La sindrome dell’impostore

Robert De Niro in “Taxi driver”

Comincia così: ti guardi allo specchio e vedi un’illusione, un bluff ben confezionato. Ogni conquista ti sembra un caso, un’eccezione destinata a svanire. E così resti fermo, incapace di celebrare il tuo percorso.

Ma cosa succede quando questo tarlo diventa collettivo? Quando intere comunità cominciano a dubitare di sé? Il Trentino, ad esempio, con le sue valli “perfette”, sembrerebbe immune. Eppure, basta fermarsi per notare qualche crepa: strade intasate per le festività, overtourism come se piovesse, abitazioni introvabili. Siamo davvero all’altezza della nostra fama? ci chiediamo, osservando un turismo che invade e svuota, un equilibrio che rischia di spezzarsi. Ogni passo avanti sembra portarci indietro, come se la modernità, anziché migliorare le cose, le appesantisse di nuovi problemi. E così restiamo bloccati, in un ciclo di ansie e rinunce.

Poi c’è il mondo, grande e piccolo allo stesso tempo, un riflesso del nostro smarrimento. Le guerre non smettono mai: Gaza, Ucraina, tragedie lontane e vicine, quasi sovrapponibili. Le tecnologie che ci collegano sembrano governate da poteri invisibili, un sistema che controlla più di quanto liberi. Siamo più connessi che mai, ma anche più soli, spettatori impotenti di un declino che sembra inevitabile.

E il pianeta? Lui tace, ma si fa sentire. Le stagioni perdono equilibrio, l’aria si appesantisce. Anche la Terra, in fondo, pare chiedersi se sia degna e meritevole di continuare a fare la Terra.

Tuttavia, siamo sicuri che il problema non sia ciò che siamo, ma come “ci guardiamo”. Non riconosciamo i nostri progressi perché siamo ossessionati dai nostri limiti. Ci concentriamo su ciò che manca, su ciò che abbiamo perso, senza vedere quello che ancora siamo capaci di fare. Certo, ci sono egoismi e fallimenti, ma c’è anche la possibilità di resistere, di inventare. E di cambiare. Se trovassimo il coraggio di credere in ciò che siamo stati capaci di costruire nei secoli, forse scopriremmo che in fondo il futuro non è così già scritto come qualcuno vuole farci credere. E potrebbe essere migliore di quanto immaginiamo. Nonostante tutto, ci siamo ancora.
E questo, forse, è già un inizio.

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Pubblicato da Pino Loperfido

Autore di narrativa e di teatro. Già ideatore e Direttore Artistico del "Trentino Book Festival". I suoi ultimi libri sono: "La manutenzione dell’universo. Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri” (Athesia, 2020) e "Ciò che non si può dire. Il racconto del Cermis" (Edizioni del Faro, 2022). Nel 2022 ha vinto il premio giornalistico "Contro l'odio in rete", indetto da Corecom e Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige. Dirige la collana "Solenoide" per conto delle Edizioni del Faro.