul terreno, piuttosto che nel pollaio, e a far conoscere il valore dell’alimentazione sana.

Agritur San Michele – ph Daniele Lira

Ma certamente lo scopo non è solo di evitare confusioni o di creare improbabili mostri avicoli. Dire fattoria didattica significa condensare in due parole una molteplicità di aspetti importanti per la crescita dei bambini e ragazzi. Senza dimenticare che anche per gli adulti è utile, distensiva, piacevole.

Innanzitutto è un’esperienza autentica in cui si creano contatti reali fra il mondo urbano e quello rurale. L’agricoltore che è il conoscitore privilegiato della natura e di tutto quel mondo animale e vegetale che ruota attorno al ciclo di produzione è un bravo maestro nello spiegare in modo semplice e dal vivo l’alternarsi delle stagioni, le caratteristiche degli animali, l’attività che si svolge in fattoria. Altri “maestri” sono asini, mucche, conigli, oche, pulcini, api, pecore e capre, tutti gli animali che si trovano nell’aia e in stalla. Anche i lombrichi possono insegnare molto perché scavando alacremente i tunnel ossigenano la terra e la rendono fertile incorporando materiale vegetale. I bambini comprendono così che anche piccoli ed apparentemente insignificanti animali in realtà svolgono un ruolo prezioso in agricoltura. Ognuno ha il suo compito e la sua funzione in un ecosistema. E questa è la migliore lezione di scienza. 

ph Umberto Ceriani

Nicoletta Andreis, responsabile della rete Fattorie Didattiche dell’Associazione Agriturismo Trentino, vede nella FD “…un legame sottilissimo tra il donare e il ricevere, che gratifica e arricchisce molto umanamente chi fa questa attività. Dico sempre che chi fa FD non si arricchisce in denaro ma in esperienze: nel donare le conoscenze ai bambini, ai disabili, alle famiglie, e gruppi di persone che in questo momento hanno una grande voglia di capire da dove viene il cibo, le cose che mangiamo e che mettiamo nel piatto”.

Non è infrequente nelle FD trentine poter assistere al ciclo completo della natura. Ad esempio il Ciclo del pane con la semina dei cereali, lo studio della spiga, la battitura del seme, la soffiatura, la preparazione del terreno prima della semina. E infine, trebbiatura e macinatura manuale. Oppure il ciclo del latte che inizia con prendere confidenza con le mucche o le capre, mungerle, filtrare il latte e fare il formaggio.

Inoltre, si fanno conoscere alle nuove generazioni tradizioni e usanze della cultura contadina, e si valorizzano i mestieri e la manualità artigianale. Si impara anche che il mondo rurale non è solo un’immagine bucolica ma fatica fisica. Un insieme di valori e saperi che si trasmette in modo pratico e che con il tempo è diventato sempre più attento all’ambiente, ad esempio imparando l’importanza del suolo e dell’acqua. L’evoluzione delle FD infatti è sempre più orientata verso l’imparare dalla terra nel rispetto per l’ambiente e nell’ambito dello sviluppo sostenibile e del benessere animale. E ancora, ad educare ad un consumo alimentare consapevole che eviti sprechi e che privilegi cibo sano.

ph Umberto Ceriani

“Per noi delle FD è importante comunicare che la salubrità di quello che mangiamo deriva dal benessere animale e dal rispetto che si ha nei confronti della natura” afferma Nicoletta Andreis e continua “È indescrivibile la gioia negli occhi dei bambini quando toccano un uovo appena deposto, con il suo tepore e la sua fragilità… vedi i bambini che si illuminano e hanno questa apertura nei confronti del cibo e sapere da dove viene. Questo fa bene al cuore dei bambini e anche a noi delle FD perché è importante insegnare che l’uovo non viene dallo scaffale del supermercato ma viene deposto dalla gallina che se viene nutrita bene e in maniera corretta, se le si dà la libertà e la dignità di cui ha bisogno un animale per vivere, ciò che ci dona poi è sicuramente molto più buono di quello che proviene dagli allevamenti intensivi, con quello che c’è dietro la sofferenza di un animale”.

Del concetto di insegnamento non slegato dalla realtà ma anzi sostenendo con forza di tornare alle origini della natura ne avevano già parlato insigni personaggi come il pedagogista austriaco Rudolf Steiner e il filosofo francese Jean-Jacques Rousseau (Émile ou De l’éducation), in contrasto con un metodo di educazione rigido e teorico. Guardare il sorriso di un bambino che si diverte imparando è miglior riprova che la natura e le forze vitali del bambino sono in sintonia.

“Io e la natura”
“I bambini, fin dai primi anni di vita, giocando, hanno esplorato il piccolo mondo in cui sono nati. Hanno visto, udito, toccato, odorato e assaggiato ciò che era a portata di mano. Hanno giocato con l’acqua, con la sabbia e con altri materiali e hanno così scoperto molte leggi del mondo fisico.
Con quelle conoscenze hanno organizzato la loro prima cultura. Hanno fatto come gli scienziati.
Ma ben presto i bambini e le bambine hanno cominciato a guardare il mondo attraverso la televisione, usando solo due dei cinque sensi. Hanno visto tante cose lontane e hanno trascurato le cose vicine. Eppure intorno a noi, nel piccolo mondo di un prato, di un giardino o di un muro di vecchi mattoni, è nascosta una vita intensa in ogni stagione…” (Mario Lodi, pedagogista, scrittore 
e insegnante)

In Italia si è partiti solo alla fine degli anni ‘90 con le FD inserite nel programma scolastico. Tuttavia ci sono stati precursori e innovatori di una scuola meno statica e confinata all’aula. Come il pedagogista e scrittore Mario Lodi, e una pioniera dimenticata: Giuseppina Pizzigoni, milanese, insegnante fuori dagli schemi, che intuì il corollario di un modello nelle vicine Les Écoles en plaine aire, le scuole all’aria aperta o scuole nel bosco, in Svizzera. E che già nel 1922 trovò fondamentale portare tra i banchi l’orto da far coltivare agli alunni, consigliando che nell’edificio scolastico ci fosse la conigliera e la vasca con i pesci. Un modo differente di fare scuola ”per tutte le conoscenze che ai fanciulli devono venire dallo studio della natura” . 

Come racconta Nicoletta Andreis, una poetessa nell’animo che sa cogliere le emozioni nelle piccole cose: “quando accompagni i bambini nell’orto e gli fai semplicemente sfilare la carota da terra, rimangono incantati perchè non hanno mai visto una carota se non dalla vaschetta del supermercato, già pulita senza pelucchi e foglie. Spesso succede che il bambino che non ha mai voluto mangiare una carota in vita sua, quando gliela lavi la sgranocchia come la cosa più buona del mondo. Oppure quando gli insegni a fare il pane, un pane scuro, integrale, che i bambini nella quotidianità non mangerebbero mai, quando gli fai vedere la spiga di grano e come è fatto, quanti chicchi ci vogliono per fare una pagnotta, e poi lo impastano e infornano, ne sentono il profumo, sono felici, per loro è una cosa magica”.

Fortunatamente vivere l’esperienza della FD ha avuto una accelerazione negli ultimi anni, trovando posto in un numero sempre maggiore di aziende agricole. Proprio perché rientra in un progetto educativo che mette in campo la percezione con tutti i sensi, la libertà di muoversi in uno spazio aperto, il bisogno di giocare e esplorare e anche la libertà di sporcarsi. Non è solo un aspetto del turismo scolastico, ma è un modo di fare domande e avere risposte che soprattutto nei piccoli è una necessità formativa.

L’osservazione infatti porta a stimolare la curiosità e il desiderio di capire. Come il metodo di Mario Lodi di osservare la realtà circostante e raccontarla ad alta voce.

Ma se le FD hanno a cuore i bambini e i ragazzi, la possibilità di partecipare ai laboratori, alle degustazioni e visite guidate strizza l’occhio anche ai genitori che magari si scopriranno ecologisti e con abilità insospettate. In fondo si rimane sempre, felicemente, un po’ bambini.

Educare nel bosco
Il modello scolastico basato sui bisogni dell’epoca industriale vi sembra sorpassato e non più aderente ai nuovi e futuri contesti? Per i genitori che credono nei valori della pedagogia esperienziale e delle pedagogie costruttiviste c’è un’alternativa. Educare nel Bosco Alto Garda e Ledro, la rete italiana di Canalescuola di scuole nel bosco ispirata a Creativity Garden, propone una formazione dove “il cardine educativo è il fare esperienza diretta; i bambini hanno la possibilità di vivere giornalmente vere avventure educative, di usare i sensi, soddisfare il bisogno di movimento, incrementare le capacità motorie e le proprie forze. Nell’ambiente naturale i bambini possono trovare tranquillità e dedicarsi per lungo tempo all’osservazione di insetti e altri piccoli animali. Muoversi nella campagna richiede iniziativa personale, stimola particolarmente la collaborazione e la cooperazione, incentiva la capacità comunicativa. Esperienze educative che portano competenze utilizzabili dai bambini e dalle bambine in tutte le loro situazioni di vita”.

Inoltre organizza a Vallelaghi (TN) settimane estive nel bosco per bambini dai 3 agli 8 anni d’età.
Agritur Castello di Fiemme – ph Daniele Lira
Agritur Fai 2011 – ph Daniele Lira
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Pubblicato da Camilla Jerta Rampoldi

Giornalista pubblicista e fotografa, laurea in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano. Collaborazioni sia con diverse testate giornalistiche, soprattutto per cronaca e attualità, sia con uffici stampa e società di produzione televisiva. Specializzazione in tematiche ambientali.